Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Quando la storia non insegna nulla

Quando la storia non insegna nulla

di Franco Cardini - 14/10/2014

Fonte: Franco Cardini


Un amico mi chiede di commentare questa breve nota, di recente pubblicata da “Il Foglio”. Non ricordo il nome del suo autore, che comunque non è una persona nota. Ecco il testo:

La nuova caduta di Costantinopoli. “Mentre i fanatici del Corano lambiscono la Turchia e islamizzano tutte le terre e le popolazioni dell'antico Patriarcato di Antiochia, l'occidente cavilla dietro ai divorziati risposati e alle coppie omosessuali. Il mio amico Matteo mi fa notare che siamo di fronte a un periodo simile alla caduta di Costantinopoli. Durante l'assedio all'ultimo baluardo della cristianità orientale, i bizantini discutevano se Gesù, alla destra del Padre, fosse seduto o in piedi. Ma a differenza degli attuali leader occidentali, compresi alcuni vescovi, l'imperatore di allora reagì di fronte alla minaccia. Il 5 aprile 1453 Maometto II intimò a Costantino XI di arrendersi. In cambio avrebbe avuto salva la vita e sarebbe diventato governatore, risparmiando la popolazione di Costantinopoli da saccheggi ed eccidi. L'imperatore rispose: - Darti la città non è decisione mia né di alcuno dei suoi abitanti; abbiamo infatti deciso di nostra spontanea volontà di combattere e non risparmieremo la vita - . Oggi capitolano".

Credo che, nelle intenzioni, s’intenda paragonare l’atteggiamento dei dotti e degli ecclesiastici della Bisanzio del 1453 a quello degli occidentali di oggi, che com’essi allora trattano di cose futili mentre una potenza islamica sta conquistando una parte importante del mondo. A tale atteggiamento di “capitolazione”, si contrappongono le nobili parole di Costantino XI sulla base delle note di tal Matteo, amico dell’autore della nota, il quale scorgerebbe evidentemente un’analogia tra la situazione del 1453 e quella odierna.

Premesso che i paragoni storici tra età e fatti diversi, alla ricerca di somiglianze e di analogie, non calzano mai, questo mi pare particolarmente maldestro. Ad ogni modo, ne sono chiari gli obiettivi polemici: da una parte la Chiesa cattolica (e non direi tutto l’Occidente) che “cavillerebbe” su “divorziati risposati” e “coppie omossessuali”; dall’altra la capitolazione, sembra d’intendere tanto dell’Occidente in genere quanto della Chiesa in particolare (ma il soggetto dell’ultima lapidaria frase non è chiaro).

Nell’assunto dell’autore della nota e del suo “amico Matteo”, le aporie e le contraddizioni sono tante e tali che, francamente, non si sa da dove cominciare. La Costantinopoli del 1453 è paragonata all’Occidente d’oggi nei suoi leaders politici e religiosi che discettano su cose come matrimonio e divorzio di altrettanta futilità come potevano essere allora certe questioni teologico-formali? Ora, a parte il fatto che quella del famoso concilio nel quale si sarebbe discusso “sul sesso degli angeli” (e sulla posizione del Figlio accanto al trono del Padre) è solo una vecchia infondata chiacchiera, mentre le faccende relative a divorzio e matrimonio oggi sono parte del problema relativo alla crisi dell’istituzione portante della nostra società, la famiglia, resta per aria il paragone con la fermezza di Costantino XI. A chi avvicinarlo? Il basileus di allora, in realtà, era il signore di tutto quel che restava dell’antico impero bizantino, cioè solo di una capitale, sia pur meravigliosa. Ma non era certo un responsabile politico di spicco, il cui atteggiamento andrebbe proposto ad esempio oggi. Nel presente, i leaders mondiali accordano di fatto scarsa attenzione al califfato e allo stato islamico solo perché sanno bene quanto pretestuosi ne siano le basi e il raggio d’azione. Il paragone implicito istituito tra un protagonista della storia mondiale come Mehmed II, il conquistatore di Costantinopoli, e il califfo al-Baghdadi, evidentemente non regge.

Anzi, l’intero rapporto istituito dall’articolista e dal suo “amico Matteo” tra la metà del Quattrocento e oggi rischia di rivolgersi contro le intenzioni di coloro che lo hanno proposto. Nel 1453 Costantinopoli (ch’era ben più importante, almeno simbolicamente, di qualche città siriana o irakena) fu veramente conquistata, e l’impero bizantino fagocitato dalla potenza ottomana che si configurava come la più temibile al mondo. Ha lo stesso ruolo lo “stato islamico” oggi? E che cosa fece, allora, l’Occidente? Nulla: ci fu qualche appello alla crociata, poi le cose ricominciarono come prima e tanto i politici quanto i mercanti europei fecero a gara ad allacciare rapporti amichevoli con il conquistatore. “Oggi capitolano”, commenta l’articolista: e allora, seguendo il suo ragionamento, che cosa fecero invece gli europei cristiani del Quattrocento? L’articolista lo spiega senza volerlo: dimostrarono che lo “scontro di civiltà” allora non esisteva, esattamente come non esiste adesso.

Pensato per mostrare quanto temibile sia la minaccia dei “fanatici del Corano” oggi, la nota del “Il Foglio” approda quindi, al contrario, a involontariamente sottolineare la verità: vale a dire che i problemi suscitati dal nuovo “pericolo islamico” – al di là di certi gravi e sanguinosi fatti - sul piano della politica mondiale sono poca cosa se non addirittura un bluff. Il paragone con l’evento epocale che fu la caduta di Costantinopoli va ricercato altrove.

Ed è proprio a ciò, alla stabilità della famiglia e quindi alla malattia morale dell’Occidente, che si deve guardare se si vogliono comprendere i pericoli del mondo odierno. Un mondo messo in pericolo dagli antivalori che hanno troppo a lungo trionfato, come l’individualismo, il consumismo, il primato dell’economico e la dittatura delle lobbies finanziarie e del “blocco” industriale-militare. Altro che la minaccia del pur truculento al-Baghdadi, che resta quel che è: la pedina di alcuni poteri sunniti alleati dell’Occidente e impegnati nella fitna antisciita, il pretesto per consentire agli Stati Uniti e alla coalizione dei loro alleati-complici di ridefinire le loro posizioni strategiche nel Vicino Oriente compromesse dalle fallimentari campagne irakena e afghana del decennio scorso e di installare il più possibile vicino alla frontiera iraniana le loro basi con tanto di bei missili nucleari. Chi finanzia al-Baghdadi, se non alcuni emirati? Chi in un modo o nell’altro li appoggia sperando che egli indebolisca i curdi e Assad, se non il turco Erdoğan? E non sono forse loro, gli emiri e il premier turco, i principali alleati dell’Occidente? E non basta tutto ciò a far sospettare che un filo tenace di alleanze e di connivenze corra tra occidentali, potenze sunnite e stato islamico?

E allora bisognerebbe davvero chiedere all’articolista e al suo “amico Matteo” chi sia davvero che sta capitolando, e davanti a chi, e perché. E chi mai massacri e perseguiti i cristiani orientali, se non gli alleati stessi di quelle potenze che, appoggiando le lobbies multinazionali, affamano i cinque sesti del mondo intero e sono le autentiche cause ultime dello stesso fanatismo religioso che nasce come protesta ai loro soprusi. Quelle potenze al servizio dei quali stanno anche i chief executive officiers che gestiscono e finanziano la stampa occidentale schierata su posizioni indiscriminatamente e pregiudizialmente antimusulmana. Al solito, quando si marcia contro il nemico sarebbe bene sincerarsi prima che il nemico non marci alla nostra testa.