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Il modello americano

di Giovanni Gnazzi - 01/09/2006

 
Ci vivono dieci individui tra i primi venti più ricchi del pianeta, ma alcuni milioni vivono in condizioni di estrema povertà. Hanno sede la più grandi multinazionali del mondo, ma la giurisprudenza del lavoro è ad uno dei livelli più bassi conosciuti. Vi si trovano i migliori ospedali, i più grandi centri di eccellenza del mondo per i trapianti d'organi, ma quarantacinque milioni di persone non hanno accesso alla sanità. Può sembrare la rappresentazione della forbice tra la qualità della vita e l'impossibilità di viverla, una sorta di radiografia minima dello squilibrio planetario. Ma non è una dimostrazione dello squilibrio tra Nord e Sud del mondo, bensì dello squilibrio interno ad un paese. Ma nel caso specifico non stiamo parlando di un qualunque paese del cosiddetto "terzo mondo" o, per dirla con la terminologia degli economisti, "paese sottosviluppato". I dati appena citati si riferiscono agli Stati Uniti d'America, la nazione-continente che rivendica i suoi paradigmi di prosperità e predica democrazia al mondo mentre lo inonda di guerre, debito estero, embarghi e liste di "paesi canaglia".


A dare il suo giudizio, severo quanto documentato, è stata la Commissione per la verità per i diritti economici, sociali e culturali negli Stati Uniti, che il 26 agosto scorso ha pubblicato il suo rapporto annuale. Seguendo lo stesso schema che gli Usa utilizzano per giudicare il tasso di democraticità dei altri paesi accusati di crimini di lesa umanità e flagranti violazioni dei diritti umani, la Commissione, un organismo non governativo composto da organizzazioni della società civile, sindacali, religiose, giuridiche, esperti internazionali in tema di diritti umani, reti ed organizzazioni che quotidianamente si occupano di povertà e disagio sociale. Si è riunita a Cleveland, nello Stato dell'Ohio, una delle città più povere degli Usa.
Si sono succedute documentazioni, testimonianze individuali e collettive provenienti da comunità locali, minoranze etniche, disoccupati ed emigranti, grazie ai quali la Commissione ha verificato la costante violazione dei diritti economici, sociali e culturali negli Stati Uniti. Sono state evidenziate le gravissime responsabilità delle grandi multinazionali e del Governo federale, così come delle Assemblee legislative (Camera dei Rappresentanti e Senato). Sono violazioni, a detta del rapporto conclusivo della Commissione, che potrebbero essere facilmente evitate con diverse politiche sociali. Politiche che dovrebbero prevedere l'integrazione e che praticano invece l'esclusione; che dovrebbero essere finalizzate alla salvaguardia dell'ambiente mentre lavorano alacremente al suo deterioramento, per permettere alle grandi aziende di realizzare i più alti profitti possibili.

Proprio sul piano dell'inclusione sociale, dove gli Usa propongono la beneficenza dei filantropi come unico antitodo alle misure di esclusione darwiniane, si registrano investimenti importanti destinati ad alzare i muri contro gli immigrati, espulsione progressiva delle fasce sociali più deboli e disagiate dalle città (vedi ricostruzione del dopo Katrina ndr) ed uso sociale della pena capitale, che colpisce con sistematica scientificità, i settori marginali della società detenuta.

Per non parlare della politica internazionale, dove la Commissione denuncia "la mancanza di rispetto per tutte le norme giuridiche che attengono alla convivenza internazionale pacifica ed alla sovranità delle diverse nazioni". A cominciare dal rifiuto di sottoscrivere gli accordi come quello relativo all'istituzione della Corte Penale Internazionale, al quale invece non solo ci si sottrae, ma si promulgano leggi che autorizzano gli Usa ad adoperare ogni mezzo per evitare che vengano arrestati e processati i suoi militari per eventuali crimini di guerra e lesa umanità, costituendo così una franchigia totale ai suoi abusi nelle innumerevoli avventure militari che il paese a stelle e strisce intraprende in lungo e largo per il mondo.

Nel rapporto 2006 stilato dalla Commissione si citano anche le denunce per abusi,uso della tortura e sistematica violazione dei diritti umani commesse dai militari statunitensi contro centinaia di detenuti di diverse nazionalità, come nel caso dei lager di Guantanamo e Abu Ghraib, ai quali si sommano l'uso clandestino degli aeroporti europei da parte dei Servizi segreti civili e militari degli Usa, per trasferire indiziati catturati tramite sequestri di persona. Il tutto in assoluta assenza di mandati di cattura emessi da Tribunali e fuori da qualunque flagranza di reato.

E se queste misure, che restano reati, potrebbero essere considerati ingenuamente una "necessità" di fronte alla sfida del terrorismo internazionale, anche per quanto riguarda la vita dei 250 milioni di statunitensi le cose non vanno meglio in ordine alla violazione dei diritti civili.

Il rapporto della Commissione evidenzia come il "Patrioct Act", cioè la legislazione speciale contro il terrorismo, lungi dal dimostrarsi efficace nella sua prevenzione e repressione, ha imposto un durissimo giro di vite ai diritti costituzionali dei cittadini statunitensi. Intercettazioni di massa, limitazioni severe al diritto alla mobilità all'interno del Paese, utilizzo arbitrario delle tecniche d'investigazione sui movimenti bancari, sui trasferimenti di beni, sugli acquisti e sulle attività commerciali dei suoi cittadini, tramite controlli telefonici, delle carte di credito, della corrispondenza elettronica e della navigazione su Internet. Azioni che sono già state severamente condannate non solo dagli organismi per i diritti umani, ma anche da tribunali statunitensi che hanno emesso sentenze che intimano al Governo e agli istituti federali da essi incaricati, di cessare immediatamente tali attività. Ovviamente l'Amministrazione Bush si è ben guardata dall'ottemperare alle decisioni dei tribunali, difendendo invece il suo operato e il sistema di norme, leggi e direttive che hanno trasformato gli Stati Uniti in uno dei regimi più illiberali del pianeta. Che pretende però di dare lezioni di democrazia a tutti.

Fonte:
www.altrenotizie.org