Qual è il significato di impasse? Situazione bloccata, priva di sbocchi prevedibili, vicolo cieco o anche cul de sac. In poche parole, ho la netta sensazione che l’Italia si trovi in una situazione dalla quale non può uscire, in una strada senza uscita, in un vicolo cieco, come se continuasse a camminare meccanicamente, a piccoli passi, andando però verso il muro.
L’impasse riguarda un paese e uno stato, non dimentichiamolo, che è soggetto a regole e trattati imposti dall’esterno, così stringenti da imprigionarlo in una camicia di forza, perché tale è l’effetto dell’unionismo europeo per noi italiani. Moneta unica, trattati e sovranità zero, questi sono gli ingredienti dell’impasse.
Non si vede l’uscita da questa situazione, almeno per ora. Renzi è apparentemente saldo dove si trova e all’esterno dell’Italia, la troika pare vittoriosa sul popolo greco, grazie al cedimento della locale sinistra, euroserva e collaborazionista. Anzi, l’impasse implica peggioramenti socioeconomici per noi, poiché sono in vista, quest’anno, nuova e maggiore disoccupazione, l’ennesima riforma delle pensioni, punitiva per i pensionati, tagli lineari alla spesa sociale, aumento della pressione fiscale.
Il problema creato al governo dalla corte costituzionale, con la celebre sentenza favorevole a milioni di pensionati, soggetti al blocco al blocco delle rivalutazioni Istat causa Monti e Fornero, implicherà dei costi ancora non ben definiti (16 miliardi?) che saranno fatti pagare ai pensionati stessi e al resto del paese. Dopo le regionali, ci sarà sicuramente la riforma delle pensioni, contro i pensionati, con lo zampino di Boeri alla guida dell’Inps. Se non erro l’ottava riforma da quella di Amato del 1992, che ha aperto le danze. Nulla è cambiato. Infatti, l’unione europea pur accettando a denti stretti la situazione – si deve fingere di rispettare la legalità e i pronunciamenti dell’alta corte – ammonisce l’Italia a non violare il patto di stabilità e le regole imposte, per “quattro vecchi” da ridurre alla fame! Deroghe non sono ammesse.
Le previsioni nel documento di economia e finanza governativo (Def), di aumento pur contenuto del Pil nel 2015 (+0,4%, prima prospettato al +0,6%) e nel biennio successivo (+1,4 nel 2016 e +1,5 nel 2017), di riduzione del rapporto fra debito e Pil nel biennio 2016 e 2017 (rispettivamente 130,9 e 127,4) nonché di riduzione della pressione fiscale strangolante sotto il 43% per il 2015 (Si riduce la pressione fiscale, al netto della classificazione contabile del bonus IRPEF 80 euro!), sono chiaramente mendaci. Mendaci perché continuando con le politiche neoliberiste, sulla stessa linea di Monti e degli “amorevoli consigli” della Bce, alla fine si uscirà sì dall’impasse, ma per sbattere il grugno contro il muro che chiude una strada senza uscita.
Per rendersi conto della situazione, e della mendacia del Def governativo 2015, è sufficiente leggerne il testo confrontandolo con la realtà. Per essere brevi (questa non è un’analisi puntuale e approfondita del documento governativo), basta leggere le prime righe del Quadro complessivo e obiettivi di politica economica, nel documento stesso, per rendersi conto della “bufala”:
L’economia italiana nell’ultimo trimestre del 2014 è uscita dalla recessione, in linea con quanto attesto all’interno della Nota di Aggiornamento al DEF 2014. Nella media annua il PIL reale ha ancora avuto una variazione negativa (-0,4 per cento), a fronte di crescita nominale dello 0,4 per cento.
Qualcuno di voi ha percepito l’uscita dalla recessione nel 2014, che è stato l’ennesimo annus orribilis per l’economia nazionale? L’impasse di cui parlo implica la continuazione a oltranza sia delle politiche neoliberiste, centrate sul dominio del mercato e della finanza e sull’applicazione di “regole europee” non contrattabili ed emendabili, sia delle menzogne propagandistiche che creano una realtà virtuale – fatta di scenari economici improbabili, quadretti liliali, come quelli del Def – in cui imprigionare il paese, per scongiurare un brusco ritorno di massa alla realtà … reale.
L’impasse è però più ampia, perché si manifesta anche a livello politico. La scena non è in movimento, in questo istante, perché continuiamo a registrare vittorie renziane, piddine e quindi della troika neocapitalista. Ottanta euro, jobs act, legge elettorale-truffa postfascista e postdemocristiana, e la serie non sembra ancora conclusa, perché vi è il falso intervento, edulcorato al massimo, contro i vitalizi erogati ai politici condannati per gravi reati. Per non parlare dell’intervento sulle pensioni già annunciato, in nome di un principio di ”equità”, che si colloca sulla stessa linea controriformista.
Sul piano politico le opposizioni quasi non ci sono, e anche se esistono in vita non sono in grado o peggio – poiché parlamentari e dentro il sistema – non hanno la volontà di esprimere programmi veramente alternativi a quello renziano-piddino-troikista. Di conseguenza, non c’è alcuna vera rappresentanza per milioni di italiani (almeno i due terzi, se non i tre quarti) che quindi risultano “invisibili” e che il sistema liberaldemocratico, così congegnato al servizio dei mercati, può marginalizzare e neutralizzare.
La recente uscita di un deputato dal piddì, tale Giuseppe Civati, deve essere letta come “una rondine che non fa primavera”, cioè non implica l’inizio di un cambiamento politico a trecento e sessanta gradi nel paese. E’ uno squallido caso di parenti-serpenti cresciuti nello stesso partito. Dall’uovo del serpente, per dirla alla Ingmar Bergman, sono usciti due pulicini striscianti – Renzi e Civati – e il primo, il più spregiudicato e astuto, ha cacciato l’altro, “il meno dotato” (una sorta di Calimero del piddì, per essere delicati), relegandolo in secondo piano dopo l’iniziale Leopolda in comune. Mancano gli ideali, ma non i rancori personali.
Per ora l’impasse politica italiana è evidente e non c’è neppure l’ombra di una vera e temibile opposizione. I modelli di riferimento della cosiddetta “sinistra radicale” sono tutti fallimentari, se non truffaldini, a partire dalla Syriza greca per arrivare all’indefinita e innocua coalizione sociale, di Maurizio Landini, destinata all’irrilevanza. I simposi organizzati dalla “sinistra radicale” ci segnalano soltanto che una parte minoritaria della classe politica è in affanno, e cerca con espedienti propagandistici e riorganizzazioni “aziendali” di riacquisire visibilità, consenso idiota abilmente estorto, seggi nel parlamento italiano e posti d’oro a Bruxelles e Strasburgo. Tutti proni come Tsipras, alla resa dei conti, davanti al “progetto europeo” (e di conseguenza al dio-mercato).
C’è poi Matteo Salvini della Lega, che propone in televisione e in piazza dei temi – dal basta-euro all’immigrazione clandestina, dai rom alla legge Fornero, dall’abolizione degli studi di settore all’abolizione delle sanzione anti-russe – secondo le contingenze e le convenienze elettorali del momento, ma senza il necessario trait d’union di un solido programma politico alternativo. Sarebbe di vitale importanza, nel suo caso, coerentizzare la politica economica, quella sociale e quella estera (andare verso la Russia, come sola speranza oggi possibile) che una Lega rinnovata dovrebbe esprimere, ma così non è.
Il cinque stelle si caratterizza, dopo l’exploit del 2013 e le attese di cambiamento allora suscitate, per la sua sostanziale inutilità, dal punto di vista dell’alternativa politica praticabile, e Giuseppe Grillo, per sua stessa ammissione, ormai è “un po’ stanchino”. Rischia, il suddetto, di fare la fine del vecchio nemico Berlusconi, lo psiconano, che vive all’ombra della sua grandeur passata, come una Norma Desmond-Gloria Swanson che s’incammina sul Viale del Tramonto. Sunset Boulevard in arrivo anche per Grillo, ma senza la grande regia di Billy Wilder? Poco altro da dire sul cinque stelle, che ha mancato clamorosamente i più ambiziosi obbiettivi: dal mandarli tutti a casa, escutendone il patrimonio per i danni fatti al paese e le sottrazioni indebite di risorse, al reddito di cittadinanza che consentirebbe a tutti di campare. Non lasceremo nessuno indietro, urlava Grillo, il consumato retore che incendiava la piazza, ma oggi sono decine di milioni quelli rimasti indietro. Scopro ora, grazie a un mio corrispondente e lettore, che ci sono i “Grilloleaks” in giro, diffusi ad arte per danneggiare il cinque stelle. Tutta acqua al mulino di Renzi, perché non manca molto alle regionali! In queste registrazioni Beppe è contestato dai suoi parlamentari e collaboratori, ammette errori e svarioni, una certa approssimazione nel gestire il movimento e sembra lontano dalla realtà (mille miglia da quella sociale). Rendicontazioni di spese, fogli di calcolo Microsoft Excel, venticinque per cento dei voti, profitti e perdite della Casaleggio Associati, il blog di questo e il blog di quello, la comunicazione, le espulsioni, l’endorsement e il codice di comportamento, eccetera. Nessuno telefona più a Beppe! A questo punto, è un po’ come sparare sulla croce rossa …
Il terzo lato dell’impasse è quello sociale. Continua la lotta di classe elitista a senso unico, attraverso il governo collaborazionista di Renzi, contro la classe dominata. Pressione fiscale e “riforma” del mercato del lavoro (fra poco, “equità” nei trattamenti pensionistici) non sono tristi necessità che una lunga congiuntura negativa impone, ma scelte sociopolitiche ben precise per modificare con violenza l’ordine sociale e produrre masse depauperate dalle poche pretese, dimentiche della stagione dei diritti e del benessere materiale. Aumentando la pressione sui dominati, senza soluzione di continuità da Monti a Renzi, aumenta la passività sociale in un paradosso solo apparente. Gli italiani sono così rimbecilliti, ricattati e prostrati da non essere più disposti a rischiare, sollevando la testa e lottando per un futuro diverso, ignoto ma sicuramente migliore di quello che gli riservano i padroni sopranazionali di Renzi e del piddì. Le cose continueranno sullo stesso binario, a meno di improvvisi, ma improbabili risvegli.
Impasse significa assenza di sbocchi, strada senza uscita, ma anche morte per il popolo italiano.