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Renzi, go home!

di Lucio Garofalo - 09/06/2015

Fonte: L'interferenza


Riflessioni sull’esito delle elezioni del 31 maggio 2015.

In estrema sintesi, si può dire che stravince ancora una volta la vecchia politica del clientelismo, che si conferma dura a morire. Specie in quelle regioni meridionali come la Campania, ad alto tasso di infiltrazione camorrista e di corruzione. Entrando più nello specifico, emergono con forza due elementi. In primis, crolla in modo impressionante il numero dei votanti, mentre sale la percentuale dell’astensionismo. In secondo luogo, crolla in modo impressionante il numero dei voti del PD, mentre cresce il dato del Movimento 5 Stelle. Eppure, nel PD c’è pure chi osa cantare vittoria. Una “vittoria di Pirro”, che denota un’incapacità evidente di autoanalisi e di autovalutazione politica. Ma quando sarà chiaro che il nemico principale delle classi lavoratrici, in Italia, non è tanto il centrodestra o l’estrema destra, piuttosto che il Movimento 5 Stelle o roba simile, quanto, invece, il PD del premier Matteo Renzi? Un apparato neocentrista che fornisce il cardine su cui si impernia e si stringe un grande blocco di potere politico-economico classista. Francamente, non mi spiego come ci si possa schierare (per quanti si professano “di sinistra”) dalla parte di un mega-comitato affaristico che non tutela affatto gli interessi più popolari. Un soggetto che, in Italia, incarna il principale referente politico dell’alta finanza internazionale, delle grandi banche d’affari, della borghesia imperialistica e via discorrendo. Sfido chiunque a smentire tutto ciò. Pertanto oggi, in Italia, il principale nemico di classe delle masse lavoratrici e dei ceti popolari, è il PD di Renzi. Che la circostanza possa piacere o meno, è così. Ai compagni che militano con zelo ammirevole sui territori, tocca un’altra delusione amara e cocente. Oramai le liste “di sinistra” non vanno oltre percentuali irrisorie, che sembrano quasi da prefisso telefonico. Forse sarebbe l’ora di non pensare più tanto febbrilmente ed ossessivamente all’agone elettorale, ai seggi istituzionali, bensì dedicarsi esclusivamente ai conflitti sociali concreti. Che sono tanti: dalle vertenze locali del più piccolo e remoto centro di provincia, salendo in alto fino al livello nazionale e globale. Purtroppo, continua a prevalere la logica (per niente razionale) del “male minore”. Che poi non è il “male minore”, anzi. Per vent’anni si è fatto credere ai compatrioti e “ferventi democratici” che il problema fosse rappresentato soltanto da Berlusconi. Non nego che il berlusconismo abbia contribuito non poco ad incancrenire la politica, la cultura e la società di questo Paese. Come ben sappiamo, Matteo Renzi, il figlioccio politico e l’erede diretto del cavaliere di Arcore, ha incontrato il noto pregiudicato per accordarsi su una legge elettorale peggiorativa del vecchio “Porcellum”, che manco la famigerata legge Acerbo (vigente in pieno regime mussoliniano) era a tal punto antidemocratica. Per non parlare delle cosiddette “grandi intese” che hanno portato all’instaurazione di alleanze micidiali tra il PD ed il PDL per avallare le politiche antipopolari e neoliberiste prima di Monti (si ricordi la legge Fornero: un crimine istituzionale contro i diritti dei lavoratori e dei pensionati), quindi del governo Letta. Ed ora di Renzi. Nessuno di questi governi si è costituito passando per le urne. Renzi, per ultimo, ha travolto come un panzer i diritti e le tutele del mondo del lavoro, la democrazia e la scuola pubblica. Ed oggi il problema sarebbe incarnato dai movimenti fascio-populisti? Non c’è dubbio che incombano pericoli di svolte reazionarie ed antidemocratiche, ma quali sarebbero le cause, se non le politiche impopolari che in questi anni sono state imposte in Europa? Politiche odiose che da noi hanno ricevuto l’appoggio diretto ed incondizionato del Partito Democratico, che ormai rappresenta il principale protettore nazionale dei poteri forti e della borghesia imperialista internazionale. È indubbio che attorno a Renzi si è ricompattato proprio quel blocco di potere finanziario che negli ultimi anni ha dissanguato i lavoratori ed i ceti più subalterni. Ed intende continuare a farlo con il consenso degli stessi lavoratori e dei pensionati che si ostinano a votarlo.