Migranti: facciamo un po’ di chiarezza
di Alessandro Carocci - 16/06/2015
Fonte: L'intellettuale dissidente
Prima di esporre l’argomento è d’obbligo specificare che questo articolo vuole ripercorrere in maniera sintetica, chiara e schematica il percorso migratorio – e il suo svolgimento – che interessa l’Italia, tenendo un occhio di riguardo per i Paesi di partenza e le condizioni degli stessi. Per questo motivo, immaginando una suddivisione schematica del viaggio stesso, l’articolo sarà suddiviso in punti.
1) Da dove partono i migranti, e in che condizioni sono i loro Paesi?
Secondo i dati del Ministero dell’Interno riguardo i primi mesi del 2008 le prime dieci nazionalità dei migranti sbarcati in Sicilia erano:
- Somalia (2.556 persone), Paese che solo nel 2012 ha visto un controllo più sistematico da parte del governo in seguito a scontri con i ribelli islamisti;
- Nigeria (1.859), soggetta a sfruttamento da parte delle più grandi compagnie petrolifere occidentali che hanno provocato un vero e proprio disastro ambientale nel delta del Niger, distruggendo le risorse ittiche;
- Tunisia (1.287), che si è liberata del dittatore Ben Ali nel 2011 in seguito alla Primavera Araba;
- Ghana (853), dall’economia definita “intermedia”, ricca di risorse naturali e con un governo abbastanza stabile;
- Marocco (849), in pace e in crescita economica;
- Egitto (557), passato attraverso la dittatura di Mubarak, la Primavera Araba, il governo dei Fratelli Musulmani e ora governato da El Sisi. Si trova in uno stato di relativa pace;
- Burkina Faso (290), ora governato dall’esercito in seguito a una sollevazione popolare;
- Costa d’Avorio (277), ora in relativa sicurezza ma soggetta ancora a scontri violenti in seguito ai disordini del 2010-2011;
- Eritrea (240), fortemente insicura al di fuori della capitale Asmara;
- Togo (202), in cui circa il 40% della popolazione vive con meno di 1,25 dollari al giorno.
Appare chiaro quindi come gran parte dei Paesi di provenienza è stato soggetto o è passato attraverso disordini vari, provocati da ribelli o attriti fra fazioni rivali, oppure è stato governato da dittatori o spartito fra compagnie straniere che hanno dato luogo a forti disparità economiche, anche se non sono da ignorare quei pochi Paesi che si trovano in pace o che stanno crescendo economicamente.
2) Quali sono i Paesi intermedi di raccolta e smistamento dei migranti? Come funzionano?
Sicuramente, per quanto riguarda l’Italia, l’hub di raccolta e di smistamento è la Libia. Anche se in minima parte alcuni migranti si spostano in autonomia, la stragrande maggioranza si rivolge a vere e proprie organizzazioni che si occupano esclusivamente del traffico di persone – viste alla stregua di merci da spostare – e che si fanno pagare da un minimo di cinquecento dollari a un massimo di circa duemila. Alla base delle organizzazioni vi sono i cosiddetti “recruteurs” (reclutatori) che si occupano, nel Paese di origine del clandestino, di metterlo in contatto con tutta la rete di gestione del viaggio, composta da un vero e proprio personale atto a smistare i soggetti negli alloggi temporanei e ad indirizzarli verso le diverse rotte dirette in Libia. Una volta giunti sulle coste del Mediterraneo, cosa che era più difficile sotto la dittatura di Gheddafi, i clandestini pagano in contati i “passeurs” (trafficanti) che hanno il dovere di portarli in riva al mare, di imbarcarli e di guidare il natante. Nel caso in cui qualcuno si offrisse come scafista volontario sarebbe soggetto a forti sconti, e questo è il motivo dei frequenti naufragi dovuti all’inesperienza nel guidare le imbarcazioni.
3) Come si conclude il viaggio?
Questa è la parte che noi cittadini italiani meglio conosciamo non solo perché è quella più vicino a noi, ma anche perché viene frequentemente raccontata dai media nazionali e internazionali. Una volta giunti a Lampedusa, Pantelleria o Sicilia i clandestini vengono tenuti in fermo da un minimo di due giorni a un massimo di quindici per i vari accertamenti e poi vengono mandati nei diversi centri di raccolta sparsi sul territorio italiano. Alcuni finiscono nelle mani delle organizzazioni mafiose locali (mafia, camorra e ‘ndrangheta) che li impiegano in ditte edili o nelle coltivazioni. Le conclusioni le lasciamo ai lettori, mentre per quanto riguarda il contesto sottolineato all’inizio dell’articolo, cioè quello composto da degrado, malattie, disordini e contrasti vari, non verrà ora trattato.