La maschera della commedia italiana nella tragedia greca
di Saverio Mazzeo - 07/07/2015
Fonte: L'intellettuale dissidente
Il referendum greco impone una riflessione tutt’altro che economicista (struttura indeformabile del linguaggio del potere), semmai dionisiaca, ovvero tragico-estetica, in ogni caso volgare quanto basta. Diceva Friedrich Nietzsche che «tutto ciò che è profondo ama la maschera»; ed infatti – sorta da antichi riti in onore di Dioniso, sbocciata dal sacro sentire delle terre di Grecia e dell’Asia minore – era nata la tragedia greca. Era nato il grande teatro, l’arte della messa in scena, l’epica, il mito, il dramma. Era già l’anelito dell’Europa? No. Dire Europa è dire il niente, nel linguaggio delle maschere. Nel discorso che attiene alla cronistoria del mondo è invece oggetto di riflessione e quindi sì: per esempio L’ idea di Europa è un libro di Husserl mentre Storia dell’idea d’Europa è uno studio di Chabod. Ma nei giorni del “no” ci si attiene al volgare.
Pochi giorni fa, il presidente del parlamento europeo Martin Schulz, rilasciando un’intervista alla radio Deutschlandfunk (DLF) aveva svelato che la Grecia avrebbe dovuto introdurre un’altra valuta se fosse prevalso il “no” dei cittadini greci all’ultimatum europeo. Se alle parole farà seguire i fatti è questione di relativo interesse. In ogni caso Mentana sarà pur sempre pronto ad affrontare la sua personalissima maratona, indefesso com’è. E questo ad esclusivo piacere degli elettori (che poi sono gli stessi attivisti e membri) di Sel e “Altra Europa con Tsipras”. Motivo di interesse è invece solo la commedia tutta italiana. Questa, però, e tutta una pulizia, una lavata di mani; serietà, sobrietà, senso di responsabilità… insomma è tutta una farsa, perché poi, com’è che si dice? sotto il vestito… niente. E quindi altro che sobrietà e responsabilità, ma chiacchiericcio volgare e ignorante. E l’unico vincitore è sempre lui, Enrico, che a ragione si compiace di sparar battute davvero dette bene, perché davvero il discorso è nullo, e se ci fosse sarebbe inutile. La festa di Syriza, il partito del premier greco, si consuma nella notte sulle note di ‘Bella Ciao’. In Grecia è la canzone della vittoria del ‘No’, il simbolo di nuovo fresco della rivolta. In Italia è invece sempre sabato sera, l’eterna serenata democratica. Dov’è finito il patologico?
Questo è il quesito che oggi ci viene posto. Qualcuno che sia davvero un magnete, che faccia intravedere il segno distintivo del càrisma. Qualcuno a cui sicuramente verrebbero tarpate prima di subito le ali. A meno che davvero il patologico non diventi finalmente conquista sociale, e quindi si faccia democrazia. Ma c’è chi ancor si erge al di sopra del nullismo, e lo fa senza nemmeno doversi mostrare. È l’unica grande maschera italiana - le altre sono macchiette – ed è colui che prima di tutti smascherò l’antica leggenda rossa Martin Schulz, vecchio cuore democratico ed ora boia di un’intera nazione. Colui che in sede europea disse al tedesco queste sagge e fin troppo moderate parole, che oggi finalmente acquistano tutto il loro valore: «Signor Schulz, so che in Italia c’è un produttore che sta montando un film sui campi di concentramento nazisti, la suggerirò per il ruolo di kapò»; ed ancora, rivolto agli altri astanti: «Siete turisti della democrazia». Eccolo, Silvio Berlusconi, la salma che ritorna, la maschera che più si avvicina ad un caso patologico. Piuttosto un caso umano, in verità. Anche lui turista, ma pazzo davvero. Tanto pazzo da dire, con largo anticipo, parole ancora domani proibite alla sinistra italiana. Pronta, quest’ultima, a rassicurarci che dall’euro non si esce perché porta al nazionalismo, e quindi al fascismo sempre dietro l’angolo. Perché le frontiere non esistono e se davvero c’è in atto un’invasione migratoria senza precedenti di popoli che fuggono dalla guerra, é perché la guerra nasce per caso e non perché si impone democrazia laddove democrazia non si vuole, perché ogni civiltà ha le sue regole non scritte e i propri credo estetici, anche nell’uso di parole come “tiranno”. E ci verranno sempre a dire che non esiste cortocircuito per chi si professa democratico e quindi atlantista, europeista e greco insieme, col mito di Putin ma solo per scherzo, per i “ribelli” siriani senza sapere chi sono, perché comunque in tempi di guerra é meglio guardare l’arcobaleno.
Non c’è niente da fare, è lui il più grande anarchico italiano, l’amico della ragion storica, di Putin e Gheddafi. Il giullare folle che nel mondo dell’assurdo intravede, suo malgrado, il principio del vero. L’unico modello possibile di un Mao Tse-tung italiano. Chi non può avere la tragedia deve contentarsi della farsa. Nell’era dell’acquiescenza e del nullismo omologante l’unico fiore della libertà è il patologico. Il patologico vede lungo. Il nullismo è sempre cieco. Come i turisti, quelli della sinistra italiana, che oggi esultano; «l’hanno scambiato per uno spettacolo, la loro tomba», per dirla con la macchina teatrale. I Saverio Tommasi e i Furfaro, gli Jovanotti e le Spinelli, sono la tomba omologante della democrazia. Il cancro della società. La ragione per cui tutto avviene sempre altrove e mai in Italia. Il pozzo di merda da cui si erge, dominando, persino colui che a forza di plastiche facciali è diventato Mao Tse-tung.