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La sconfitta e i piani B

di Simone Santini - 14/07/2015

Fonte: Megachip

Se una radicalità di facciata ma sostanzialmente continuista con la trojka non porta risultati, perché mai puntare sul nuovo? Analisi dopo la Grecia [S. Santini]

 


Alla luce della recente intervista di Yanis Varoufakis - nella quale l'ex ministro delle finanze di Atene ha rivelato con precisione molti retroscena della crisi greca - si possono cominciare a trarre alcune parzialissime conclusioni su cosa sia accaduto. Appare evidente come Varoufakis e il primo ministro Alexis Tsipras avessero un atteggiamento diverso rispetto al referendum indetto e vinto. Varoufakis aveva pronto un piano B, Tsipras no.

Il primo avrebbe ingaggiato i nuovi negoziati da una posizione forte del sostegno popolare, alzando la posta e pronto a giocarsi il tutto per tutto: o le istituzioni europee concedevano un reale cambio di rotta alle politiche di austerità, o la Grecia si dimostrava pronta a lasciare l'euro, con conseguenze forse drammatiche per il paese ma certamente non indolore per Frau Merkel e gli altri (non solo dal punto di vista economico ma anche e soprattuto geostrategico).
Tsipras invece sarebbe andato al tavolo pronto ad accettare ciò che gli sarebbe stato offerto, senza sfide.

Cosa ha ottenuto Tsipras? Di fatto ha solo guadagnato tempo, tre anni circa, e una vaghissima prospettiva di dilazione (non ristrutturazione) del debito (ovvero ancora tempo, non un cambio delle politiche economiche).

Certo, gli ottanta e più miliardi del terzo memorandum non sono pochi, e stavolta non serviranno solo a spostare il rischio di insolvenza greco dalle banche franco-tedesche ai debiti pubblici degli Stati europei (a ciò sono serviti i primi due memorandum) ma circa 35 miliardi potrebbero essere usati per investimenti produttivi. Non sono pochi ma appaiono del tutto insufficienti a garantire quella fantomatica "crescita" che tutti agognano per poter rendere sostenibile il debito. La crescita strutturale in Europa, nei prossimi anni, non ci sarà quasi per nessuno, figuriamoci se potrà esserci per la Grecia...
Perciò tra tre anni, o forse ben prima, rischiamo di trovarci la Grecia in condizioni ancora peggiori delle attuali con solo 80 miliardi di debito in più e circa 50 miliardi di beni pubblici destinati in un fondo di garanzia. Non è una rosea prospettiva, può finire davvero che i creditori pignorino ad Atene il Partenone o qualche isola.

Tsipras ha però guadagnato (in teoria) tre anni di tempo, che per la politica sono un'era geologica, e sostanzialmente ottenuto la permanenza della Grecia nell'euro, che era ciò che, a quanto pare, la maggioranza dei cittadini greci chiedeva, anche a fronte di pesanti sacrifici.

Sul piano interno Syriza subirà certamente fortissimi contraccolpi, si vedrà come verranno gestiti. Il rischio tangibile è che la protesta, nel caso probabile che la situazione economica non cambi e anzi peggiori, si vada a radicalizzare ancora di più verso le ali estreme, sia di destra che di sinistra, col rischio di disordini sociali profondi.


Ripercussioni sulla possibilità di costruire un fronte europeo anti-austerità e di opposizione a queste istituzioni europee? E' ancora presto per dirlo, solo nel tempo si potrà verificare. L'appuntamento a più breve termine saranno le elezioni spagnole di novembre. L'affermazione di Podemos dipenderà molto da come sapranno interpretare i fatti greci in chiave interna. Se passasse il concetto che una radicalità di facciata ma sostanzialmente continuista con la trojka non porta risultati, perché mai si dovrebbe puntare sul nuovo? Tanto varrebbe continuare a puntare sul vecchio.