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Apocalypse near (Intervista a Noam Chomsky di Merav Yudilovitch)

di Noam Chomsky e Merav Yudilovitch - 12/09/2006

Fonte: democrazialegalita

APOCALYPSE NEAR

Intervista a Noam Chomsky di Merav Yudilovitch

Traduzione di Bernardino Tolomei

 

 Nelle scorse settimane un gruppo di importanti intellettuali ha pubblicato una lettera aperta di critica ad Israele per l'intensificarsi del conflitto in Medio Oriente. La lettera, che si riferiva principalmente al dispiegamento di forze tra Israele e l'Autorità Palestinese, ha causato molta rabbia tra i lettori di Ynet e Ynetnews, in particolare per l'affermazione che il fine della politica israeliana è di eliminare la nazione palestinese.

 La lettera è stata redatta dal critico d'arte e scrittore John Berger e tra i firmatari ci sono il premio Nobel e commediografo Harold Pinter, il linguista e teorico Noam Chomsky, il premio Nobel José Saramago, il premio Booker Arundhati Roy, l'autore americano Russell Banks, lo scrittore e sceneggiatore Gore Vidal e lo storico Howard Zinn.

   Prof. Chomsky, lei ha affermato che provocazione e contro-provocazione servono solo a distrarre dal punto cruciale. Cosa intende?

   N.C.  Penso che lei si riferisca alla lettera di John Berger (che io ho firmato con altri). Il "punto cruciale" che viene ignorato è la distruzione sistematica di ogni prospettiva di un'autonoma esistenza palestinese, dato che Israele si annette le terre migliori e le principali risorse, lasciando ai palestinesi territori sempre più ridotti, simili a cantoni ingovernabili, separati l'uno dall'altro, e da quel pezzetto di Gerusalemme che forse verrà loro concesso, completamente circondati mentre Israele si prende la valle del Giordano.

 Questo piano di riassetto  travestito cinicamente da "ritiro" naturalmente è del tutto illegale, in violazione delle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza e della decisione unanime della Corte Mondiale (compresa la dichiarazione contraria del giudice americano Buergenthal). Se verrà attuato come previsto, significherà la fine di quel vastissimo consenso internazionale per la soluzione a due stati che USA e Israele hanno bloccato unilateralmente per 30 anni – fatti che sono così ben documentati che non serve analizzarli ora.

 Tornando ora alla sua domanda specifica, anche uno sguardo di sfuggita alla stampa occidentale rivela che gli eventi cruciali nei territori occupati sono messi ancora di più in secondo piano dalla guerra in Libano. La distruzione continua di Gaza, che comunque raramente era documentata in modo accurato, si è ora dissolta sullo sfondo e la sistematica occupazione della West Bank è praticamente scomparsa.

 Comunque non mi spingerò a dire, come suggerisce la sua domanda, che fosse questo il proposito della guerra, anche se chiaramente ne è l'effetto. Dovremmo ricordarci che Gaza e la West Bank sono riconosciute come un tutto unico, quindi se la resistenza ai progetti distruttivi e illegali di Israele è legittima nella West Bank (e sarebbe interessante sentire un spiegazione razionale del contrario), allora è legittima anche a Gaza.

   Lei afferma che i media del mondo rifiutano di mettere in relazione tra loro i fatti dei territori occupati e quelli del Libano?

   N.C. Si, ma questa è la minore delle accuse che dovrebbero essere mosse ai media del mondo e in generale agli intellettuali. Una delle accuse molto più serie è mossa nel paragrafo iniziale della lettera di Berger.

 Ricostruiamo i fatti. Il 25 giugno è stato catturato il caporale Gilad Shalit, il che ha causato in tutto il mondo alte grida di sdegno ogni giorno più alte, ed una forte escalation degli attacchi israeliani su Gaza, sulla base che la cattura di un soldato è un grave crimine per il quale deve essere punita la popolazione.

 Il giorno prima, il 24 giugno, le forze israeliane avevano rapito due civili di Gaza, Osama e Mustafa Muamar, crimine molto più grave sotto ogni punto di vista della cattura di un soldato. Il rapimento dei Muamar era sicuramente noto ai principali media del mondo. Sono stati immediatamente riferiti dalla stampa israeliana in lingua inglese, sostanzialmente bollettini delle IDF (Forze Armate Israeliane). E ci sono state alcune note brevi, sparse e riduttive in molti giornali americani.

 Molto significativamente non c'è stato nessun commento, nessuno strascico, nessuna richiesta di  attacchi militari o terroristici contro Israele. Basta una ricerca su Google per rivelarci quale sia per l'Occidente il rapporto tra il rapimento di civili da parte delle IDF e la cattura il giorno dopo di un soldato israeliano.

 Il confronto tra i due eventi, ad un giorno di distanza, dimostra con crudezza che lo sdegno per il rapimento di Shalit era un cinico inganno. Rivela che per gli standard morali occidentali il rapimento di civili sta bene se fatto dalla "nostra parte", ma la cattura di un soldato della "nostra parte" è un crimine riprovevole che richiede una severa punizione della popolazione.

 Come ha correttamente scritto Gideon Levy su Ha'aretz (quotidiano israeliano, ndt), il rapimento di civili da parte delle IDF il giorno prima della cattura del caporale Shalit toglie ogni "base di legittimità alle operazioni delle IDF", e, possiamo aggiungere noi, ogni base di legittimità al sostegno a queste operazioni.

 Gli stessi principi morali elementari si applicano al rapimento di due soldati israeliani vicino alla frontiera libanese , il 12 luglio, accentuati in questo caso dalla pratica regolarmente attuata da Israele per molti anni di rapire dei libanesi e tenerli come ostaggi per lunghi periodi.

 Nei molti anni in cui Israele ha messo in atto regolarmente queste pratiche, perfino rapimenti in mare aperto, nessuno mai ha affermato che questi crimini giustificassero dei raid e dei bombardamenti su Israele, l'invasione e la distruzione di gran parte del paese, o atti di terrorismo al suo interno. La conclusione è chiara, spiacevole e del tutto non ambigua – per cui viene taciuta.

 Tutto questo ovviamente è di straordinaria importanza nel caso presente, in particolare data la drammaticità del momento. E' per questo, io penso, che i media principali hanno scelto di tralasciare i fatti cruciali, a parte pochi cenni sparsi e riduttivi, mostrando quanto essi considerino il rapimento una cosa insignificante, se perpetrato dalle forze israeliane supportate dagli USA.

 I difensori dei crimini di stato dicono che il rapimento di Gaza è giustificato dall'affermazione delle IDF che si tratta di "militanti di Hamas", o che essi stavano progettando dei crimini. Secondo la loro logica, allora si dovrebbe approvare la cattura di Gilad Shalit, un soldato di un esercito che stava bombardando Gaza. Queste trovate sono davvero vergognose.

   Lei parla come di una priorità del riconoscimento della nazione palestinese, ma questo risolverà la "minaccia iraniana"? Farà ritirare Hezbollah dal confine israeliano?

   N.C.  Praticamente tutti gli osservatori informati concordano sul fatto che una corretta ed equa risoluzione della tragedia palestinese indebolirebbe considerevolmente la rabbia e l'odio per Israele e gli USA nei mondi arabo e musulmano, e molto di più, come rivelano sondaggi internazionali. Un tale accordo è sicuramente a portata di mano, se USA e Israele si liberassero della loro costante politica del rifiuto.

 Su Iran e Hezbollah naturalmente c'è molto altro da dire, qui posso solo ricordare qualche aspetto principale.

 Cominciamo dall'Iran. Nel 2003, l'Iran offrì di negoziare con gli USA tutti le questioni calde, comprese le questioni nucleari ed una soluzione a due stati del conflitto israelo-palestinese. L'offerta fu fatta dal governo moderato di Khatami, con l'avvallo del "leader supremo" della linea dura Ayatollah Khamenei. La risposta dell'amministrazione Bush fu di censura al diplomatico svizzero latore dell'offerta.

 Nel giugno 2006 l'Ayatollah Khamenei fece una dichiarazione ufficiale in cui affermava che l'Iran concorda con i paesi arabi sulla questione della Palestina,  nel senso che accetta l'appello della Lega Araba del 2002, per una piena normalizzazione delle relazioni con Israele all'interno di una soluzione a due stati, secondo l'accordo internazionale. La scelta dei tempi suggerisce che questa può essere stata una critica al suo sottoposto Ahmadinejad, le cui affermazioni focose sono state molto pubblicizzate in occidente, diversamente dalle molto più importanti dichiarazioni del suo superiore Khamenei.

Naturalmente l'OLP ha appoggiato ufficialmente un soluzione a due stati per molti anni, e ha appoggiato la proposta della Lega Araba. Anche Hamas ha manifestato l'intenzione di negoziare un accordo a due stati, come è certo ben noto in Israele. Kharazzi è indicato come l'autore della proposta di Khatami e Khamenei.

  Gli USA e Israele non vogliono neanche sentirne parlare. Ne' vogliono sentir dire che l'Iran sembra essere il solo paese ad aver accettato la proposta di Mohammed El Baradei, direttore dell'IAEA (International Atomic Energy Agency), che tutti i materiali fissili utilizzabili in armamenti  siano posti sotto un controllo internazionale, un passo avanti verso un Trattato per la Limitazione dei Materiali Fissili (FMCT) che permetta dei controlli.

 La proposta di El Baradei, se attuata , non solo metterebbe fine alla crisi nucleare iraniana, ma interesserebbe anche una crisi molto più grande: la crescente minaccia di una guerra nucleare, che induce importanti analisti strategici a mettere in guardia su una "apocalisse presto" (Robert McNamara) se le politiche continuano nell’attuale direzione.

 Gli USA si oppongono strenuamente ad un trattato che permetta dei controlli, ma contro le obiezioni americane, il trattato è giunto al voto alle Nazioni Unite, dove è passato 147 a 1, con 2 astensioni: Israele, che non può opporsi al suo sostenitore, e, fatto più interessante, la Gran Bretagna di Blair, che conserva un certo grado di sovranità. L'ambasciatore britannico ha dichiarato che la Gran Bretagna sostiene il trattato, ma che esso "divide la comunità internazionale". Ancora una volta, questi sono fatti che vengono praticamente cancellati, al di fuori dei circoli chiusi specialistici, e sono fatti che riguardano  letteralmente la sopravvivenza della specie, andando ben oltre il problema Iran.

 Si dice di solito che la "comunità internazionale" ha chiesto all'Iran di rinunciare al suo diritto legale di arricchire l'uranio. E' vero, se definiamo la  "comunità internazionale" come Washington e tutti quelli che le vanno dietro. Certo non è vero per il mondo. I paesi non allineati hanno sostenuto con forza l’”inalienabile diritto" dell'Iran di arricchire l'uranio, e, fatto piuttosto notevole, sondaggi internazionali ci dicono che in Turchia, Pakistan e Arabia Saudita la maggioranza della popolazione preferisce un Iran fornito di armi nucleari ad un'azione militare americana.

 I paesi non allineati hanno chiesto anche un Medio Oriente denuclearizzato, una costante richiesta dell'autentica comunità internazionale, anche questa bloccata da USA e Israele. Si dovrebbe riconoscere che la minaccia delle armi nucleari israeliane è presa molto seriamente nel mondo.

 Come ha spiegato l'ex comandante in capo dell'US Strategic Command, generale Lee Butler, "è estremamente pericoloso che in quel crogiolo di tensioni che chiamiamo Medio Oriente, una sola nazione si sia armata, visibilmente, con una quantità di armi nucleari, forse centinaia,  e questo, istiga altre nazioni a fare lo stesso". Israele non fa un favore a se stessa ignorando queste preoccupazioni.

 E' anche interessante che quando l'Iran era comandato dal tiranno installato da un golpe anglo-americano, gli USA , compresi Rumsfeld, Cheney, Kissinger, Wolfowitz e altri, sostenevano con forza i programmi nucleari iraniani che ora condannano, ed aiutarono l'Iran a fornirsi dei mezzi per completarli. Questi fatti non sono stati certo dimenticati dagli iraniani, come non hanno dimenticato il fortissimo appoggio degli USA e dei loro alleati a Saddam Hussein  durante la sua criminale aggressione, compreso l'aiuto dato per sviluppare le armi chimiche che uccisero centinaia di migliaia di iraniani.

 Ci sarebbe molto altro da dire ancora, ma è chiaro che la "minaccia iraniana" cui lei fa cenno potrebbe essere affrontata con mezzi pacifici, se USA e Israele fossero d’accordo. Non possiamo sapere se le proposte iraniane sono serie se non vengono esaminate.  Il rifiuto di USA e Israele di esaminarle ed il silenzio dei media americani (e, per quanto ne so, europei),  suggerisce che i governi temono che possano essere serie.

 Aggiungerei che per il resto del mondo suona un po' strano , per dirla gentilmente, che USA e Israele mettano in guardia sulla "minaccia iraniana" quando loro e solo loro stanno minacciando di sferrare un attacco,  minacce immediate e credibili, e seriamente in violazioni delle leggi internazionali, e si stanno preparando apertamente a questo attacco. Comunque la si pensi sull'Iran, non lo si può accusare di questo. E' anche evidente, salvo che a USA e Israele, che l'Iran non ha invaso nessun altro paese, cosa che  USA e Israele fanno regolarmente.

 Anche a proposito di Hezbollah ci sono cose gravi e serie da dire. Come è ben noto Hezbollah si è formato in reazione all'invasione israeliana del Libano nel 1982 e alla sua dura e brutale occupazione in violazione degli ordini del Consiglio di Sicurezza.  Esso si è guadagnato un notevole prestigio giocando il ruolo principale nella cacciata degli aggressori.

 L'invasione del 1982  fu messa in atto dopo che per un anno Israele aveva regolarmente bombardato il Libano,  cercando disperatamente di provocare qualche violazione della tregua del 1981 da parte dell'OLP, e, avendo fallito, attaccò comunque, con il ridicolo pretesto che l'ambasciatore Argov era stato ferito (da Abu Nidal, il quale era in contrasto con l'OLP).  L'invasione mirava chiaramente,  come  in pratica veniva riconosciuto, a mettere fine alle imbarazzanti iniziative dell'OLP per un negoziato, una "vera catastrofe" per Israele come puntualizzò Yehoshua Porat.

Era, come fu detto allora, una "guerra per la West Bank". Anche la successiva invasione aveva pretesti vergognosi. Nel 1993 Hezbollah aveva violato "le regole del gioco", annunciò Yitzhak Rabin: queste regole israeliane permettevano a Israele di portare attacchi terroristici a nord della "zona di sicurezza" che essa teneva illegalmente, ma non permetteva ritorsioni all'interno di Israele. L'invasione di Peres nel 1996 aveva pretesti simili. E' conveniente dimenticare tutto questo, o imbastire frottole sul bombardamento della Galilea nel 1981, ma non è una pratica simpatica, e neppure saggia.

Il problema delle armi di Hezbollah è senza dubbio molto serio. La risoluzione 1559 chiede il disarmo di tutte le milizie libanesi, ma il Libano non l'ha messa in atto.  Il primo ministro sunnita Fuad Siniora descrive l'ala militare di Hezbollah come un tipo di "resistenza piuttosto che una milizia, e quindi esentata" dalla risoluzione 1559.

 Un Dialogo Nazionale, nel giugno 2006 non riuscì a risolvere il problema. Il suo fine principale era di formulare una "strategia di difesa nazionale" (nei confronti di Israele), ma restò bloccato sulla richiesta da parte di Hezbollah di "una strategia di difesa che permettesse alla Resistenza Islamica di tenere le sue armi come deterrente ad una possibile aggressione israeliana", in assenza di qualsiasi alternativa credibile. Gli USA avrebbero potuto, fornire una garanzia credibile contro un'invasione del loro stato cliente, se avessero voluto, ma questo avrebbe significato un netto cambiamento di una politica costante.

 Sullo sfondo abbiamo dei fatti cruciali evidenziati da molti corrispondenti veterani del Medio Oriente. Rami Khouri, ora redattore del libanese Daily Star, scrive che "libanesi e palestinesi hanno risposto ai continui a sempre più selvaggi attacchi di Israele contro intere popolazioni civili con la creazione di leadership parallele o alternative che possano proteggerli e fornire i servizi essenziali".

 Nella vostra lettera non fate riferimento alle perdite israeliane. C’è differenza secondo lei tra le perdite in guerra di civili israeliani e quelle di libanesi  o palestinesi?

   N.C. Questo non è esatto. La lettera di John Berger è molto esplicita nel non fare distinzione tra le perdite israeliane e le altre. Come dice la lettera: “Entrambi i tipi  di missile dilaniano i corpi orrendamente, chi può dimenticare questo per un solo momento, salvo i comandanti in campo?”.

   Lei dice che il mondo sta appoggiando  l’invasione Israeliana in Libano e non interferisce con gli eventi di Gaza e Jenin. A quale scopo questo silenzio?

   N.C. La grande maggioranza del mondo non può fare altro che protestare, anche se ci si può aspettare che la forte rabbia e il risentimento causati dalla violenza di USA e Israele si dimostreranno come in passato un regalo agli elementi più estremisti e violenti, favorendo nuovi reclutamenti alla loro causa.

 Le tirannie arabe sostenute dagli USA hanno condannato Hezbollah, ma ora sono costrette a farsi indietro per timore delle loro stesse popolazioni. Perfino re Abdullah dell’Arabia Saudita, il più fedele (e più importante) alleato di Washington, ha dovuto dire che “se l’opzione della pace verrà rifiutata per colpa dell’arroganza israeliana, allora rimane solo l’opzione della guerra, e nessuno sa quali ripercussioni ci saranno sulla regione, compresi guerre e conflitti che non risparmieranno nessuno, neanche quelli che per il loro potere militare sono ora  tendono a giocare col fuoco”.

 Per quanto riguarda l’Europa, non se la sente di prendere posizione contro l’amministrazione USA, la quale  ha messo in chiaro di appoggiare la distruzione dei palestinesi e la violenza di Israele. Nei confronti della Palestina, anche se l’atteggiamento di Bush è estremo, esso ha radici nelle precedenti politiche. La settimana  di Taba nel gennaio 2001è la sola vera discontinuità in 30 anni nella politica di rifiuto americana.

 Gli USA hanno anche appoggiato fortemente le precedenti invasioni israeliane del Libano, anche se nel 1982 e nel 1996 costrinsero Israele a porre termine all’aggressione quando le atrocità stavano raggiungendo un livello che danneggiava gli interessi americani.

 Sfortunatamente si può allargare un commento di Uri Avnery su Dan Halutz, che “vede il mondo attraverso un dispositivo di puntamento”. Questo vale anche per Rumsfeld-Cheney-Rice ed altri strateghi dell’amministrazione Bush, nonostante qualche occasionale retorica conciliante. Come dimostra la storia, questa visione non è rara tra coloro che hanno un sostanziale monopolio degli strumenti di violenza, con conseguenze che non c’è bisogno di elencare.

   Quale sarà il prossimo capitolo di questo conflitto mediorientale, per come la vede lei?

   N.C. Non conosco nessuno tanto temerario da fare previsioni. Gli USA e Israele stanno suscitando forze popolari che non promettono nulla di buono, e che continueranno a crescere e diventare più estremistiche se USA e Israele insistono a demolire ogni speranza di realizzare i diritti nazionali palestinesi, e a distruggere il Libano. Bisogna anche capire che la prima preoccupazione di Washington, come nel passato, non è Israele e il Libano, ma le grandi risorse di energia del Medio Oriente, riconosciuto 60 anni fa come una “stupenda fonte di potere strategico” e “uno dei più grandi beni materiali nella storia del mondo”.

 Possiamo aspettarci con sicurezza che gli USA continueranno a fare il possibile per controllare questa ineguagliabile fonte di potere strategico. Può non essere facile. La notevole incompetenza degli strateghi di Bush ha causato una catastrofe in Irak, anche per i loro stessi interessi. Sono perfino di fronte alla possibilità dell’estremo incubo: una larga alleanza shiita che controlli le principali fonti di energia del mondo, e indipendente da Washington, o anche peggio, che stringa legami più stretti con gli organismi cinesi Asian Energy Security Grid e Shanghai Cooperation Council.

 I risultati potrebbero davvero essere apocalittici. Ed anche nel piccolo Libano, il principale studioso di Hezbollah, e suo aspro critico, descrive il conflitto corrente in “termini apocalittici” mettendo in guardia contro la possibilità che “l’inferno si scateni” se l’esito della campagna di USA e Israele lasciasse una situazione in cui “la comunità shiita dovesse fremere di risentimento verso Israele, gli Stati Uniti ed il governo che verrebbe percepito come il suo traditore”.

 Non è un segreto che negli anni passati Israele abbia aiutato a distruggere il nazionalismo secolare arabo e a creare Hezbollah e Hamas, proprio come la violenza USA ha accelerato la crescita del fondamentalismo islamico estremista e del terrore della Jihad. Le ragioni sono chiare. Ci sono costanti avvertimenti a questo proposito da parte delle agenzie di intelligence occidentali e dei principali specialisti del settore.

 Si può nascondere la testa nella sabbia e crogiolarsi nel “consenso diffuso” che quello che facciamo è “giusto e morale” (Maoz), ignorando le lezioni della storia recente, o della semplice razionalità. O si può guardare ai fatti, e affrontare i problemi, che sono molto seri, con mezzi pacifici. Ce ne sono, il loro successo non può essere garantito, ma possiamo avere una ragionevole certezza che guardare il mondo attraverso un dispositivo di puntamento porterà ulteriori sventure e sofferenze, forse anche l’”apocalisse presto”.

 ( http://www.ynetnews.com/articles/0,7340,L-3286204,00.html )