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La Transnistria vuole unirsi alla Russia

di Enrico Piovesana - 19/09/2006

La Transnistria vuole unirsi alla Russia
Vince il 'sì' al referendum nella repubblica "sovietica" separatasi dalla Moldova nel 1992
mappaDomenica mattina presto, in via Lenin e via Marx, nel centro di Tiraspol, gli altoparlanti diffondevano cori sovietici invitando il popolo alle urne. I primi a uscire di casa per recarsi ai seggi sono stati gli anziani, molti dei quali ex combattenti che per l’occasione hanno indossato le loro vecchie  divise dell’Armata Rossa con le medaglie al valore appuntate al petto. Il mezzo milione di abitanti dell’autoproclamata repubblica sovietica di Transnistria erano chiamati alle urne per scegliere se confermare o meno l’indipendenza dalla Moldova e unirsi alla Federazione Russa. Il risultato è stato schiacciante: il 97,1 per cento dei votanti ha detto “sì”.
 
Un'anziana al seggioUn voto che nessuno riconosce. Per l’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europea (Osce), che da 16 anni guida il negoziato tra governo moldavo e separatisti transnistriani, questo voto non ha alcun valore legale poiché è stato organizzato da un’entità non riconosciuta che, per la comunità internazionale, è parte integrante del territorio moldavo. Sulla stessa linea, l’Unione Europea e tutti i paesi occidentali, che da anni accusano la piccola repubblica ribelle, stretta tra il fiume Dniestr e l’Ucraina, di essere un porto-franco della mafia russa per ogni genere di traffici e soprattutto un supermercato nero di armi: dai kalashnikov (prodotti in loco dalle fabbriche del “presidente” della Transinistra, Igor Smirnov), ai sistemi d’arma più sofisticati trafugati dai depositi sovietici. Un mercato al quale, secondo le accuse (mai provate) dall’Occidente, si sarebbero serviti movimenti guerriglieri e terroristici di mezzo mondo: ribelli africani, terroristi mediorientali, guerriglieri curdi e ceceni e addirittura al Qaeda.
 
Al voto con passaporto sovieticoTranne che a Mosca. Per Mosca invece – che durante la sanguinosa guerra del 1992 schierò la 14esima armata a sostegno dei separatisti contro le truppe moldave e che ancora oggi ha schierati in Transnistria 1.200 soldati a protezione del regime di Smirnov – il referendum di domenica non può essere liquidato come un atto illegale. Nonostante il Cremlino non si sia ufficialmente pronunciato sulla questione, molti politici e collaboratori di Putin hanno ribadito che la Russia riconosce il diritto all’autodeterminazione dei popoli e che questo referendum, di cui la comunità internazionale non può non tenere conto, è il risultato della prepotenza dell’Occidente che, in 16 anni di negoziato, ha sempre ignorato la volontà del popolo della Transnistria.
Il mese scorso lo stesso Vladimir Putin aveva apertamente espresso il suo sostegno allo strumento referendario come mezzo per sbloccare le questioni indipendentiste della Transnistria, dell’Abkhazia e dell’Ossezia del Sud (dove un referendum per l’indipendenza dalla Georgia si terrà il 12 novembre).
 
Igor SmirnovUna mossa a uso interno. Ai separatisti transnistriani questo referendum servirà per alzare la posta nel braccio di ferro negoziale con la Moldova e l’Occidente. Il “ministro degli Esteri” della Transnistria lo ha detto chiaramente: “I risultati del referendum costituiranno la base della nostra posizione in sede negoziale”.
Ma per il padre padrone della Transnistria, Igor Smirnov, questo voto serve soprattutto per rafforzare il proprio regime, per riguadagnare il sostegno di una  popolazione sempre più impoverita da un isolamento economico che dura da 16 anni e che ultimamente, con i nuovi accordi moldavo-ucraini per la lotta contro il contrabbando, si è trasformato in un vero blocco economico.
Non a caso, prima del referendum, Smirnov ha invitato a votare “sì” dicendo che in caso di unione con la Federazione Russa tutti i cittadini della Transnistria avranno accesso ai servizi sociali e all’assistenza e previdenza statale russa. Una golosa prospettiva per una popolazione che tira avanti con i pochi rubli guadagnati al mercato, vendendo le verdure del proprio orto.