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Turchia: quattro ore di golpe

di Antonio Serena - 18/07/2016

Turchia: quattro ore di golpe

Fonte: Liberaopinione

 

Calmo e sorridente, Recep Tayyip Erdogan atterra all’ aeroporto Ataturk di Istanbul: non sembra l’uomo che un’ora prima sorvolava i cieli d’Europa mendicando asilo politico dopo che i golpisti avevano bloccato i ponti sul Bosforo e occupato la tv obbligandolo a rivolgersi al popolo turco tramite gli odiati social network che ha sempre tentato di oscurare.

Quattro ore dopo che lo Stato maggiore dell'esercito turco aveva annunciato di aver preso il potere nel Paese «per ristabilire l'ordine democratico e la libertà», il premier turco Binali Yildrim assicurava che  «La situazione [era] largamente sotto controllo» e la tv di stato  riprendeva le trasmissioni.

La farsa è tutta in questi pochi passaggi che faranno il giro del mondo per essere bevuti da milioni di persone. Poi, seguendo gli inviti del Sultano,  i suoi attivisti scenderanno in piazza e l’ordine verrà ristabilito dalla polizia che accompagnerà i golpisti in galera.

Ma è possibile che un golpe possa rientrare dopo qualche ora? E, soprattutto, è possibile che venga eseguito in maniera così approssimativa, con l’impiego di circa 2.000 militari (la cifra è fornita da Edward Luttwak, esperto di colpi di stato su Foreign Policy)?  E come mai, dopo neanche un giorno dall’inizio del golpe, erano già state compilate le liste di seimila persone tra militari e magistrati da epurare? O erano già state compilate in attesa del golpe? Fin troppo facile pensare ad una messinscena imbastita dal Sultano per rifarsi il trucco ed aspirare ad una riforma della costituzione che porti all’agognato presidenzialismo. Possibilmente senza altri fastidi creati da quel che resta dell’opposizione al regime e con l’annunciata reintroduzione della pena di morte, che Ankara ha abolito nel 2004 e che ora, secondo lo stesso Erdogan,  il popolo reclamerebbe.

Una volta chiarito che il golpe era fallito, l’Unione Europea, per bocca di Angela Merkel (la stessa che dopo la vittoria del partito islamico di Erdogan AKP si era dichiarata contraria all’ingresso della Turchia nella UE) ha sostenuto che la democrazia andava immediatamente ristabilita e “L’ordine democratico rispettato”.

Analoghe -  al di là delle speciose polemiche sull’estradizione di Fethullah Gulen, indicato da Erdogan come ispiratore del golpe -  le dichiarazioni di Obama e in particolare di John Kerry, Segretario di Stato di un Paese in cui la pena di morte è già prevista nella maggior parte dei suoi stati ed attualmente alle prese con pressanti problemi razziali. “Gli Stati Uniti sono con il governo democraticamente eletto in Turchia”, ha affermato la Casa Bianca.

Tutto ok anche per la Farnesina che ha comunicato che “Il ministro degli Affari esteri Paolo Gentiloni ha avuto un colloquio telefonico con il suo omologo Mevlut Cavuşoğlu per esprimergli la soddisfazione per il prevalere della mobilitazione popolare e della difesa delle istituzioni”.

Tutti d’accordo, compreso Putin, che aveva denunciato gli affari di Erdogan con l’Isis per il petrolio proveniente dalla Siria. Del resto, nessuno, tantomeno i produttori di greggio, vuole una Turchia instabile che gioca con i rubinetti di petrolio.

Era da tempo e in vario modo che il Sultano preparava quest’azione: aumento della pressione militare sui curdi del PKK; pace con Israele dopo l’assalto al convoglio navale dei pacifisti turchi; lettera di scuse a Putin dopo l’abbattimento da parte dei turchi del cacciabombardiere di Mosca in Siria; pace improvvisa col regime siriano, dopo aver fatto affari petroliferi con l’ISIS e aver armato lo “ Stato islamico”; più spazi per la Turchia all’interno della Nato, dove il Paese del Sultano rappresenta la seconda forza militare.

Adesso, dopo il golpe,  Erdogan è più forte, ma sono incerti i ruoli che intenderanno giocare le grandi potenze.  Dopo il fallito colpo di stato, il Generale Bekir Ercan, comandante la base aerea di Incirlik, situata in territorio turco ed utilizzata dalla coalizione araba a guida americana per colpire in Siria le postazioni dell'Isis e indicato come complice dei golpisti è stato arrestato assieme ai suoi collaboratori. Lo stesso giorno del suo arresto sono riprese le operazioni aeree contro lo Stato Islamico dal territorio turco: lo ha annunciato il Pentagono, "in stretto coordinamento con i nostri alleati turchi". Nelle stesse ore in cui Erdogan e l’America si lanciavano accuse al vetriolo.

Infine, sempre nei giorni immediatamente successivi al golpe, è stata diffusa la notizia di un colloquio telefonico di Erdogan con il presidente russo Vladimir Putin -  i cui rapporti con gli Stati Uniti sono al momento tutt’altro che idilliaci – nel corso del quale i due hanno concordato di “incontrarsi presto”.

Se questi sono  gli amici e i rappresentanti della UE e i candidati che aspirano a farne parte, vi debbono essere molti buoni motivi perché i popoli europei ostentino sempre più il desiderio di uscirne.