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Nuova legge tv. Il vero problema non è (solo) Mediaset

di Carlo Gambescia - 13/10/2006

 
A Berlusconi è finalmente tornata la voce. Il solo pericolo di perdere parte dei suoi giganteschi introiti pubblicitari e di perdere Rete Quattro ne ha risvegliato la vis polemica.
Il Cavaliere ha parlato addirittura di “atto di banditismo” nei suoi riguardi.

Non vorremmo però che gli insulti berlusconiani, divenissero una specie di sentenza assolutoria, nei riguardi della trascorsa politica televisiva del centrosinistra. E anche verso quella futura.

Che cosa intendiamo dire?
Che la nuova legge, per quel che se ne può capire ora, si limita, come è tipico del riformismo di centrosinistra, a penalizzare Berlusconi, ma non il modello culturale che è dietro di lui, e soprattutto, non va a incidere su quella che è la carne viva della realtà oligopolistica del mercato televisivo. Che non dimentichiamolo e sostanzialmente dominato sul piano mondiale da poche grandi catene, e quasi tutte con sede negli Stati Uniti. Quanto all’Italia, il vero problema ( o comunque non il solo) non è mai stato quello del duopolio Rai-Mediaset, ma quello di far sorgere un vero mercato televisivo fondato su un buon numero di attori economici, di buon livello e medie dimensioni, in grado di offrire una pluralità di posizioni informative, culturali.

Il che non è mai avvenuto. Al contrario si è preferito rendere sempre più difficile la vita delle piccole televisioni private. Con risultati che sono appunto sotto gli occhi di tutti. Rispetto a trent’anni fa è sopravvissuto meno di un quarto delle televisioni allora esistenti. Inoltre le cosiddete “piccole televisioni private”, per ragioni legate alla ristretta configurazione del mercato pubblicitario, informativo e culturale, si sono nel tempo concentrate solo sullo sport e l’intrattenimento. Riproducendo in scala minore il “modello culturale” Mediaset. Che è quello americano. Non dimentichiamolo mai, a differenza di certa sinistra... Ma, del resto, se pure la Rai-Televisione, si è appiattita sullo stesso modello, perché prendersela solo con le reti televisive minori?
Due sono perciò i veri problemi.

In primo luogo, va creato un mercato televisivo libero. Come?
Uno. Lottando sul piano legislativo contro le concentrazioni di testate televisive private ( tra l’altro, la nuova legge, a quanto pare, non affronta il grande tema della privatizzazione di una Rete Rai…).
Due. Favorendo reale parità di accesso alla raccolta pubblicitaria. Anche agli attori economici "minuscoli". Ad esempio le televisioni di quartiere o di strada.

In secondo luogo, occorre un mutamento di modello culturale. Meno intrattenimento, più informazione e formazione politica, sociale, artistica, musicale, eccetera. Va assolutamente evitata la riproduzione ( spesso meccanica) di contenuti specifici televisivi Usa ( e getta, se ci si perdona la battuta...).
Si dirà, mercato e “mutamento culturale” non vanno d’accordo. Il primo è fondato sulla libertà, mentre il rifiuto dell’americanismo televisivo ( o comunque di una cultura) implica un'attenta regìa politica. Il primo rinvia a Smith il secondo a Lenin...
Può darsi… Ma perché non provare?