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“Gilet gialli? È stato Putin”: riecco il grande alibi delle élite che hanno sbagliato tutto

di Fulvio Scaglione - 13/01/2019

“Gilet gialli? È stato Putin”: riecco il grande alibi delle élite che hanno sbagliato tutto

Fonte: Fulvio Scaglione

Ma che sciocchi a non averci pensato, era così evidente! In Francia c'è un po' di confusione, i gilet gialli danno l'assalto all'Eliseo e nei ritagli di tempo abbattono i portoni dei ministeri perché glielo dicono i russi. La capacità europea di farsi del male abbaiando alla luna mentre brucia la casa sta raggiungendo livelli quasi sublimi. Da settimane la Francia è sconvolta da manifestazioni imponenti come non si vedevano da quasi cinquant'anni, una specie di nuovo Sessantotto guidato dalla piccola borghesia e dai pensionati invece che dagli studenti, animato da gente che non vuol dare la scalata al cielo ma continuare a frequentare il macellaio. E la reazione qual è? Spiegar loro che stanno benone ma non lo capiscono. E a noi che sono dei poveracci che si fanno intortare da qualche post su Facebook.

Il bello è che questa specie di sanculottismo del terzo millennio si produce in un sacco di posti diversi, in condizioni economiche diverse, in culture diverse, e noi sempre a farci le pippe con gli hacker russi. C'è la Brexit nel Regno Unito? È stato Putin. La Catalogna si rivolta? Vedi mai che non siano gli hacker russi. Nasce il Governo giallo-verde in Italia? Il Cremlino. Eleggono Donald Trump negli Usa? Russiagate. In Francia, poi, dove questa volta non possono nemmeno attaccarsi alle banlieue e ai terza generazione non integrati, il pericolo cosacco arriva come il cacio sui maccheroni. Grazie a Dio i sovranisti nazionalisti populisti che governano da anni la Polonia detestano la Russia e i russi, altrimenti avremmo ripetuto le nostre sciocchezze anche lì.

C'è la Brexit nel Regno Unito? È stato Putin. La Catalogna si rivolta? Vedi mai che non siano gli hacker russi. Nasce il Governo giallo-verde in Italia? Il Cremlino. Eleggono Donald Trump negli Usa? Russiagate. Grazie a Dio i sovranisti nazionalisti populisti che governano da anni la Polonia detestano la Russia e i russi, altrimenti avremmo ripetuto le nostre sciocchezze anche lì.

Si capisce bene quanto è difficile rammendare uno squarcio così profondo del tessuto sociale. Ci sono i tagli inferti dalle difficoltà economiche ma anche gli strappi prodotti da una radicale crisi di sfiducia che colpisce sia l'usato sicuro della politica tradizionale (vedi Merkel) sia il giovanilismo rampante e un po' spietato dei vari Renzi e Macron. C'è l'usura generata dal bisogno di conferme identitarie in un mondo in frenetico mutamento, venata di paure, come ben dimostra l'ossessione europea per i migranti. E c'è il logorio di una società che invecchia (età media in Italia 45 anni, in Germania 46,3, negli Usa 37,7, in Niger 15 anni) e si sente tanto debole sia quando le prende l'acciacco sia quando arriva la botta di spleen.

Però che tristezza questa ricerca di un capro espiatorio qualunque che non ci dia da pensare, che ci lasci credere che senza gli hacker andrebbe tutto così bene. O forse non erano gli hacker ma i rettiliani, i terrapiattisti, gli adoratori di Google, i vegani... Perché no, i residui tifosi del Torino come me. In fondo, che differenza fa? 
La malinconia del tutto si misura, tra l'altro, con la facilità con cui ci facciamo abbindolare pur di trovare consolazione. La storia degli hacker russi che manovrano i gilet gialli è stata rimestata da due fonti. La prima è l'inglese The Times (una volta si diceva in automatico “l'autorevole Times”, adesso c'è un sacco di pesce da incartare), che si è rifatto a uno “studio” di New Knowledge.Questa a sua volta è una giovane società americana di social media marketingdiventata famosa per i suoi pasticci. Si è fatta sgamare dal New York Times e dal Washington Post per aver influenzato le elezioni suppletive in Alabama nel 2017, facendo eleggere per poche migliaia di voti il democratico Doug Jones sul favorito repubblicano Roy Moore. Una delle azioni intraprese da Jonathon Morgan, capo appunto di New Knowledge, fu di far credere che una serie di troll russi sostenessero Moore, per sputtanarlo nel generale clima di caccia all'hacker. Missione compiuta, Jones ha vinto, l'Alabama non aveva un governatore democratico da decenni.

L'altra fonte è Bloomberg, che si è fidato delle affermazioni di Alliance for Securing Democracy. Si tratta di una congrega di russofobi guidata da personaggi come John Podesta (capo della campagna presidenziale di Hillary Clinton), Toomas Ilves (ex presidente dell'Estonia, prima ministro degli Esteri e prima ancora ambasciatore negli Usa), Bill Kristol (alto funzionario della Casa Bianca di George W. Bush nonché esponente di punta del Progetto per il Nuovo secolo americano che fece da piattaforma alla politica neocon), Mike Chertoff (ministro degli Interni con George W. Bush e uno degli estensori del famigerato Patriot Act), oltre a un mazzo di ex spie e agenti dei servizi americani. 
Roba forte, affidabile, disinteressata. Per fortuna ci sono stati studiosi francesi, loro sì veri e seri, che hanno rimandato al mittente la spazzatura.Solo che adesso mi è venuto un dubbio. A me i gilet gialli stanno pure un po' simpatici, che vorrà dire? Forse sono un troll di Putin e non me n'ero accorto.