Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Embrioni-chimera. Sbarrare la strada ai clonatori a tutti i costi

Embrioni-chimera. Sbarrare la strada ai clonatori a tutti i costi

di Roberto Colombo - 09/11/2006

Il caso inglese (embrioni-chimera) fa alzare la guardia

Fa clamore la notizia del progetto di produrre cellule staminali da embrioni clonati per trasferimento del nucleo di cellule somatiche umane in oociti bovini enucleati. La fusione del carioplasto umano con citoplasti di diversa origine animale è in cantiere già da qualche anno in alcuni laboratori, ma questo è il primo progetto, finalizzato all’ottenimento di staminali embrionali nuclearmente autologhe e citoplasmaticamente ibride per la terapia cellulare, ad essere sottoposto all’autorità di controllo di una nazione, nel caso quella britannica (HFEA). Il movente che spinge i fautori della impropriamente detta "clonazione terapeutica" a violare anche l’integrità della specie umana è chiaro: la "scarsa disponibilità di oociti umani" destinabili alla sperimentazione e l’accusa di "usare per scopi estranei alla loro vita" il corpo delle "donatrici di ovuli", non senza un rischio per la loro salute. Questo lo avevamo già sottolineato in più occasioni come un’ulteriore ragione etica contro la clonazione umana, se non bastassero quelle fondate sul rispetto della vita e della dignità della procreazione. Ma gli irriducibili "trapiantatori di nuclei" non si sono arresi neppure di fronte ad una tra le più "laiche", "moderne" e condivise argomentazioni contro la clonazione di embrioni umani: la tutela dei diritti delle donne, in particolar modo il rispetto del loro corpo.
E’ in atto il tentativo di passare attraverso un embrione subcellularmente ibrido – ragioni genetiche e citologiche hanno suggerito l’ibridizzazione nucleocitoplasmatica di tipo umano-bovino – per cercare di superare contemporaneamente due obiezioni ritenute decisive nel dibattito pubblico: la "strumentalizzazione della vita umana individuale" all’inizio del suo sviluppo e lo "sfruttamento delle donne". Mentre la seconda sembra messa a tacere, la prima è tutt’altro che risolta. Al di là di ogni discussione scientifica e filosofica sullo "status" biologico e ontologico dell’embrione così clonato (che, comunq ue, deve essere biologicamente distinto dagli embrioni chimerici ottenibili per iniezione di blastomeri o di cellule staminali di origine umana in morule e blastocisti animali provenienti da fecondazione in vitro), come potrebbe essere ritenuta lecita una manipolazione intenzionale del genoma umano che produce modificazioni permanenti delle caratteristiche dell’organismo vivente all’inizio del suo sviluppo embrionale, così da alterarne profondamente la natura? Basterebbe la sola probabilità di trovarsi di fronte ad un essere umano nei primi giorni di vita per giustificare il netto rifiuto di procedure che portino alla clonazione ed alla distruzione di embrioni ibridi in cui sia coinvolto il genoma umano.
Se nel Regno Unito, dove la ricerca distruttiva sugli embrioni umani – comunque ottenuti – è consentita nelle prime due settimane di vita, è possibile che dei ricercatori avanzino questa indecente proposta, non è così nella maggior parte degli altri Paesi, incluso il nostro. La legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita ha infatti escluso esplicitamente non solo la distruzione di embrioni umani per scopi sperimentali, ma anche la creazione di ibridi, chimere ed altri artefatti embriologici. La strada lasciata aperta per la terapia cellulare autologa è un’altra, e passa attraverso la ricerca sulle cellule staminali di origine tessutale, non embrionale. Il problema immunologico del rigetto può essere superato, nel pieno rispetto della vita umana di tutti, compreso chi è all’inizio della sua esistenza.