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Un rabbino Israelita invoca lo sterminio di tutti i maschi Palestinesi

di IMEMC & Agencies - 16/11/2006



Un rabbino che vive nella West Bank ha lanciato un appello al governo Israeliano perché si usino le truppe per ammazzare tutti i maschi Palestinesi con più di 13 anni, con la speranza di cancellare la presenza Palestinese dalla faccia della terra.

Questo estremista rabbino, Yousef Falay, che abita nell’insediamento di Yitzhar su un territorio illegalmente sottratto alla Palestina nella parte nord della West Bank, ha scritto un articolo, pubblicato da un settimanale Sionista, dal titolo “Percorsi di guerra”, in cui invoca lo sterminio di tutti i maschi Palestinesi che rifiutassero di abbandonare la loro terra, illustrando questa idea come un percorso pratico per assicurare la scomparsa definitiva della etnia Palestinese.

"Noi dobbiamo fornire sicurezze che nessun individuo Palestinese rimanga sotto la nostra occupazione. Se i Palestinesi se ne scappano, ben venga questo; ma se qualcuno di loro decide di rimanere, allora deve essere sterminato”, così si è espresso questo fanatico rabbino nel suo articolo.

Falay non è il primo ad invocare queste misure estreme.
Il rabbino Meir Kahane, fondatore del movimento Kach, dava indicazioni per “il trasferimento della popolazione Araba di Israele verso territori Arabi o altri paesi.” (Come viene riportato anche nel sito web del movimento).
Seguaci di Kahane sono stati messi in relazione con un certo numero di assassini di Palestinesi, in particolare nella zona di Hebron, nella parte meridionale della West Bank.
Nel più tristemente noto di tali attacchi, 29 Palestinesi, che erano in preghiera nella Moschea Ibrahimi in Hebron, venivano abbattuti a colpi d’arma da fuoco da Baruch Goldstein, un seguace di Kahane, nel 1994, sotto gli occhi dei soldati Israeliani, che hanno permesso a questo terrorista di ricaricare la sua mitragliatrice automatica e di continuare ad ammazzare dei civili innocenti.
In risposta a questo massacro, le autorità di Israele hanno punito le vittime Palestinesi prendendo il controllo della Moschea e trasformandone metà in sinagoga, dove i coloni Israeliani vanno a pregare ogni settimana. E ogni anno, per l’anniversario del massacro, i coloni Israeliani di Hebron si addobbano come Baruch Goldstein e sfilano per le strade di Hebron, sparando colpi in aria.

Il movimento Kach ammette il “trasferimento” di 750.000 Palestinesi avvenuto nel 1948 per consentire la nascita dello Stato di Israele su terra Palestinese, ma argomenta sul suo sito web che questo “trasferimento” è stato incompleto, e che tutti i Palestinesi devono essere cacciati via, o ammazzati, in modo che Israele rimanga uno “stato Ebraico”.
I suoi supporters ritengono che la posizione del rabbino Kahane nei confronti degli “Arabo-Israeliani” possa essere così riassunta: “In uno “Stato genuinamente Ebraico”, come può un Arabo essere un uguale, quando quello Stato ha un Giorno dell’Indipendenza che celebra la sconfitta degli Arabi? La sua bandiera non è quella della gente Araba. Non ci si può fidare che prestino servizio militare. I loro parenti, nati ad Haifa [sic] e fuggiti durante la Guerra di Indipendenza del 1948 non possono tornare…perfino gli Ebrei, che non hanno mai vissuto prima qui, non sono benvenuti e accolti a braccia aperte. Per farla breve, Israele è il paese dei loro nemici, non il loro paese. Allora, come può un Arabo sinceramente essere un leale cittadino in uno Stato Ebraico? Semplicemente, non lo può, e quindi se ne devono andare!”

L’ idea dello sterminio dei Palestinesi, o il loro “trasferimento” in altri paesi, non è un punto di vista solamente di estremisti ai margini della società. Anche uomini politici di primo piano in Israele hanno invocato per un “trasferimento”, o pulizia etnica, su basi razziali.
Proprio la settimana scorsa, l’11 settembre 2006, un membro del Parlamento Israeliano, Eitam, ha affermato in modo esplicito la necessità di trasferire i Palestinesi (comunque lui faceva riferimento a tutti gli “Arabi”) dalla West Bank (che indicava come “Giudea e Samaria”, i nomi biblici per la regione dove vive ora la maggior parte dei Palestinesi).
“Noi dobbiamo espellere tutti gli Arabi dalla Giudea e dalla Samaria”, così ha dichiarato ad una funzione commemorativa del ten. Amihai Merhavia, un soldato che era stato ucciso in luglio nel Sud del Libano. “Noi non possiamo trattare con tutti questi Arabi, e non possiamo rinunciare a questi territori, visto quello che loro effettivamente fanno qua. Ad alcuni di costoro potrebbe essere consentito di rimanere a determinate condizioni, ma la maggior parte se ne deve andare via.” Malgrado una legge che dovrebbe privare i membri del parlamento Israeliano della loro immunità ad essere perseguiti, se vengono riscontrati nel fare esplicite dichiarazioni razziste, a riguardo non è stata condotta alcuna inchiesta nei confronti di Eitam, e nessuna condanna per le sue dichiarazioni è stata emessa dal governo di Israele.

Lunedì, 18 settembre 2006, 13:29

traduzione di Curzio Bettio di Soccorso Popolare di Padova

(nota del traduttore: il rabbino è stato preso in parola dall’esercito di Israele, visto che, a tutt’oggi, 8 novembre 2006, più di 350 Palestinesi dei territori occupati sono stati ammazzati, e ieri notte è avvenuto un massacro per colpi di artiglieria di donne e bambini e di un’intere famiglia, 18 persone! Perfino il Ministro degli Esteri Italiano, Massimo D’Alema, si è scandalizzato apertamente in TV. [Massacro di palestinesi a Beit Hanoun e a Jenin. “Nelle strade si vedono pozze di sangue. Sono sparpagliati intorno brandelli di carne e dei sandaletti da bambino” ]( agenzia Reuters 8.11.06) L’ennesima mattanza provocata dall’esercito israeliano a Gaza non può rimanere senza conseguenze sul piano politico e diplomatico. Lo sviluppo drammatico degli eventi a Gaza e l’ingresso nel governo israeliano di un leader politico razzista e guerrafondaio come Avigdor Lieberman, rendano ormai del tutto inaccettabile qualsiasi politica di equidistanza (o equivicinanza) adottata da molti governi Occidentali. Per contro bisogna esigere:
- la revoca dell’accordo di cooperazione militare tra Italia e Israele stipulato dal governo Berlusconi, ma ancora vigente con il nuovo esecutivo;
- la revoca degli accordi economici-commerciali stipulati da diverse regioni italiane con istituzioni israeliane
- la revoca dell’embargo dell’Unione Europea, (a cui aderisce anche l’Italia), contro l’Autorità Nazionale Palestinese che, in una situazione umanitaria già drammatica, colpisce anche la sanità, l’istruzione e i salari dei palestinesi.)

IMEMC & Agencies
http://www.imemc.org/content/view/21527