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L'Iran ha diritto al nucleare civile

di Massimo Fini - 21/11/2006





Il ministro degli Esteri italiano, Massimo D'Alema, in rapida visita a Kabul, aveva appena finito di prospettare una Conferenza internazionale sull'Afghanistan e sull'Iraq che coinvolgesse anche l'Iran per cercare di risolvere due crisi in cui sono impegnate da anni consistenti truppe occidentali, che non hanno cavato un ragno dal buco ma anzi aggravato la situazione, che il presidente americano George W. Bush, ricevendo l'alleato israeliano Olmert, mandava tutto in fumo, dichiarando: «All'Iran abbiamo indicato la strada: la rinuncia all'arricchimento dell'uranio. Un Iran con le armi atomiche destabilizzerebbe il mondo. Se non cambierà strada dovremo lavorare insieme al suo isolamento, di cui quello economico è un aspetto». Parole inquietanti, soprattutto queste ultime, perché non escludono, anzi fanno balenare, l'opzione militare contro Teheran. Secondo Vincent Cannistraro, ex direttore dell'antiterrorismo della Cia, uomo evidentemente bene informato, il piano del presidente americano, già approntato in tutti i suoi aspetti, è quello di «bombardare a tappeto, a primavera, i siti nucleari e militari iraniani».

Cosa che del resto gli stessi media statunitensi hanno rivelato già da tempo. A fil di logica la posizione americana sulla questione iran iana è incomprensibile. L'arricchimento dell'uranio è un passaggio obbligato sia per arrivare al nucleare civile che a quello militare. Ciò che la comunità internazionale può e deve chiedere all'Iran , Paese che ha firmato il Trattato di non proliferazione nucleare, è di consentire le ispezioni Onu che garantiscano che la lavorazione per l'arricchimento dell'uranio sia propedeutica all'uso civile e non a quello militare. Ma proibire "tout court" a un Paese l'arricchimento dell'uranio, come pretendono gli Stati Uniti, significa impedirgli anche il nucleare civile. Ed è ovvio che Teheran consideri questo diktat inaccettabile.

Ma guardiamo la situazione anche da un altro punto di vista, mettendoci, per una volta, nella pelle altrui. L'Iran è circondato da potenze nucleari. La Russia, l'India, il Pakistan e Israele, che non ha firmato il Trattato di non proliferazione, non ha mai ammesso ufficialmente di possedere l'atomica ma che tutti sanno che ce l'ha (per quel che vale ho visto anch'io, per caso, gli impianti atomici israeliani nel deserto del Neghev, nel 1989, poco prima della Guerra del Golfo). Se quindi l'Iran , a dispetto delle sue smentite, volesse davvero dotarsi a sua volta dell'atomica non sarebbe privo di qualche ragione. Perché altri Stati di media potenza, come Pakistan e Israele, sì e l'Iran no? Senza contare che è proprio la dissennata politica americana a spingere i Paesi che non ce l'hanno a dotarsi dell'atomica come deterrente. Iraq e Afghanistan, privi di armi nucleari, sono stati invasi, occupati e devastati dall'aggressione americana, mentre con la Corea del Nord, che un paio di bombette nucleari le possiede, gli Stati Uniti si dimostrano molto più morbidi. In questa situazione persino il Giappone che per Costituzione non potrebbe possedere armi nucleari sta pensando di dotarsene. Ufficialmente per difendersi dalla Corea del Nord, probabilmente, se si conosce un po' l'animo profondo dei giapponesi, che non hanno mai dimenticato lo scempio di Hiroshima e Nagasaki, anche per dare un avvertimento all'"amico americano" diventato così aggressivo.

Le ragioni degli Usa sono quindi quelle della pura forza: io sono la massima potenza nucleare del mondo e non voglio che altri Paesi, che considero ostili, si dotino delle stesse armi. Anche quelle della forza sono ragioni, però sarebbe forse meglio che fossero esplicitate come tali piuttosto che farne una questione di diritto internazionale che non regge da qualsiasi parte la si guardi.

A mio avviso uno degli errori più gravi compiuti dagli Stati Uniti nell'ultimo quarto di secolo è stato di non accettare che l'Iran , caduto lo Scià, diventasse quella potenza regionale che ambisce legittimamente ad essere, per popolazione, storia e cultura. Un Paese che, prima di essere arabo, è persiano e col quale, se non ci si contrappone ideologicamente ("no perché è una teocrazia") ma pragmaticamente, non dovrebbe essere difficile dialogare. L'Iran , aggredito dall'Iraq nel 1980, nel 1985 stava vincendo la guerra, ma gli americani intervennero a difesa del dittatore di Baghdad, rimpinzandolo di armi e creando così il "mostro Saddam". Ciò provocò la prima Guerra del Golfo, ma Saddam fu lasciato ugualmente in piedi in funzione antiran iana (oltre che anticurda). E così si è arrivati alla Seconda guerra del Golfo con la devastazione totale di un Paese dove i terroristi internazionali trovano, in quella "terra di nessuno", armi, denaro, complicità, bersagli facili e praterie per le loro scorribande.

Un Iran forte, appagato nelle sue legittime ambizioni, tecnologicamente più evoluto anche grazie alla ricerca nucleare e quindi economicamente più solido e strutturalmente più simile ai Paesi occidentali, avrebbe tutto l'interesse a tagliare le unghie al terrorismo per non esserne a sua volta colpito. Invece gli si vuole addirittura impedire di farsi il nucleare civile, diversificando le sue fonti di energia, e sulla base di un'ipotesi, che voglia cioè dotarsi dell'atomica, si preparano folli piani per attaccarlo proprio con armi atomiche. Il che, oltre a rinnovare gli orrori di Hiroshima, farebbe saltare, sotto la pressione dell'indignazione popolare, anche i governi dei Paesi islamici che, con fatica, restano nostri alleati, dall'Egitto alla Giordania all'Arabia. E ci si chiede, con inquietudine, chi è che davvero sta destabilizzando il mondo.