Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / I fantasmi segreti di Jung

I fantasmi segreti di Jung

di Sonu Shamdsani - 30/11/2006

 
Una mattina di sabato del 1916, l’anno più feroce della Prima guerra mondiale, nella neutrale Svizzera, a Kusnacht, la casa dello psicologo Carl Jung venne invasa dai fantasmi dell’inconscio. «L’intera casa era piena come se ci fosse una folla, totalmente piena zeppa di spiriti. Erano ammassati fino alla porta e l’aria era così spessa che facevo fatica a respirare», raccontò lo stesso Jung all’allieva Aniela Jaffé in Ricordi sogni riflessioni (Bur, 1998). Dispettosi come Poltergeist, gli spiriti. Squillò il campanello, ma alla porta non c’era nessuno. Da alcuni anni, Jung stava percorrendo i confini tra il suo inconscio personale e quello che avrebbe chiamato inconscio collettivo; attraverso esercizi di «immaginazione attiva», una sorta di sogno lucido, evocava figure simboliche che gli facevano da guida nelle caverne e nei cieli nascosti della mente. La potenza degli archetipi era tale che Jung temeva di essere sopraffatto. Forse per mantenere il controllo sulle sue visioni - e sul suo equilibrio - il padre della psicologia analitica, fin dall’inizio, aveva messo i suoi viaggi interiori su carta, centinaia di pagine scritte e di disegni in stile Art déco, che gelosamente raccoglieva in una cartella di pelle rossa. È il Libro Rosso, il più discusso e favoleggiato tra gli inediti junghiani. Il grande psicologo cominciò a scriverlo nel 1914, dopo la rottura con Sigmund Freud. Le ultime pagine sono del 1930. Rimasto per anni nei cassetti degli eredi, ora il Libro Rosso sta per andare alle stampe all’interno delle «Philemon series», vasto progetto editoriale che ha per obiettivo la pubblicazione di tutta l’opera di Jung rimasta inedita. Il curatore del libro è lo storico della psicologia Sonu Shamdsani, indiano nato a Singapore e cresciuto in Inghilterra, che ha incontrato per la prima volta il pensiero di Jung negli ashram del nord dell’India ed è coordinatore delle «Philemon series». L’abbiano intervistato a Londra, dove vive. [INTERV]

Dottor Shamdasani, qual è l’importanza del «Libro Rosso» nell’opera di Jung?

«Credo che dopo la pubblicazione del Libro Rosso non si potrà più leggere Jung allo stesso modo. È la sua opera più letteraria, che in forma narrativa anticipa i grandi temi dei suoi libri scientifici: l’inconscio collettivo, gli archetipi, il Sé, l’ombra, la questione del male, l’individuazione. Qui le relazioni pericolose con le profondità della psiche non sono mediate dall’erudizione e dal ragionamento, ma è materia nuda, che brucia. Lo stesso Jung la definì un’esperienza primordiale. Per renderla, qui utilizza gli strumenti dell’artista più che quelli dello studioso. Con un parallelo, si potrebbe dire che il Libro Rosso è per Jung l’equivalente di Così parlò Zarathustra nell’opera di Nietzsche».

Molti studiosi sostengono che in quegli anni Jung soffriva di un forte esaurimento nervoso. È esatto?

«Jung, in quel periodo, non smise mai l’attività terapeutica, viaggiò e scrisse molto. Non mi sembra la condizione di un individuo piegato dalla depressione o da un esaurimento. In realtà, era in una fase di riflessione e di sviluppo spirituale. E di confronto con il suo inconscio, certo. L’impresa gli prendeva molte energie. Ma la scrittura del Libro Rosso è lucida e ordinata».

Quali sono i tempi di uscita del libro? E la sua struttura?

«Il libro è pronto. Dovrebbe uscire in tedesco e inglese nel 2007. L’editore inglese sarà W. W. Norton. Poco dopo verranno le traduzioni in altre lingue. Saranno 500 pagine circa, di cui un centinaio di disegni, quasi tutti inediti. La prima parte del libro è caratterizzata da esperienze di immaginazione attiva, che diventeranno poi comuni nella pratica terapeutica. Nella seconda metà del libro, Jung prova a interpretare queste sue visioni. Intesse lunghi dialoghi con una decina di personaggi-archetipi cui dà le sembianze di figure provenienti da diverse tradizioni letterarie, filosofiche e religiose. Il più importante è Filemone, personaggio delle Metamorfosi di Ovidio, che divenne per lui un vero guru, anche se incorporeo. Poi ci sono Salomé, la giovane Aligia. L’unica parte finora edita del Libro Rosso è la cosmologia dei Sette Sermoni per i morti, narrata in prima persona dal filosofo gnostico Basilide».

Jung in seguito si pentì della pubblicazione dei «Sette Sermoni». Aveva intenzione di pubblicare il «Libro Rosso»?

«Dalla corrispondenza appare con chiarezza che Jung ne aveva più volte progettato la pubblicazione, ma poi era stato preso da altri libri e ricerche. Del resto, ci sono molti scritti importanti di Jung ancora inediti. La quantità degli inediti supera quella dell’opera pubblicata. Quando sarà integralmente a disposizione del pubblico e degli studiosi ritengo che non cambierà solo la conoscenza del pensiero scientifico di Jung, ma anche la pratica terapeutica che si ispira al grande psicologo svizzero».


Il «Libro Rosso» inizia con una contrapposizione tra lo «spirito dei tempi» e lo «spirito che regna sulle profondità». Prosegue con visioni apocalittiche, inondazioni, cadute di massi dal cielo, fiumi di sangue. Quest’ultima visione è del 1913, qualcuno vi ha visto una premonizione della Grande guerra. Che ne pensa?

«Jung sceglie consapevolmente lo spirito delle profondità rispetto allo spirito dei tempi, anche se non riesce subito a comprendere il primo. Ovviamente, non è possibile dire se le visioni di Jung avessero carattere di preveggenza. Personalmente credo di sì».

L’immaginazione attiva assomiglia ad alcuni procedimenti per viaggi astrali messi a punto da società occultiste come la Golden Dawn. Ci sono dei contatti?

«Jung è stato accusato più volte di aver fondato un culto per iniziati. Con prove assolutamente inconsistenti, come è stato dimostrato in ogni occasione. Jung era uno scienziato, un investigatore della conoscenza, e si serviva di strumenti disparati. Viaggiava in una “terra incognita”. Mise più volte in guardia sui pericoli dell’identificazione con le forze dell’inconscio e con gli aspetti divini dell’uomo. Che era l’obiettivo di molte società esoteriche. Lo stesso Nietzsche, secondo Jung, si era identificato con il suo Zarathustra. Quanto alle leggende su testi segreti custoditi gelosamente dalla famiglia, sono dovuti più alla pigrizia dei ricercatori che a misteri reali».