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L´Europa deve fare i conti con lambiguità di Erdogan

di Franco Cardini - 30/11/2006

 


«L´Unione Europea deve fare i conti senza radicalizzare la propria posizione con l´inevitabile ambiguità del comportamento della leadership turca. Nel momento in cui l´islamico primo ministro Erdogan apre alla massima figura della Cristianità, il Papa tedesco Benedetto XVI, pagando dei prezzi rispetto alla componente più radicale della sua opinione pubblica, al tempo stesso deve battere sul tasto nazionalista per recuperare il consenso, di qui l´irrigidimento sulla questione di Cipro». A sostenerlo è il professor Fausto Cardini, tra i più autorevoli storici italiani e studioso delle religioni. «Erdogan - riflette Cardini - potrà anche essere il primo ministro che porterà la Turchia in Europa ma se così sarà, questa impresa segnerà anche la sua fine politica, perchè l´opinione pubblica troverà in lui il politico contro cui sfogarsi rispetto ai problemi, non solo identitari, che questa integrazione inevitabilmente comporterà. È un po´ quello che è avvenuto per il cancelliere Kohl, il grande artefice dell´unificazione delle due Germanie che non sopravvisse politicamente a quella unità conquistata».

Nel vivo della storica visita di Benedetto XVI in Turchia, l´Unione Europea frena sui negoziati per l´ingresso di Ankara nella Ue. C´è più apertura nel Papa che nei leader europei?
«Direi che i leader europei fanno più fatica a fare i conti con le inevitabili ambiguità insita nella politica di Erdogan. Sollecitando il viaggio del Papa, l´islamico primo ministro turco sapeva di giocare col fuoco...»

Su cosa basa questa valutazione?
«La Turchia ha bisogno di lanciare dei messaggi rassicuranti all´Europa. Dico all´Europa e non all´Occidente, perchè negli ultimi tempi i rapporti tra Ankara e Washington si sono in qualche misura incrinati a seguito dei disastri provocati dagli americani con la sciagurata guerra in Iraq e ancor più nella gestione, ancor più sciagurata, del dopoguerra. Per evitare l´implosione del Paese, o la sua consegna ai gruppi jihadisti, Bush deve adombrare una divisione etno-religiosa dello Stato iracheno. Ma questa spartizione, che porterà anche alla costituzione del Kurdistan iracheno, non viene vista di buon occhio dalla Turchia che teme un effetto contagio rispetto alla comunità curda che vive oggi entro i confini statuali turchi...»

Da qui l´interesse di Erdogan ad un più stretto rapporto con l´Europa...
«Attenzione però: Erdogan non può nemmeno spingere troppo in questa direzione, perchè il premier non può non tener conto della crescita nel Paese di una corrente fondamentalista. Un fondamentalismo "alla turca": nel senso che in Turchia, come peraltro in Iran, i fondamentalisti si possono permettere di essere anche nazionalisti. Cosa che non avviene nel resto del mondo arabo e musulmano dove i fondamentalisti lottano contro gli Stati nazionali. In Turchia il "fondamentalismo nazionalista" erode le basi stesse dei partiti tradizionalmente kemalisti, laici, e anche le basi dei partiti "fondamentalisti moderati". Questo fa sì che l´attuale governo turco è costretto, come dire, a dare un colpo al "cerchio" e uno "alla botte"...»

Fuor di metafora?
«Erdogan ha bisogno di entrare in Europa e per questo deve abbassare un sacco di guardie, principalmente la guardia musulmana e quella nazionalista che sono esattamente i suoi due punti deboli. E così ecco che tutte le volte che il governo turco fa un passo avanti nella via dell´intesa dell´Europa - e indirettamente anche il viaggio del Papa serve a questo - poi ne deve fare immediatamente mezzo indietro per recuperare in parte lo svantaggio che gli si è accumulato perchè tutte le volte che fa un "avance" filo-europea o "filo-cristiana", i fondamentalisti-nazionalisti partono all´attacco e gli erodono una parte del consenso popolare. Ecco allora che Erdogan e i suoi accolgono trionfalmente il Papa e al tempo stesso s´induriscono su Cipro e questo rappresenta uno "schiaffo" con l´Europa. E l´Europa non reagisce porgendo l´altra guancia. S´irrigidisce anch´essa. È comprensibile, ma attenzione a non scavare il terreno sotto i piedi di Erdogan. La sua "ambiguità" è forse il "male minore" per evitare un arroccamento fondamentalista della Turchia».