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La nuova teoria del domino

di Robert B. Reich - 01/12/2006

 

La scarsa fiducia del Congresso va oltre il Vietnam, ad altre zone dove il capitalismo globale è in espansione. Per gli Usa ci sono accordi di scambio a rischio con parecchi paesi. Non c'è da aspettarsi che il nuovo Congresso possa guardarvi con più favore. Che si tratti o meno di una rinnovata paura dello straniero, gli Usa sembrano oggi una nazione che si ritira su se stessa

Il Presidente Bush è andato ad Hanoi per delle discussioni su problemi economici regionali. Gli sarebbe convenuto discutere con franchezza le paure dell'America a proposito dei “domino” del capitalismo asiatico. Forse vi ricordate la vecchia teoria del domino del comunismo asiatico. Quarant'anni fa, i decisori politici americani coltivavano l'idea che il grosso domino del comunismo sovietico fosse caduto sulla Cina, e quello del comunismo cinese avesse abbattuto il Nord Vietnam. A meno che gli Stati Uniti non sostenessero il Sud Vietnam, si presumeva, tutta l'Indo-Cina sarebbe diventata comunista.

Decine di migliaia di americani morirono in quella guerra, prima che l'America se ne tirasse fuori, lasciando che i pezzi del domino cadessero dove capitava. Ma poi successe una strana cosa. Scomparve il comunismo sovietico. La Cina diventò la nazione capitalista in più rapida crescita del mondo. E il Vietnam uno dei più vivaci mercati del Sud-Est asiatico.

Il vero domino si rivelò essere non il comunismo, ma il capitalismo.

E pure questo domino capitalista sembra essere minaccioso per l'America, oggi, quanto quello comunista lo era quarant'anni fa. Questa settimana, i leaders Repubblicani alla Camera hanno proposto un provvedimento che avrebbe dato al Vietnam rapporti commerciali correnti normali con gli Stati Uniti. Non ritenevano di poter raccogliere i voti necessari ad approvarlo.

Quando si dice spararsi sui piedi. All'inizio dell'anno, nel quadro del suo ingresso all'interno della World Trade Organization, il Vietnam ridurrà le tariffe sui prodotti stranieri, e aprirà agli investimenti dall'estero i settori delle telecomunicazioni e dei servizi finanziari. Ma così come stanno le cose, l'America non trarrà alcun vantaggio da queste misure, perché il Congresso non avrà normalizzato i rapporti di scambio col Vietnam.

Perché no? Alcuni esponenti della destra considerano ancora il Vietnam una minaccia. Un rappresentante repubblicano ha dichiarato che l'America non dovrebbe commerciare coi suoi “nemici mortali”. Altri repubblicani dagli stati con produzioni tessili non vogliono stoffe a basso costo dal Vietnam. Una maggioranza di deputati democratici alla Camera pensa che le leggi sul lavoro in Vietnam siano inadeguate.

Forse il Vietnam potrebbe fare di più, per convincere l'America di non essere più una minaccia. Forse la sua organizzazione del lavoro potrebbe essere migliorata. Ma c'è motivo di sospettare che ci sia qualcosa di più in ballo, che un voto contro un paese ex comunista.

La scarsa fiducia del Congresso va oltre il Vietnam, ad altre zone dove il capitalismo globale è in espansione. Ci sono accordi di scambio pendenti con parecchi paesi poveri dell'Africa, Asia, e America Latina pure a rischio. Non c'è da aspettarsi che il nuovo Congresso possa guardare a questi accordi con più favore. Molti dei membri eletti hanno fatto esplicitamente e sonoramente la propria campagna contro il libero scambio.

Se si tratti di una rinnovata paura dello straniero, o che ci faccia perdere il lavoro, questa nazione sembra comunque ritirarsi su sé stessa. É triste per noi, come per altri milioni di persone in tutto il mondo, che l'America possa essere sull'orlo di una nuova guerra fredda: e il nemico stavolta non è il comunismo, ma il capitalismo globale.

Robert B. Reich è docente di politica economica e sociale alla Brandeis University di Boston. Ha lavorato in tre amministrazioni nazionali, l’esperienza più recente è stata quella di Ministro del Lavoro del governo di Clinton. Tra i suoi dieci libri, tradotti in molte lingue, il best-seller è L’infelicità del successo, pubblicato dopo le sue dimissioni da Ministro. I suoi articoli sono apparsi in The New Yorker, Atlantic Monthly, New York Times, Washington Post, Wall Street Journal. Reich è co-fondatore e national editor della rivista The American Prospect.



Fonte: Megachip – Democrazia nella comunicazione
Fonte originaria: The American Prospect
Traduzione a cura di Fabrizio Bottini per Megachip