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Vandana Shiva e la crisi dell'agricoltura monocolturale e industriale indiana

di Vandana Shiva - 04/12/2006



 

"Per contribuire alla soluzione della crisi alimentare l’agricoltura biologica deve rispettare criteri di biodiversità e gestione ecologica"


L’agricoltura indiana sta attraversando una profonda crisi umana ed ecologica. Due espressioni evidenti della crisi umana sono il fenomeno dei suicidi tra i contadini e l’aumento dei problemi di fame e della malnutrizione. La crisi agricola che spinge tanti contadini al suicidio dipende dai debiti, che a loro volta dipendono dalla coincidenza di due fattori: l’aumento dei costi di sistemi di produzione non sostenibili e inadeguati al territorio e il crollo dei prodotti agricoli dovuto a politiche di mercato inique e ingiuste. La non-sostenibilità economica ed ecologica della produzione agricola si articola su tre fondamentali elementi. In primo luogo l’uso di sementi costone e non rinnovabili, che non possono essere messe da parte e utilizzate per la semina successiva e determinano quindi una nuova voce di spesa per i contadini. Questi semi inoltre sono poco sperimentati e inaffidabili, avendo avuto accesso al mercato solo con sistemi di autocertificazione. Alle sementi si aggiunge il problema degli additivi chimici, che comportano ulteriori spese per gli agricoltori e lasciano il suolo in condizioni più povere e fragili, rendendo più vulnerabili anche i raccolti. Infine, la tendenza a destinare i campi a monocolture è un altro fattore di rischio, in quanto crea una maggiore esposizione delle piantagioni ai parassiti, alle malattie e alle conseguenze dei cambiamenti climatici.

Mentre i contadini continuano a morire a causa dei debiti, i poveri vengono privati del loro diritto al cibo. In India, il 30% della popolazione agricola nel 1989 aveva un consumo medio di 1.820 chilocalorie al giorno. Nel 1998, la cifra si era abbassata a 1.600 chilocalorie. Nel 1999 e 2000, il 77% risultava al di sotto delle 2.400 chilocalorie quotidiane, stabilite come soglia di povertà alimentare. Oggi un terzo dei babini affamati di tutto il mondo vivono, e muoiono, in India. Anche i bambini che vivono nelle zono urbanizzate soffrono di gravi problemi di malnutrizione, come diabete o obesità. In tutto il mondo un miliardo di persone hanno problemi di malnutrizione dovuti alla carenza di cibo, due miliardi di persone hanno invece problemi di malnutrizione dovuti alla cattive caratteristiche nutrizionali di alcuni prodotti del sistema alimentare industrializzato, il cosiddetto “junk food”. L’agricoltura biologica è una risposta ai problemi creati dall’attuale crisi agricola. Riduce i costi di produzione, in quanto elimina le spese per gli additivi chimici, e libera i contadini dalla trappola del debito. Grazie alla rete del commercio equo, dei mercati locali, della vendita diretta, dei circuiti di distribuzione più corti e di tutti i meccanismi di mercato che riescono ad avvicinare il produttore al consumatore, riesce ad aumentare le entrate dei contadini senza alzare i costi per il cliente, in quanto ad essere eliminati sono i grandi profitti dei colossi dell’agrobusiness.

Tuttavia, affinché l’agricoltura biologica possa effettivamente contribuire alla soluzione della crisi alimentare e dei suoi problemi, dai suicidi dei contadini all’avvelenamento delle risorse naturali, è necessario che questa rispetti criteri di biodiversità e di gestione ecologica. L’agricoltura biologica non può essere solo un nuovo settore del mercato internazionale, da trattare secondo le stesse logice delle monocolture con cui si opera nell’agricoltura industriale. Come abbiamo spiegato in un rapporto dal titolo Biodiversity based organic farming: a new paradigm for food security and food safety, l’agricoltura biologica basata sulla differenziazione delle specie coltivate riesce a garantire al tempo stesso la produzione di maggiori quantità di cibo, migliore qualità nutritiva e guadagni più elevati per i contadini.

Un ulteriore vantaggio dell’agricoltura biologica, tutt’altro che trascurabile, riguarda il riscaldamento globale: un sistema agricolo che elimini il trasporto di additivi chimici e sementi e riduca gli spostamenti anche per i prodotti agricoli, permette notevoli riduzioni nei consumi di combustibili fossili e nelle emissioni di gas serra. Per questo, in India come altrove, l’agricoltura biologica è diventata un imperativo umano ed ecologico del nostro tempo. Come politici o semplici cittadini, dobbiamo tutti impegnarci per sconfiggere il paradigma di inerzia e passività imposto dal mercato dell’agricoltura industrializzata. I suicidi dei contadini e i cambiamenti climatici sono segnali evidenti della necessità di seguire un nuovo paradigma per quanto riguarda produzione e consumi agricoli. L’agricoltura biologica basata sulla biodiversità ci offre questo paradigma.