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Pannelli solari e pale eoliche sfida impossibile al petrolio?

di Maurizio Ricci - 10/11/2005

Fonte: Repubblica.it


 
"Poi, se vuole, può anche fare un affare" dice l'architetto, strizzando l'
occhio. Viene fuori che, se metto un quadrato, quattro metri per lato, di
pannelli solari su in terrazza, posso recuperare un mucchio di soldi
dall'Enel. Funziona così. Diciamo che, a casa mia, mediamente, si consumano
3 mila chilowattora l'anno. I miei 16 metri quadri di pannelli ne producono
2.600. Perchè sto nell Italia centrale. A Milano sarebbero solo 2.200, a
Trapani 3.200: il sole, si sa, non è uguale per tutti. Il punto chiave,
comunque, è che questi chilowattora l'Enel me li ricompra, per i prossimi
vent'anni, ad una tariffa di favore: quasi 45 centesimi di euro l'uno, tre
volte il loro costo norniale. Me li ricompra, spiega Leonardo Berlen della
Società internazionale per l'energia solare, sia che io me li sia consumati
in casa, sia che li abbia ceduti alla rete nazionale, perchè ero fuori e l'
energia prodotta dai pannelli avanzava. A 45 centesimi l'uno, i miei 2.600
chilowattora mi valgono 1.157 euro l'anno. In più, visto che quelli
consumati non ho dovuto pagarli all'Enel, risparmio altri 416 euro. Totale:
1.573 euro l'anno.

 Naturalmente, il sole è gratis, ma i pannelli no. Mi costano (Iva compresa)
15.400 euro. In altre parole, in meno di dieci anni mi rifaccio del costo
dell'investimento. E, visto che i pannelli durano 20-30 anni, almeno per
altri dieci anni c'è un guadagno secco di altri 15 mila euro.

 E' ben vero che io i 10.400 euro per comprare i pannelli debbo tirarli
fuori subito e, insomma, bisogna che ci pensi bene. Tuttavia, il "conto
energia", come si chiama questo sistema, è operativo da fine settembre e, in
dieci giorni, le domande di privati cittadini per usufruirne erano già oltre
3 mila. All'estero, sistemi analoghi hanno creato un mini boom. L'anno
scorso, in Germania (che, fra solare, eolico e biocarburanti, negli ultimi
anni si è affermata come la grande corazzata mondiale delle energie
rinnovabili) la capacità solare installata e aumentata del l40 per cento. Il
Giappone segue a ruota. La Deutsche Bank prevede che le installazioni
aumentino nel mondo al ritmo del 30 per cento l'anno. Il solare è già oggi
un mercato da 7 miliardi di dollari l'anno e le case dove la corrente la
porta il sole sono, nel mondo, 700 mila, grazie ad una potenza installata di
2.400 megawatt. Dal punto di vista dell'energia pulita e della lotta all'
effetto serra, sono tutte grandi notizie. Ma se l'idea è quella di guardarsi
intorno, alla ricerca di una risposta alla crisi creata dai prezzi del
petrolio alle stelle, il trionfo del solare è come i muscoli dei culturisti:
pompato dagli anabolizzanti.

 In questo caso, i sussidi: il boom del solare ne è prigioniero.
Paradossalmente, se gli incentivi avessero un successo travolgente,
bisognerebbe sospenderli al più presto: nessun paese può permettersi di
pagare quote importanti di elettricità tre volte il suo costo normale.

 E' frustrante. I tecnici hanno trasportato su scala mondiale il calcolo
della mia terrazza. Basterebbe un quadrato a pannelli di 463 chilometri di
lato, piazzato nel Sahara (sembra tanto, ma è il 2 percento della sua
superficie) per fornire energia a tutto il mondo. In più, siamo anche
particolarmente bravi: in natura, le piante riescono a trasformare in
energia l'1-3 per cento della luce solare. Noi siamo al 15-18 per cento. Ma
ci costa molto: un chilowattora di energia solare costa cinque dieci volte
di più delle altre fonti. Colpa dei pannelli al silicone (lo stesso dei chip
dei computer). La tecnologia sta marciando in fretta: poche settimane fa, in
California, hanno brevettato pannelli fatti di comune plastica, che
costerebbero dieci volte di meno di quelli al silicone. Ma, fino a che
queste nuove scoperte non saranno in commercio, il solare resta,
soprattutto, una grande promessa. Il boom di questi anni è, sostanzialmente,
una eruzione in un bicchier d'acqua. Tutta la potenza solare installata nel
mondo non arriva ai 2.600 megawatt della sola centrale a carbone dell'Enel a
Civitavecchia. E, quando i profeti del solare spiegano i loro sogni, si
scopre che alle tecnologie attuali il traguardo è soddisfare, nel 2020, l'
1,1 percento della domanda globale di energia.

 Tutto quello che è (ancora) vero per il sole, non lo è più, però, per il
vento. Come il sole, neanche il vento (pensare, per credere, alla pianura
padana) è uguale per tutti. In media, però, nel mondo ne tira abbastanza da
soddisfare una domanda di energia doppia rispetto all'attuale. La tecnologia
è già buona così e il suo costo è competitivo con le altre fonti. La potenza
installata nel mondo è ormai a 50mila megawatt (25 volte Civitavecchia),
sufficiente a dare elettricità a quasi 20 milioni di famiglie con un tenore
di vita europeo, 50 milioni di persone. Colossi come la GeneraI Electric si
sono affrettati ad investirci 2 miliardi di dollari, il giro d'affari
mondiale ha superato gli 80 miliardi. Nella piccola Danimarca, il 20 per
cento dell'energia nazionale viene già dal vento, nella grande Germania
siamo al 6 per cento. L'Italia ha appena superato il tetto dei mille
megawatt installati: un sedicesimo della potenza tedesca, due terzi di
quella esistente nella sola Castiglia. La Spagna, infatti, è a livello
tedesco: 6 per cento. Quanto basta per fare del vento una voce di tutto
rispetto nel libro fornitori dell'energia. Ma il problema dell'energia
eolica non sono nè la tecnologia, nè i costi.

 Immaginate di aggirarvi nella campagna di Brunsbuettel, alla foce
dell'Elba, e di imbattervi in una gigantesca torre, alta 120 metri, con una
enorme elica, fatta di tre pale di oltre 60 metri l'una. E' l'ultima nata
della Repower, uno dei big dell'industria eolica tedesca.

 Nell'ingegneria del vento, infatti, grande è bello. Una turbina funziona
bene con un vento di circa 8 metri al secondo e bisogna andare in alto
almeno 60 metri per averlo abbastanza costante. Piu in alto si va, meglio è:
il gigante della Repower è alto come un grattacielo di 30 piani. Il panorama
della campagna non ne guadagna, ma, d'altra parte, neanche una centrale
elettrica tradizionale e particolarmente pittoresca. Il ventolone Repower,
però, è solo un assaggio. Vale, infatti, circa 5 megawatt. Ce ne vorrebbero
200 per eguagliare la potenza di una centrale tradizionale.

 Il tetto dell'eolico sta nella sua invasività. Ma è storicamente raro che l
'estetica fermi l'economia. Le carte del vento sono riassunte in una tabella
(pubblicata a lato) preparata, qualche tempo fa, dal ministero
dell'Industria britannico. Se ne ricava che a tecnologie invariate - nel
2020 1'energia ottenuta dal vento costerà meno di quella proveniente non
solo dal carbone, ma anche dal nucleare e dal gas(e,all'epoca della tabella,
il gas costava la metà di oggi), compreso il caso di turbine erette in mezzo
al mare, dove andranno, probabilmente, a finire colossi come quello della
Repower. Ai ventoloni, insomma, bisognerà abituarsi. Anche se non saranno
onnipresenti. I profeti del vento sono più baldanzosi di quelli del sole, ma
l'obiettivo che si prefissano è il 12 per cento dell'energia globale nei
prossimi quindici anni.

  "L attuale percorso dell'energia mondiale, fondato sul petrolio, è
insostenibile" - ammette Noè Van Hulst, il dirigente che si occupa per l'
Iea, l'organizzazione per l'energia dei paesi sviluppati, delle fonti
alternative - "ma la verità è che non esiste, per sostituire il petrolio,
una silver bullet" la pallottola d'argento, infallibile e definitiva. Nè il
vento, nè il sole, nè i biocarburanti, nè il carbone pulito, neppure il
nucleare - che, da più parti, nonostante le preoccupazioni per la sicurezza,
si riprende a proporre con insistenza - rappresentano la ricetta miracolosa
che può farci uscire dal mondo del petrolio. Come nel caso dell'auto ibrida,
benzina-elettricità, il futuro prevedibile sembra appartenere ad un mix di
soluzioni, flessibile a seconda delle caratteristiche dei singoli paesi, ma
che contiene ancora una quota di combustibili fossili: anche vento e sole,
per loro natura intermittenti, hanno bisogno di essere collegati a fonti
tradizionali, che assicurino la stabilità della fornitura di energia. E
allora? Anzitutto, risparmiare, dicono all'unisono voci abitualmente lontane
come i verdi e l'Iea. "Case e auto concepite per consumare meno energia"
dice Van Hulst: "In questo modo possiamo arrivare a ridurre anche del 60 per
cento la domanda di energia".