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Somalia, a volte ritornano. Quarto giorno di raid aerei Usa nel sud, nuovi scontri a Mogadiscio

di Matteo Fagotto - 10/01/2007

E’ cominciato il quarto giorno di raid statunitensi in Somalia. I bombardieri americani C-130 si sono alzati anche stamane dalla base di Gibuti per colpire obiettivi nel sud del Paese, a caccia dei due militanti di al-Qaeda ritenuti responsabili degli attacchi terroristici alle ambasciate Usa in Kenya e Tanzania, nel 1998. Il terzo, il comoriano Fazul Abdullah Mohammed, sarebbe stato ucciso ieri, secondo quanto riferito da fonti del Pentagono.
 
Un bombardiere C-130Bombardamenti. “Posso confermare che i raid stanno continuando anche stamane – riferisce a PeaceReporter il giornalista somalo Sahal Abdulle – ma per il momento non si hanno notizie di vittime”. Secondo alcuni testimoni, le forze aeree statunitensi starebbero bombardando nei pressi dei centri di Badade e Afmadow, anche se il governo somalo ha categoricamente smentito la continuazione degli attacchi. “Le Forze Armate americane stanno operando in collaborazione con l’esercito somalo - rivela a PeaceReporter il giornalista somalo Abukar Albadri – tanto che da Washington sarebbe partita la richiesta ai somalo-etiopi di non lasciar sfuggire nessuno dalle zone ancora controllate dalle milizie islamiche nel sud”. Parallelamente agli attacchi aerei, infatti, nei giorni scorsi sono continuati gli scontri tra i somalo-etiopi e i miliziani islamici, asserragliati nelle zone boscose del sud della Somalia. “Gli scontri al momento sono cessati, ma potrebbero riprendere da un momento all’altro” conferma Albadri.
 
Mogadiscio. I bombardamenti prolungati, basati secondo l’amministrazione Usa su “prove credibili di intelligence”, aprono un nuovo capitolo nel conflitto somalo. “A Mogadiscio nessuno lo amette pubblicamente, ma la gente non vede di buon occhio il ritorno degli americani – continua Albadri – e soprattutto non accetta l’uccisione di civili inermi per dare la caccia a tre sospetti terroristi”.
Ieri, intanto, alcuni miliziani islamici hanno attaccato a colpi di granate il K4, l’edificio sede delle truppe etiopi a Mogadiscio, uccidendo un soldato governativo e ferendo altre due persone. “Stamane un colpo di bazooka è esploso a mezzo km da casa mia – rivela Abdulle – uccidendo un civile. Ora la situazione è più calma ma sempre molto tesa. La gente per le strade si affretta per andare al lavoro, nessuno parla. I negozi vicino a casa mia sono tutti chiusi, sembra di essere tornati indietro nel tempo, quando i signori della guerra controllavano la città”.
 
Soldati somali pattugliano le strade attorno al palazzo presidenziale di MogadiscioDiplomazia. “Per il momento, gli attentati mirano a far vedere che le Corti sono ancora presenti in città – continua Abdulle – ma non è escluso che possano intensificarsi in futuro anche in conseguenza dell'intervento americano. Dopotutto la popolazione è cosciente del fatto che, durante la battaglia con le Corti, le forze Usa hanno sostenuto gli etiopi a livello di intelligence. Anche ora elicotteri americani continuano a pattugliare la capitale e a scattare foto”.
I raid hanno suscitato la reazione dell’Unione Europea e dell’Italia in primis, che ha condannato l’iniziativa unilaterale di Washington. Sulla stessa linea il nuovo Segretario Generale dell’Onu Ban Ki-moon, secondo cui l’intervento potrebbe provocare una nuova escalation nel conflitto. Gli Usa hanno risposto ribadendo il loro diritto a dare la caccia a chiunque costituisca una minaccia per la loro sicurezza. Oggi il Consiglio di Sicurezza dovrebbe discutere nuovamente l’invio di una forza di pace in Somalia. “Non sarà facile dispiegarla – conclude Abdulle – prima è necessario avviare un processo politico interno che non vedo. Finché il governo si rifiuterà di accettare che le Corti esistono ancora e di trattare con loro, sarà impossibile stabilizzare il Paese”.