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Bush è un pericolo per l'umanità

di Paolo Emiliani - 13/01/2007




C’era una volta un mondo violento e primitivo, almeno così viene oggi descritto nei libri di storia, nel quale l’unica legge esistente era quella del più forte.
Chi, con la forza delle armi, occupava un territorio poteva disporne come voleva. Poteva imporre la sua religione, vessare il popolo indigeno con tasse e gabelle a suo piacimento, torturare ed uccidere chi osava ribellarsi.
Anche in quei tempi antichi, però, venivano universalmente accettate da tutti regole non scritte, e tanto meno sancite da conferenze internazionali, che dividevano la civiltà dalla più assoluta barbarie.
Una guerra, per esempio, veniva sempre dichiarata prima di iniziare le ostilità militari che appunto dovevano coinvolgere solo gli eserciti e non le popolazioni civili. Gli ambasciatori venivano rispettati sempre e comunque ed erano sacri ed intoccabili quando andavano a parlamentare nel campo nemico.
Nel corso dei secoli queste regole sono state codificate ed è stato anche vietato l’uso di armi particolarmente devastanti (allora erano i gas), condannato l’uso della tortura e stabiliti diritti per i militari nemici catturati.
Osservando però il comportamento Usa negli ultimi decenni con la mente liberata dalla propaganda yankee, scopriamo che le lancette dell’orologio della storia sono tornate indietro di molti secoli, raggiungendo forse una barbarie mai conosciuta dall’umanità.
Gli americani già dal secondo conflitto mondiale attuano deliberati bombardamenti delle popolazioni civili con il solo scopo di terrorizzarle.
Nel 1945 sganciarono due ordigni nucleari sul Giappone e fino ad oggi hanno continuato ad utilizzare armi di distruzione di massa solo formalmente definibili “convenzionali”.
Le guerre già da qualche tempo gli americani non le dichiarano più, combattendole dietro nomi di fantasia come “missione umanitaria” o “operazione di polizia internazionale”. Dal 1945 sono usi far processare i nemici da tribunali fantoccio che pronunciano sentenze di morte a comando, da Norimberga all’assassinio di Saddam Hussein la
storia è la stessa.
Hanno organizzato prigioni più o meno segrete dove tengono sequestrati i loro nemici senza alcun processo e dove viene esercitata la tortura secondo protocolli stabiliti addirittura dal Pentagono. Le loro “agenzie di intelligence” (la Cia è solo la più famosa ma non certo l’unica) operano in tutto il mondo con assassinii mirati di
oppositori, sequestri ed altre attività illegali. I territori da loro conquistati sono soggetti allo spoglio
totale delle risorse: il metodo “moderno” è quello della privatizzazione a favore di società multinazionali a stelle e strisce, ma la sostanza non cambia.
Finora l’ultimo e forse unico caposaldo di civiltà rimaneva il rispetto delle sedi consolari straniere. In verità durante la guerra contro la Serbia bombardarono deliberatamente l’ambasciata della Cina, ma poi “si scusarono” definendolo un errore di mira.
Ieri l’altro anche quell’ultimo brandello di civiltà è stato stracciato. Le forze di invasione americane in Iraq hanno violato la sede del consolato iraniano di Irbil, capoluogo della provincia autonoma del Kurdistan iracheno.
Ahmed al Zawiti, corrispondente dell’emittente araba Al Jazeera, in collegamento telefonico, ha raccontato che forze speciali americane appoggiate da elicotteri, poco dopo mezzanotte, hanno fatto irruzione nei locali diplomatici e testimoni oculari hanno confermato che i soldati Usa hanno portato via cinque impiegati del consolato e sequestrato documenti.
Questo è un fatto senza precedenti e di una gravità assoluta che mostra ancora una volta l’arroganza di chi vuole diventare il padrone del pianeta e che forse sta cercando in ogni modo una reazione iraniana che possa giustificare davanti ad un’opinione pubblica addomesticata da media servili una nuova guerra contro Teheran.
Finora nessuno aveva osato violare l’extraterritorialità
di un’ambasciata. Non lo fece mai nemmeno Pinochet o i vari dittatori da operetta che in tutto il mondo hanno compiuto genocidi, spesso sotto gli occhi benevoli di Washington.
Gli atlantici sembrano ora voler scatenare altre guerre, senza per altro aver ancora vinto veramente quella in Iraq. Proprio l’altra notte Bush ha di fatto ammesso davanti ai suoi avversari interni “democratici” la necessità di inviare in Iraq altri soldati. Ventimila subito, secondo il capo della Casa Bianca, quasi centomila nei prossimi quattro anni, secondo il nuovo capo del Pentagono, Gates.
Questo è un nuovo Vietnam.
Speriamo abbia lo stesso epilogo e segni l’inizio di una nuova era di civiltà, nella quale non può esserci posto per regimi come quello americano.