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Chi salva i semi è un fuorilegge?

di Marinella Correggia - 13/01/2007

 
Seed Savers


 

Quando due aderenti all'associazione francese di «salvatori di semi» chiamata Kokopelli si fanno un dono - brevi manu o anche per posta nazionale e internazionale - si tratta molto probabilmente di un bel pacchetto di semi. Insalate guasconi, pomodori «zebra nera», carote di Guérand, zucche cremose ed enormi degne di Cenerentola. Sono varietà antiche, talvolta a rischio di scomparire per sempre nella massificazione delle poche tipologie imposte dalle multinazionali sementiere che commercializzano ibridi e Ogm.
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La missione di Kokopelli (www.kokopelli.asso.fr), dall'anno di nascita nel 1999, è proprio «difendere, conservare e moltiplicare» le varietà antiche, ereditate da 10.000 anni di selezione contadina, un vero patrimonio dell'umanità; varietà che sono anche più gustose, più nutrienti, più resistenti alle alee climatiche e alle patologie. I soci sono 5.500, fra di loro comuni, orticoltori, botanici. Tutti possono collaborare a quest'impresa. Ad esempio diventando madrina o padrino di una o più varietà: si comprano per posta a modico prezzo, si seminano nel proprio orto (che così diventa un'oasi Kokopelli), si fa il raccolto di ortaggi e poi i semi tornano, moltiplicati, nel circuito. Il catalogo dell'associazione conta già, ad esempio, 550 tipi di pomodori, 300 fra peperoni e peperoncini, 130 di lattughe, 150 di zucche, 50 di melanzane; un trionfo di colori e sapori. La vendita dei semi serve a finanziare la distribuzione gratuita a comunità rurali in Asia, Africa e America Latina di varietà là adattabili (in fondo, pomodori, patate e mais non sono autoctoni in Europa eppure vi si sono adattati benissimo).
I «kokopellisti» si definiscono liberatori di semi e protettori della biodiversità. E' un'urgente necessità planetaria, di fronte a quella che la Fao (Organizzazione dell'Onu per l'alimentazione e l'agricoltura) chiama «erosione del materiale genetico disponibile per le generazioni presenti e future», e «grave minaccia per la sicurezza alimentare mondiale nel lungo periodo». Lo riconosce anche la direttiva Cee 98/95, che permette la creazione di una lista di conservazione di semi contro l'erosione genetica. Eppure la benemerita Kokopelli, che meriterebbe finanziamenti pubblici, è considerata fuorilegge dallo stato francese. Il 22 dicembre scorso la Corte d'Appello di Nîmes ha condannato il presidente Dominique Guillet a pagare decine di migliaia di euro di multa per il reato di «commercializzazione di semi non conformi». In ottobre, un ricorso di quelli che un comunicato di Kokopelli chiama «i rapitori di semi», cioè i rappresentanti delle industrie sementiere, era stato respinto dall'Avvocato generale; e nel mese di marzo il Tribunale di Alès aveva assolto Guillet dall'accusa di «vendita di sementi non iscritte negli elenchi autorizzati».
Il processo a Kokopelli non passa inosservato in Francia. Il quotidiano Le monde di ieri, che ha dedicato molto spazio alla vicenda, spiega in sintesi che «non ci si improvvisa venditori di sementi. La professione è molto sorvegliata». Il finocchio Mantovano o il fagiolo Christmas avrebbero dovuto passare dei testi di omogeneità e stabilità, per poi essere iscritti su un catalogo ufficiale, in Francia gestito dallo Gnis (Groupement national interprofessionnel des semences, graines et plantes), che insieme alla Federazionale nazionale dei produttori di semi (Fnpsp) si sono costituiti parte civile (sic) nel processo. Secondo loro, Kokopelli esercita una «concorrenza sleale». Ma i salvatori di semi rispondono: «Far registrare una varietà costerebbe 1.500 euro. Non possiamo pagare simili cifre, le varietà da recuperare e proteggere sono migliaia», ha spiegato l'agricoltore Raoul Jacquin-Porretaz che per l'associazione segue proprio gli aspetti giuridici; «Le sementi sono diventate una merce, e i cataloghi servono a mantenere i contadini in uno stato di sudditanza feudale».
I condannati ricorreranno in Cassazione e intendono trascinare lo stato francese di fronte alla Corte europea di giustizia dell'Aja.
Intanto sempre dalla Francia arriva una buona notizia. E' stato «sdoganato» il macerato d'ortica, di cui terra terra si è occupata il 14 settembre 2006. Il 1 luglio era entrato in vigore un decreto che impediva non solo di vendere ma perfino di divulgare ricette per la preparazione di prodotti naturali se non omologati; fra questi, il secolare macerato, un concime e un antiparassitario totalmente naturale. Per fortuna i parlamentari francesi hanno adottato all'unanimità un emendamento alla legge sulle acque e sull'ambiente acquatico (varata il 20 dicembre) che autorizza l'uso di «preparati naturali» senza previa autorizzazione.