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Eugenetica all'americana (recensione)

di Michael D’Antonio - 13/01/2007

Fonte: fandango

La rivolta dei figli dello Stato

Michael D’Antonio

Fandango, 2005

Il saggio racconta una vicenda imbarazzante per il grande Paese democratico - I bambini che non avevano il diritto di nascere -

Nell’immediato dopoguerra, quando si cominciarono a conoscere gli orrori della politica razziale nazista, alcuni grandi medici e biologi negli Stati Uniti si sentirono in imbarazzo. E corsero ai ripari.

Nel 1946, un articolo sulla storia della Società eugenetica americana ignorava totalmente i rapporti con la Germania, in particolare quelli avuti dopo l’ascesa di Hitler. In realtà gli scienziati tedeschi negli anni Venti e soprattutto nei Trenta avevano dichiarato apertamente il loro debito verso il movimento scientifico sviluppatosi negli Usa che aveva dato frutti quali la legge per la sterilizzazione nello Iowa, bestseller scientifici come La famiglia Kallikak in cui Henry Goddard dimostrava l’ereditarietà della debolezza mentale, e un programma di scuole statali che prevedeva la reclusione dei bambini ritardati mentali.

L’imbarazzo della comunità scientifica americana era più che comprensibile non solo per i disastri compiuti in nome della scienza, ma anche perché molti programmi continuavano a essere perseguiti e difesi in nome di una ideologia progressista, che aveva come obiettivo il miglioramento dell’umanità.

Questo capitolo ancora poco conosciuto di storia del Novecento è raccontato in pagine drammatiche e appassionanti nel saggio di Michael D’Antonio, giornalista italoamericano che per una serie di servizi sul Newsday ha vinto il premio Pulitzer.

Il libro di D’Antonio, nonostante la premessa, non è un saggio di storia sociale né un pamphlet scientifico. E’ un’inchiesta condotta soprattutto attraverso la voce dei protagonisti, bambini e bambine del tutto normali che in nome di un’ideologia pseudoscientifica furono rinchiusi nelle scuole statali non perché gravemente malati di mente o socialmente pericolosi, ma semplicemente perché non erano considerati abbastanza intelligenti per far parte della società americana.

D’Antonio ci racconta il dramma di migliaia di uomini e donne, 150 mila internati, oltre sessantamila sterilizzati, un numero imprecisato sottoposto ai più svariati esperimenti scientifici compresi elettroshock e lobotomia, attraverso il caso di Frederick Boyce e dell’istituto statale di Boston, il Fernald, nel quale questo bambino fu rinchiuso nel 1949, quando aveva sette anni. La colpa di Fred era di essere nato in una famiglia con gravi problemi, la madre alcolista il padre suicida, e di aver dato risposte insufficienti ai test per il Quoziente intellettivo basati su un metodo superato, che portava il nome degli scienziati Binet e Terman.