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Chavez e Ahmadinejad creano un Fondo di assistenza anti-imperialista

di Piotr Romanov* - 24/01/2007



Il Venezuela e l’Iran hanno deciso di dedicare una parte delle loro rendite petrolifere per sovvenzionare i paesi poveri che devono affrontare l’imperialismo statunitense. Questa decisione, presa nella continuità del summit dei non allineati di L’Avana, segna un’ulteriore fase nella costruzione di un mondo in cui gli Stati del Sud si affrancano dalla dominazione anglosassone.
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22 gennaio 2007


« L’anti-americanismo » avvicina. Il presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad si è recato per la seconda volta in quattro mesi in un’America latina largamente dominata dalla sinistra. La prima volta, aveva partecipato, a L’Avana, alla conferenza dei paesi non allineati. Anche se non era stato ricevuto da Fidel Castro, il patriarca oggi gravemente malato della lotta contro l’imperialismo statunitense, i Cubani gli avevano riservato un’accoglienza delle più calorose.

Quest’ultima volta, Mahmud Ahmadinejad ha reso visita per la prima volta a Hugo Chavez, il nuovo energico leader dei radicali latino-americani. Se il primo è musulmano, il secondo, da bambino, sognava di diventare un sacerdote cattolico. Ma ciò non lede assolutamente la loro amicizia. In effetti, i due non seguono lo stesso percorso : per il presidente iraniano, non c’è niente di più importante dell’Islam e del suo trionfo mondiale ; il grande sogno di Hugo Chavez, come da lui proclamato a Caracas, è il socialismo. Ma non c’è miglior legante di Washington, la loro comune nemica.

Ahmadinejad e Chavez si sono ritrovati non solo per protocollo, ma anche per affrontare questioni ben precise. Gli Statunitensi già applicano la risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’ONU sull’Iran. Seguendo meno la lettera dello spirito, anti-iraniano, della risoluzione – non è questa la ragione per la Casa Bianca aveva sostenuto tale teso anodino ? –, gli Statunitensi si sono affrettati a congelare le attività della banca pubblica iraniana, Sepah, sia negli Stati Uniti che in Gran Bretagna, dove funzionava una filiale di tale banca, il che ha causato a Teheran non pochi fastidi.

Il petrolio è l’unica arma efficace di cui dispongono l’Iran e il Venezuela sul fronte economico, ma il suo prezzo è da poco in caduta libera. Un ribasso inopportuno, che non colpisce solo il bilancio dei due paesi. Hugo Chavez accarezza da tempo l’idea, su cui conviene anche Teheran, di creare una sorta di Fondo internazionale di assistenza ai paesi poveri a diretto confronto con l’imperialismo statunitense. In altre parole, si tratta di creare un nuovo fronte anti-imperialista sotto l’egida di Caracas e di Teheran. Ma questo fronte ha bisogno di denaro, di molto denaro.

Il Venezuela e l’Iran hanno convenuto di agire in comune, nel quadro dell’OPEC ed oltre, incitando gli altri paesi produttori a ridurre la loro produzione di petrolio per aumentare i prezzi degli idrocarburi e colpire al portafogli l’imperialismo statunitense. Questa prima grande misura di ritorsione comune non è così utopica, perché un abbassamento dei prezzi del petrolio non è nell’interesse di nessun paese produttore, quale che sia il suo atteggiamento nei confronti della politica americana.

Il nuovo fondo internazionale di assistenza agli « anti-americanisti » servirà, in parte, a sostenere i paesi più poveri dell’America latina. Non è un caso che Mahmud Ahmadinejad abbia fatto il suo secondo scalo nel Nicaragua, dove è entrato in carica il presidente Daniel Ortega, accanito « anti-ameicanista ». Eppure quest’ultimo, durante il periodo elettorale, era sembrato più morbido e pragmatico, ma è chiaro che ha ancora scelto i suoi amici in base al loro orientamento politico.

« Oggi non siamo più soli. L’Iran, il Nicaragua, il Venezuela ed altri paesi rivoluzionari sono uniti e, insieme, resisteremo alla minaccia », ha dichiarato Mahmud Ahmadinejad in un’allocuzione pronunciata a Managua. « Sradicare la povertà non è nell’interesse dell’imperialismo mondiale, ha aggiunto il leader iraniano. Ecco perché dobbiamo aiutarci tra noi ». E non ha potuto impedirsi di proclamare, tra gli altri slogan abituali : « Morte all’imperialismo mondiale ! »

In conclusione, Ortega e Ahmadinejad hanno trovato numerosi punti di accordo. Per prima cosa, hanno convenuto di riaprire le reciproche missioni diplomatiche, chiuse negli anni 1990 in seguito alla crisi delle loro relazioni bilaterali. Poi, l’Iran ha in programma di realizzare in Nicaragua una serie di progetti, come la costruzione di alloggi per persone meno abbienti e di una fabbrica di autobus destinata a coprire il fabbisogno di mezzi di trasporto del paese. Eppure, malgrado tutta la retorica sulla lotta contro la povertà, l’Iran non ha annullato il debito nicaraguense che ammonta a soli 152 milioni di dollari.

Ora, si dice che Daniel Ortega glielo avesse chiesto. La sola spiegazione che s’impone è che Teheran abbia voluto riservarsi una leva che, all’occorrenza, le permetta di rimbrottare il suo nuovo amico. È, senza dubbio, per questo motivo che Ortega di maggiore moderazione nella sua retorica anti-americama. Dopo una battuta a proposito di un « complotto ordito contro la povertà, la miseria e la disoccupazione », egli ha offerto al suo omologo iraniano una medaglia con l’effige di Augusto Sandino, il « generale degli uomini liberi », prima di complimentarsi con l’Iran, che ha definito una « potenza morale ». Difficile giudicare il grado di sincerità di Daniel Ortega, perché si tratta un uomo politico molto più collaudato di Hugo Chavez o di Mahmud Ahmadinejad.

Il dirigente iraniano ha concluso il suo giro incontrando il suo omologo ecuadoriano Rafael Correa, un neofita della politica. Alla cerimonia d’investitura di quest’ultimo, Ahmadinejad ha ritrovato i suoi amici cubani, nonché Hugo Chavez e Daniel Ortega, suoi preziosi alleati, e numerosi potenziali membri del « club degli amici degli Stati Uniti ».

* Commentatore politico.


Fonte: Voltaire, édition internationale