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La fisiocrazia

di Mario Spinetti - 27/01/2007

 

“Figlio mio, sappi che nessuno ti aiuterà in questo mondo... Devi correre fino a quella montagna e tornare indietro. Questo ti renderà più forte. Figlio mio, sappi che nessuno ti è amico, nemmeno tua sorella, tuo padre o tua madre. Le tue gambe, le tue mani, il tuo cervello, questi sono i tuoi amici. Devi farcela con loro” (Una vita Apache di Morris Opler in Mears, 1991).

Per la produzione della “ricchezza” economica nell’ambito umano, l’unico processo ispiratore dovrebbe essere quello naturale. Infatti, rifacendoci ai fisiocrati, ricordiamo che l’agricoltura è l’unica attività economica che fornisce un prodotto netto, in quanto al termine del processo si raccoglie più di quanto si è seminato (Bresso, in Gamba & Martignitti, 1995). I settori “sterili” (industria e terziario) sono invece solo in grado di aumentare il valore della materia prima ma non della sua quantità fisica (Bresso, in Gamba & Martignitti, 1995). Un’economia strutturata razionalmente e che abbia a cuore le sorti del pianeta terra e dell’uomo stesso, non può pertanto prescindere dal modello produttivo della biocenosi. Infatti il prodotto netto pocànzi accennato, non è il risultato di qualcosa di astratto, ma è il frutto del “lavoro” che la fitocenosi svolge grazie alla fotosintesi (Bresso, in Gamba & Martignitti, 1995). L’economia naturale quindi è un sistema a ciclo chiuso che preleva dall’esterno solamente l’energia del sole. In maniera analoga anche l’economia umana deve chiudere i propri cicli (Bresso, in Gamba & Martignitti, 1995). Dal pensiero degli indiani del Nordamerica:“Il cerchio della Vita della Creazione è senza fine. Vediamo le stagioni andare e venire. E la Vita Fluire sempre nella Vita. Il bambino diventa genitore. Il genitore diventa il nostro rispettato avo. La vita è sacra. E’ bello farne parte. Tutte le cose sono un cerchio. Ognuno di noi è responsabile delle sue azioni. Esse vedranno il loro ritorno di energia” (Betty Laverdure, Ojibwa - in AA. VV., 1995). Ma per la riaffermazione di un tale processo è fondamentale rivedere il modello di sviluppo e le esigenze del singolo cittadino. Sin quando la società contemporanea rimarrà ancorata al possesso eccessivo dei beni, al consumismo, allo sfruttamento insensato delle risorse, alla produzione dell’inutile, ecc. non sarà possibile reimpostare un modello produttivo secondo principi naturali e quindi fisiocratici. “Come può essere politico un filo di paglia? E’ una domanda che sembrerà ridicola a un sacco di gente. Uomini, donne, vecchi, milioni di individui avidi o disgustati, eccitati o arrabbiati, ma tutti colpiti e legati al carro della storia, del capitale, delle grandi masse, dell’oppressione...

Borghesi, proletari, maschilisti, femministi, liberisti, socialisti, tutti in lotta per il potere. Il potere di un filo di paglia. no! e chi lo conosce? chi lo vede nemmeno un filo di paglia? Il potere è dei giornali, dei tribunali, dei laboratori scientifici, delle fabbriche, dei palazzi presidenziali e della tecnologia intellettuale, delle piazze.... delle maggioranze! Ma la libertà non abita questi luoghi, cresce e cammina sulle ali delle rondini che godono di volare, nel respiro di un ciuffo d’erba che comunica al mondo la sua pace, la sua trasparente umiltà. La libertà si nasconde dentro le correnti delle leggi di natura...... Ecco perché sono leggi discrete e per sentirle bisogna fare silenzio e mettere l’orecchio vicino, vicino: parlano con un lieve mormorio. Un mormorio che diventa rombo o boato in poche occasioni, ma per un diluvio universale quanti secoli di date di battaglie?

La politica del filo di paglia è fuori della storia, è contro la storia, è prima e dopo la storia. La rivoluzione del filo di paglia è possibile a ciascuno di noi, per scelta.

Per Fukuoka bastano 1000mq a persona per arrivare all’autossufficienza alimentare e se anche si dovessero ritoccare le cifre, il potere di questo pensare e lavorare ‘in piccolo’ sarebbe più forte sia ideologicamente che operativamente di qualsiasi partito od arganizzazione eversiva e per di più gestibile solamente ‘dal basso’ senza lauree, né diplomi?

Perciò quella del filo di paglia è una via per abolire il capitalismo e appropriarsi dei mezzi di produzione senza passare per la stanza dei bottoni e in questo è veramente rivoluzionaria” (G. Pucci, in Fukuoka 1980). ”’Lo scopo vero dell’agricoltura’, dice Fukuoka, ‘non è far crescere i raccolti, ma la coltivazione e il perfezionamento degli esseri umani’. E parla dell’agricoltura come di una via: ‘Essere qui, prendendosi cura di un piccolo campo, in pieno possesso della libertà e pienezza di ogni giorno, quotidianamente: questa deve essere stata la via originaria dell’agricoltura’. Un’agricoltura completa nutre l’intera persona, corpo ed anima. Non si vive di solo pane” (W. Berry, in Fukuoka 1980).

“L’esagerazione dei desideri è la causa fondamentale che ha portato il mondo all’attuale situazione.

Presto, invece che piano; più, invece che meno: questo ‘sviluppo’ tutto apparente è legato in modo molto diretto all’incombente collasso della società. In pratica è servito soltanto a separare l’uomo dalla natura. L’umanità deve smettere di lasciasi andare al desiderio di possessi e gaudagni materiali e muoversi invece verso una consapevolezza spirituale.

L’agricoltura deve passare dalle grandi attività meccanizzate a piccoli poderi basati soltanto sulla vita stessa. All’esistenza materiale e alla dieta alimentare si dovrebbe dare un posto semplice. Se si fa questo il lavoro diventa piacevole e lo spazio per il respiro spirituale abbondante.

Più il contadino ingrandisce la scala delle sue attività e più il suo corpo e spirito si disperdono e inoltre si allontana da un’esistenza moralmente soddisfacente. Una vita di agricoltura su piccola scala può apparire primitiva, ma vivendola diventa possibile contemplare la Grande Via (la via della luce di coscienza che implica l’attenzione e la cura per le attività ordinarie della vita di ogni giorno). Io credo che se uno entra a fondo nell’ambiente che lo circonda immediatamente e nel piccolo mondo di tutti i giorni in cui vive, il più grandi dei mondi si rivelerà.....

... Coltivare la terra una volta era un lavoro sacro. Quando l’umanità cominciò a decadere da questa condizione ideale, venne fuori la moderna agricoltura commerciale. Quando il contadino cominciò a coltivare i suoi raccolti per far soldi, dimenticò i veri fondamenti dell’agricoltura......

‘Se l’autunno porterà pioggia o vento non posso saperlo, ma so che oggi lavorerò nei campi’. Queste sono le parole di una vecchia canzone di campagna. Esprimono la verità dell’agricoltura come maniera di vivere. Non importa come sarà il raccolto, se ci sarà abbastanza da mangiare o meno, nel semplice fatto di gettare il seme e dedicarsi teneramente alle piante sotto la guida della natura, c’è la gioia” (Fukuoka, 1980).

Scrive Capra (1997): “Uno dei contrasti più evidenti tra economia ed ecologia trae origine dal fatto che la Natura è ciclica, mentre i nostri sistemi industriali sono lineari. Le nostre imprese prendono le risorse, le trasformano ottenendo prodotti e rifiuti, e vendono i prodotti ai consumatori che, dopo averli consumati, producono altri rifiuti. Per essere sostenibili, gli schemi di produzione e consumo devono essere ciclici, imitando i processi ciclici presenti in natura. Per realizzare tali schemi ciclici dobbiamo riprogettare i nostri commerci e la nostra economia”.

Per concludere con Walt Whitman (da Foglie d’erba): “Ora scorgo il segreto della formazione delle persone migliori. E’ crescere all’aria aperta e mangiare e dormire sulla terra”.

Nei tempi degli OGM (organismi geneticamente modificati) l’attività agricola dell’uomo del terzo millennio appare come uno spaventoso mostro in grado di fagocitare l’intera vita sul pianeta di madre terra. Dire che sarebbe opportuno rifletterci bene e a lungo è praticamente cosa inutile perché nulla fermerà questa ennesima diavoleria di cui l’uomo ne ha firmate sin’ora fin troppe. La storia delle sue continue ed infinite degenerazioni ci sia di monito, ma alla fine ci farà solo osservare, impavidamente, il decorso della fine ultima.