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Pacifisti mobilitati e imbrogliati. Il 17 un bella manifestazione, poi la sinistra voterà per Kabul

di redazionale - 27/01/2007

Il 17 febbraio un bella manifestazione, poi la sinistra voterà per Kabul

Non è chiaro se siano fondate le “indiscrezioni” che spiegano che la sinistra antagonista non può votare per il finanziamento della missione in Afghanistan finché non si sarà svolta la manifestazione del 17 febbraio contro l’ampliamento della base di Vicenza. Poi, una volta riposte le bandiere e arrotolati gli striscioni, un compromesso si troverà. Tuttavia la sensazione che si va diffondendo negli ambienti del “pacifismo” è quella di essere turlupinati, di essere chiamati alla mobilitazione da capi che già sono pronti a tradire. Lo spiegano bene, dal loro punto di vista, Giorgio Cremaschi, leader della sinistra della Cgil e lo scrittore Marco Revelli. Per loro la questione di Vicenza, e ancor più quella dell’Afghanistan, è “uno spartiacque”, quello che separa l’appoggio critico alla sinistra dell’Unione praticato sinora dalla costruzione di una esplicita opposizione organizzata al governo Prodi, se la sinistra cederà.
La retorica dei movimenti, delle “masse mobilitate” che spostano l’asse della politica, praticata sportivamente da Fausto Bertinotti, ora rischia di ricadere addosso ai suoi successori, che hanno tentato, un po’ troppo goffamente, di gestire da posizioni di governo la stessa tattica che aveva dato risultati soddisfacenti dall’opposizione. Anche la sicumera con cui Romano Prodi aveva declassato a espressioni “folcloristiche” le agitazioni della sinistra antagonista mostra ormai la corda. Massimo D’Alema, che come titolare delle relazioni internazionali è particolarmente esposto, ha mostrato di rendersi conto dell’effetto che ha una divaricazione nel governo sulla politica estera, ma non ne ha tratto la conseguenza naturale, quella di annunciare che non ricoprirà più quell’incarico se la maggioranza non ritroverà l’unità su questa cruciale questione. Così i leader dell’antagonismo ministeriale possono provare ancora una volta a mobilitare le masse per poi imbrogliarle, anche se i margini per tattiche furbesche e manovre dilatorie di questo genere si assottigliano di giorno in giorno.