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USA: niente poveri al Super bowl

di Bianca Cerri - 05/02/2007

 


Mentre i “Chicago Bears” si allenano sul campus dell’Università di Miami, migliaia di volontari, inservienti e addetti alla sicurezza lavorano instancabilmente in modo che il Super-Bowl di domenica quattro febbraio si svolga in modo impeccabile. Le tribune VIP sono state tirate a lucido e la polizia pattuglia le strade centimetro per centimetro perché l’affare è titanico e tutto deve andare per il verso giusto. Lo spazio aereo nella zona dello stadio è stato dichiarato “no-fly zone” e l’FBI controllerà che la disposizione non venga violata. Tutti i grandi viali della città rimarranno chiusi per l’intera giornata. L’ordine è che nulla intervenga a rovinare la festa nella notte più attesa dagli americani. L’unico inconveniente potrebbe essere la morte improvvisa di Castro prima dell’inizio del match perché gli esiliati cubani ormai perfettamente integrati nella malavita della Florida causerebbero pericolosi ingorghi con i festeggiamenti programmati per l’occasione.

A Miami, terza città più povera d’America, in questi giorni gli hotels da 600 dollari a notte sono stracolmi di bionde imperiali accompagnate da maturi signori, disposti a sborsare fino a novemila dollari per un biglietto. L’offerta di sesso è sempre generosa a Miami, ma il super-bowl ha richiamato battaglioni di allegre fanciulle da ogni parte d’America. Inseguono soprattutto i giocatori ma non disdegnano la compagnia dei generosi turisti arrivati per l’occasione. I dirigenti NFL si fregano le mani al pensiero dei 400 milioni di dollari venduti e gli albergatori sono al settimo cielo per i pacchetti da diecimila dollari, champagne compreso, andati a ruba. A Bal Harbour le boutiques resteranno aperte giorno e notte per accogliere i turisti che passeggeranno sul tappeto rosso da due milioni di dollari voluto dal sindaco.


Per non correre rischi, i senzatetto di Umoja, una baraccopoli di casupole messe su con il cartone pressato e munite di rudimentali scolatoi che riescono solo parzialmente a drenare l’acqua piovana, sono stati trasferiti in un residence. Si tratta soprattutto di lavoratori regolari che non guadagnano abbastanza per pagarsi una vera casa. Arrivarono tutti assieme nel 1998, quando le autorità comunali li costrinsero a sloggiare da un’altra zona dopo aver dato alle fiamme i loro averi. Ci sono anche tre famiglie con bambini piccoli che condividono ogni momento della giornata con tutti gli altri. Gli esseri umani hanno sempre lottato per realizzare i propri sogni, ma in posti come Umoja, che in swahili significa “unione”, i sogni difficilmente sopravvivono alla realtà quotidiana. Chi ha una baracca in cui vivere e il rispetto dei suoi simili si considera già fortunato. La cucina e il barbecue sono in comune, i vegetali vengono coltivati negli orticelli attigui alle baracche e quello che c’è viene messo a disposizione della comunità.

A Miami non c’è mai stato un piano per l’edilizia popolare e una casa costa in media mezzo milione di dollari, una cifra irraggiungibile per tanti lavoratori. Ma le autorità comunali hanno intrapreso una vera e propria guerra nei confronti degli abitanti di Umoja. Il 14 dicembre scorso, dopo una movimentata riunione, il Consiglio comunale ha deciso di ripristinare la legge che vieta l’occupazione abusiva di suolo pubblico eliminata dal codice penale della Florida nel 1992. L’intenzione è quella di criminalizzare la povertà per favorire colossi come la “Florida Power and Light”, che vorrebbe costruire ad Umoja un “Centro per l’Energia”. Si tratta di un progetto mostruoso, destinato a riversare nell’atmosfera almeno 3.000 tonnellate di emissioni tossiche i cui effetti andrebbero ad aggiungersi alla catastrofe ambientale già in atto. Gli ambientalisti di Jeaga Earth First! si sono opposti con fermezza a questo progetto come da anni si oppongono alle attività dello Scripps Biotech Research Institute che compie i suoi esperimenti sugli animali usando fondi pubblici in nome della “scienza”. Scripps ha organizzato nel 2006 un congresso internazionale con mega party finale da quattro milioni di dollari.

Tutto questo a Palm Beach, dove in 90% degli abitanti non riesce più a pagare l’affitto. In altre località, come Gainesville e Santa Barbara, la polizia ha già minacciato di arrestare chiunque verrà sorpreso a portare cibo ai senzatetto od offrirà loro ospitalità. Si fa veramente molta fatica a capire come uno Stato opulento come la Florida possa beneficiare di leggi che accelerano la discesa nella disperazione e tolgono la speranza ai suoi abitanti più vulnerabili. Quei pochi fortunati che riescono a mettere via un po’ di soldi vengono penalizzati dalle banche che pretendono il 4% sui depositi minimi contro l’1.5% pagato dai correntisti più abbienti.

Quasi tutte le grandi organizzazioni che si occupano di diritti umani hanno più volte denunciato la condizione di oltre mille lavoratori della Florida in stato di schiavitù ma tutto è rimasto come prima.
Tra poche ore, quando inizierà il grande match, i poveri resteranno nascosti in quelli che Chamoiseau ha definito i “crepacci della sopravvivenza”, mentre la loro speranza di poter mantenere le piccole realtà che avevano costruito per migliorarsi l’esistenza si vanno affievolendo. In un’epoca ormai lontana come gli anni ’60, in cui esisteva ancora una spiritualità collettiva, si parlava della miseria come qualcosa da vincere. In quella della “vera fede” in cui si continua a vociare sul volere di Dio come unica strada praticabile; i poveri marciscano pure nel loro inferno.