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Un’altra Sme per De Benedetti?

di Andrea Angelini - 05/02/2007



Il governo si prenderà tutto il tempo necessario per decidere quale sia la “manifestazione di interesse” più significativa per Alitalia, tra quelle arrivate al Tesoro che ha messo sul mercato il 30,1% della compagnia aerea. Una percentuale che successivamente obbligherà il compratore o i compratori a lanciare un’Opa, offerta pubblica di acquisto, che sarà rivolto tutto il capitale in mano ad azionisti privati. A quel punto il Tesoro metterà sulla bilancia una parte del 19,80% ancora in suo possesso. Il resto, forse un 5%, dovrebbe tenerlo nel cassetto per tutto il periodo in cui Alitalia sarà sottoposta ad una ristrutturazione che ne dovrebbe favorire il rilancio. La compagnia, pur se in condizioni disastrose, perde infatti un milione di euro al giorno, resta però appetibile per i molti pretendenti. E le 11 cordate di imprenditori, banche e finanzieri vari, sono lì a dimostrarlo.
Ma di queste ben poche sono quelle che hanno le carte in regola per prendersi la nostra compagnia di bandiera. In testa c’è ovviamente Carlo De Benedetti. Ha i favori del pronostico, l’appoggio dei giornali di famiglia, Espresso e Repubblica, e soprattutto l’amicizia di Romano Prodi, cementata dagli anni e iniziata al tempo dello sciagurato tentativo del Professore, era presidente dell’Iri, di vendergli a due lire la Sme, la finanziaria alimentare pubblica. Un tentativo vanificato giustamente e fortunatamente da Craxi. Ora l’Ingegnere torinese ci riprova con la sua Management&Capitali. I soldi ce li ha, i favori del pronostico pure ed in molti dietro la sua cordata vedono fare capolino l’ombra di Air France che potrebbe subentrare successivamente. Lo stesso sospetto vale per la seconda cordata in ordine di importanza, quella guidata dall’Unicredit di Alessandro Profumo che, a causa dei suoi stretti rapporti con il mondo tedesco, potrebbe fare da battistrada per l’arrivo di Lufthansa. Nell’uno e nell’altro caso, rischiamo la marginalizzazione dei nostri scali aeroportuali, ad incominciare dagli hub di Malpensa e Fiumicino, a tutto vantaggio di quelli francesi e tedeschi, con pesanti conseguenze sul traffico passeggeri e soprattutto su quello delle nostre merci. La crisi di Alitalia, è bene ricordarlo, dipende pure dalle scellerate scelte fatte dai suoi amministratori che vollero puntare più sui voli interni che su quelli internazionali. I primi, che stavano già registrando la concorrenza delle prime compagnie private che operavano a prezzi stracciati. I secondi, i soli che garantiscono alti ricavi e che di conseguenza permettono di restare in attivo. Resta comunque la sconfortante realtà che il favorito di questa gara resti un Carlo De Benedetti che, come prova la sua storia professionale, l’Olivetti docet, è più bravo a fare il finanziere che l’industriale e di conseguenza, alle prime difficoltà, sarà portato a vendere Alitalia a qualche amico estero, come appunto Air France.