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Il miracolo del Baudismo

di Edmondo Berselli - 05/03/2007

 



 

Che dire quando tutto va bene e gli ascolti, e il sospiro di solievo scioglie cinque giorni di fatica nello show della serata finale, tra i fiori e il trionfo? Niente, conviene tenere il profilo basso. Perché nessuno ci avrebbe scommesso un centesimo, sulla cinquantasettesima edizione del Festival di Sanremo. Festival della terza età, festival Viagra, lo avevano definito all'annuncio dei concorrenti, vedendo i nomi di Milva, Dorelli, Al Bano.

Questo per segnalare che tutti si aspettavano un ulteriore scalone al ribasso nello share, con l'apertura del dibattito-psicodramma sull'agonia o la morte di Sanremo, e sul futuro salvatore del Festival. Forse si era trascurato che era un festival in versione Baudo, superprofessionalità televisiva destinata direttamente al pubblico della tv generalista. Ed ecco infatti a sorpresa indici elevati, consensi generalizzati, il manifesto che sdogana Sanremo a sinistra perché sul palco dell'Ariston è arrivato qualcosa di simile alla politica e per di più, come ha detto Sandro Curzi, è entrato "il sociale".

Ma il suddetto sociale non ha mai sollevato le sorti di nessun festival, e anzi talvolta lo ha funestato; e quindi sarebbe audace attribuire il successo di Sanremo 2007 alle allegorie di Cristicchi sui matti e i manicomi, o alla storia di Concato sul cinquantenne senza lavoro (per tacere della aerea ninna nanna contro le guerre di Antonella Ruggiero, della filastrocca di Paolo Rossi saltata fuori dai cassetti di Rino Gaetano e del rap antimafia di Fabrizio Moro, sicché lo scrittore popolare Giorgio Faletti può tirare la briscola: "La musica è da sempre una cartina di tornasole della società").

Già sentita alcuni milioni di volte, certo, questa di Sanremo specchio dell'Italia. Vale un po' sì e un po' no. Anche perché il pubblico dell'Ariston si emoziona con le tirate anticattiviste, ma i telespettatori brandiscono il telecomando non appena l'intrattenimento minaccia di prendere i toni dell'impegno. Meglio semmai la paranza con le rime in anza dell'anarchico Daniele Silvestri.
E quindi occorrerà trovare qualche altra ragione per spiegare quell'alchimia irripetibile che fa di un Festival un successo. C'entra sicuramente il pippismo, vale a dire il protagonismo assoluto e invasivo di Baudo, ancora una volta capace di una trovata polemica per stangare Fabrizio Del Noce, che l'aveva licenziato in via preventiva ("E via direttore, applauda!"), così come aveva fatto decenni fa con il presidente della Rai Enrico Manca quando costui lo aveva accusato di essere nazionalpopolare. Solo che questa volta Del Noce si limita a un applausone ostentato a muso duro, e la polemica si spegne, anche se ci si potrebbe soffermare criticamente e socialmente sul licenziamento di un settantenne, e magari farci un'altra canzone.

Insomma Baudo è riuscito nell'impresa di fare aderire il Festival alla sua audience fisiologica, preparando un prodotto praticamente perfetto per una platea di pochi giovani e molti anziani, scegliendo così di rivolgersi al target naturale della Rai anziché cercare avventure nell'allargamento della maggioranza, con esiti sempre problematici. Eppure così facendo ha realizzato il Sanremo della larga intesa, con una identificazione esatta fra spettacolo e spettatori.
Per riuscirci ha messo in abito da sera la semistar domestica Michelle Hunziker, ha allestito una parata di ospiti canori (soprattutto italiani) di prima classe, ha farcito le serate di cabarettisti e imitatori, ha favorito alcuni reality show di dubbia qualità ma di un certo impatto, ha chiamato Penélope Cruz, e poi si è preso sulle spalle lo show conducendolo in porto con uno sforzo supremo, soffermandosi di tanto in tanto, pensieroso, intimista e pedagogico, per chiarire al pubblico in sala e a casa, nonché forse anche a se stesso, alla propria coscienza di entertainer e leader, il segreto filosofico del Festival: "Vedete, potevamo mandare i giovani dopo mezzanotte, ma così avremmo perso il nuovo".

"Il nuovo": che nella versione di questo Baudo ora energetico e ora crepuscolare è uno degli elementi dell'alchimia: insieme al "vecchio", perché il baudismo è prima di tutto un programma eclettico. E anche interclassista, rispettoso dei partiti canori minori, della tradizione e della riforma, del rinnovamento e della continuità. Dopo di che, tocca al mago Pippo trovare la pietra filosofale, che trasforma la materia grezza dello spettacolo in audience purissima: con tanti saluti e maramei a Del Noce, al ministro Padoa-Schioppa, a Bonolis e al suo manager Presta, a tutti i detrattori, a lorsignori, agli incompetenti, a chi non vuole capire che Baudo non si assume e non si licenzia, perché l'ha scelto, nella sua sovranità, il popolo.