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Onorevoli pensioni

di Angelo Alberi - 10/03/2007

 

La riforma del trattamento pensionistico sembra essere un tema basilare per i governi che

si sono succeduti, in questi ultimi anni, nel nostro paese. Punto cardine nella lotta alla

riduzione delle spese statali, i nostri governanti ( attuali e passati ) stanno tentando in ogni

maniera di alzare il limite di età per la concessione della pensione e, nel contempo, di

abbassare i coefficienti che porterebbero l’importo della stessa a circa il 50% dell’ultima

busta paga.

Sacrifici! La prosperità del nostro amato paese pare sia legata indissolubilmente

all’abnegazione di alcune, solite classi sociali ed i parlamentari non sono tra queste.

Cinque anni di mandato bastano a questi signori per ricevere, già a 50 anni per i deputati

eletti prima del 1996, un vitalizio, chiamarla pensione potrebbe forse suscitare in loro del

pudore, che può variare da 3 a 10 mila euro al mese e cumulabili con qualsiasi altro

introito professionale o politico. Per i deputati il cui mandato inizia dal 1996 l’età della

pensione arriva a 65 anni, ma diminuisce di un anno per ogni ulteriore anno di mandato

oltre i 5 della naturale legislatura, fino a raggiungere il limite dei 60 anni.

Ai senatori eletti prima del 2001 la possibilità di prendere la pensione arriva a 50 anni,

mentre per gli eletti dopo tale anno, basterà avere un secondo mandato ed il vitalizio

arriverà al raggiungimento dei 60 anni di età anziché dei 65.

Camera e Senato erogano 3302 vitalizi, più un migliaio di pensioni di reversibilità, per un

totale annuo complessivo di 187 milioni di euro.

In caso di chiusura anticipata della legislatura, una norma votata all’unanimità, mette al

riparo da ogni rischio i nostri indefessi lavoratori della politica: due anni e sei mesi versati

bastano per avere diritto alla pensione, pagando volontariamente i contributi per i

mancanti 30 mesi, in 60 comode rate. In un paese dove siamo costretti a dilazionare ogni

forma di pagamento per i più svariati acquisti, visto che si fatica sempre più ad arrivare a

fine mese, la rateizzazione del pagamento dei contributi volontari per i nostri parlamentari

mi sembra un importante passo verso un’adeguata politica sociale di aiuto alle “classi più

deboli”.

Un gesto di cambiamento, invece, arriva dal Quirinale dove, il presidente Napolitano ha

permesso che venga reso pubblico il bilancio della Presidenza dello Stato.

Le sorprese non mancano, un esempio? Per beni e servizi il Quirinale spende 26 milioni

di euro, una spesa cinque volte superore all’analoga spesa sostenuta dalla Corona

Inglese.

Poco male, si sa che i regnanti inglesi hanno fama di essere un po’ tiratelli.

Vediamo allora a quanto ammonta la spesa per il personale: il bilancio per il 2007 prevede

un’uscita di 205,86 milioni di euro e questo significa che i 987 dipendenti del Quirinale

percepiscono, mediamente, uno stipendio lordo di 146.000 euro all’anno.

Altro aiuto alle classi più deboli? Oltre al personale pagato direttamente dalla Presidenza

della Repubblica bisogna aggiungere un’ulteriore spesa di 200 milioni di euro ca. per le

1086 unità militari e di polizia che prestano servizio a palazzo. Il bilancio di spesa

complessivo per il 2007 è di 235 milioni di euro, con un risparmio, sulle previsioni

contenute nel bilancio dello Stato 2006-2008, di ben 1 milione di euro ( il 4,46 per mille).

Ora, per chi fa della riduzione della spesa pubblica la propria crociata, non mi sembra

siano questi dei buoni esempi da portare alla collettività.

Cari governanti, si predica bene, ma si “razzola” con altrettanta coerenza?