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Crisi della scuola. Una risposta a Giuliano Ferrara.

di Carlo Gambescia - 14/03/2007

 

Ieri sera nel corso di Otto e Mezzo, quel “grande semplificatore” di Giuliano Ferrara, tra il silenzio generale dei presenti, ha rilevato, in modo perentorio, che la scuola deve veicolare ordine e disciplina. Troppo facile. E troppo tardi. Spieghiamo perché.
Diciamo subito che il Novecento è stato il secolo della scuola di massa. Un secolo, che ha in messo in pratica, l’ideale nazionalista-giacobino, tutto moderno, dell’ ”educazione armata” come corollario della “nazione armata”. La scuola, insomma, come veicolo della “nazionalizzazione delle masse”. Ovviamente, a seconda del tipo di regime politico, si è avuta un’ accentuazione del carattere gerarchico e socialmente intrusivo della scuola. Nei regimi totalitari, si è puntato sul “cittadino-soldato”. In quelli liberali e democratici sul “cittadino (civicamente) informato”. Ma in entrambi l’istruzione è stata collegata all’educazione, allo scopo di togliere definitivamente alla Chiesa, nelle sue vari espressioni nazionali, il privilegio sulla formazione delle nuove generazioni. Di quest’ultimo fatto non diamo alcuna valutazione, ci limitiamo a una semplice constatazione.
Il sistema dell’educazione di massa (armata e/o informata) ha implicato la trasmissioni di valori nazionalistici, gerarchici disciplinari e nozionistici: andavano formati cittadini pronti a morire per la patria, e in grado di servirla, professionalmente, ai vari livelli, anche nella vita civile. Di qui la nascita e lo sviluppo della “scuola-caserma”
Questo sistema che, grosso modo, ha attraversato due guerre mondiali, è entrato in crisi negli anni Sessanta del Novecento, con la graduale estensione a livello mondiale della società dei consumi.
Il Sessantotto, come Giano Bifronte, per un verso ha puntato su una “rivoluzione” antiautoritaria, contro l’idea di “nazione armata e/o informata”, ma per l’altro, a parte alcune fiammate iniziali, ha finito per venire a patti con il sistema economico, ben felice di mercificare l’immaginario rivoluzionario, costruito - attenzione - sull’idea di una democrazia dei soli diritti.
In pratica è accaduto questo: l’idea di cittadino “armato e/o informato”, caduta sotto i colpi della rivoluzione sessantottina, non è stata sostituita da alcuna idea alternativa di cittadinanza. La scuola all’improvviso è diventata inutile. O sede di esperimenti, che durano tuttora. Il Sessantotto, come fabbrica dei diritti, per un verso più che necessari per “svecchiare” la società, non è stato capace di elaborare una fabbrica dei doveri, altrettanto importante. E questo vuoto è stato colmato dalla rivoluzione dei consumi. Ma in misura mercificante. Perché non controbilanciata da una nuova teoria dei doveri sociali. Probabilmente la generazione del Sessantotto, riteneva che la rivoluzione finale avrebbe reso superfluo, in una società liberata, ogni discorso sui diritti e sui doveri. Purtroppo non è andata così.
In sostanza, oggi, la scuola non funziona, perché dietro di essa, non c’è alcuna idea forte di cittadinanza (capace di coniugare diritti e doveri). E dunque ispirata a un’ entità (la si chiami come si vuole), sovraordinata ai singoli. Sotto questa aspetto il semplicistico ritorno ai valori gerarchici e disciplinari, proposto da Giuliano Ferrara, non ha alcun senso. Non sarebbe capito, neppure dai docenti, formatisi in un periodo di transizione non ancora terminato. E figuriamoci da famiglie e studenti, ossessionate dalle necessità del consumo: sia come preoccupata difesa degli attuali livelli di consumo, sia come volontà di essere al passo con il consumo crescente di beni, imposti dalla globalizzazione economica.
Ferrara vuole riproporre, se ci si passa la metafora, una specie di religione (scolastica) basata sul rispetto delle gerarchie, ma priva del suo nucleo trascendente o sacro (in passato rappresentato dalla nazione). Fa finta di nulla. E pretende che studenti-robotizzati “obbediscano” per il solo piacere di obbedire… Gli uomini, e a maggior ragione i giovani, hanno invece bisogno di motivazioni profonde. Che una società orientata esclusivamente sui consumi distrugge sistematicamente.
Del resto, tornare indietro all’idea di nazione armata e/o informata è impossibile, e probabilmente anche pericoloso. Ma andare avanti alla cieca, e nel vuoto politico e culturale, è altrettanto nocivo.
Purtroppo, ci troviamo in un vicolo cieco. E, uscirne, sarà durissimo.