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La resurrezione delle merci

di Giorgio Nebbia - 19/03/2007

Fonte: ecologiapolitica



In una delle chiacchierate che si ascoltano in treno uno studente
raccontava un suo esame universitario; si trattata, a quanto ho
capito, dei metodi con cui si assegnano ai prodotti
le "ecoetichette", o "ecolabel", attraverso l'esame di tutti gli
effetti ambientali associati all'intero ciclo vitale del
prodotto, "dalla culla alla tomba". E' iniziata così una piccola
discussione sulla vita e la morte delle persone, degli animali e ...
delle merci. Per amore di paradosso, ho sostenuto che in natura
esiste soltanto la vita, e che la morte non è altro che il ritorno in
ciclo degli atomi e delle molecole --- idrogeno, carbonio, acqua,
calcio, azoto, eccetera --- di cui è fatto un organismo vivente,
vegetale o animale.

Ho naturalmente destato un po' di scandalo e il discorso è poi
passato alla nascita e alla morte degli oggetti materiali, dei
prodotti e delle merci. Muore un foglio di carta ? muore una
automobile ? alcuni dei miei interlocutori sostenevano di si e io
sostenevo invece che neanche gli oggetti muoiono. Possono essere
buttati via, "rifiutati" (infatti vanno a finire fra i rifiuti),
quando "non servono" più, ma tutta la materia, gli atomi e le
molecole, che sono stati "messi dentro" un oggetto continuano ad
esistere, tali e quali o chimicamente modificati, ma non scompaiono.
Lo esige il principio di conservazione della massa, la legge
fondamentale della fisica e della chimica, che pone spesso queste
discipline in contraddizione con i principi dell'economia. Un euro
pagato (2007) per un giornale "scompare", non si può recuperare,
quando lo si getta via, ma la cellulosa e l'inchiostro che
sono "dentro" il giornale usato sono tutti ancora li e, se
disponessimo di tecniche adeguate, potremmo recuperarli fino
all'ultimo atomo, potremmo insomma fare resuscitare il giornale.

Le operazioni di "riciclo" dei rifiuti sono basate su queste
considerazioni. Si sente continuamente ripetere che è possibile, anzi
lodevole, anzi doveroso, recuperare vetro nuovo dalle bottiglie e dai
vasetti usati, carta nuova dalla carta usata, alluminio o ferro dalle
lattine, eccetera. Le cose si fanno più complicate nel caso delle
merci "complesse" come sono i macchinari, le automobili, i
televisori, i frigoriferi, i mobili usati. In ciascuna merce
complessa i fabbricanti hanno messo parti, accessori, vernici, e così
via diversi non solo da una serie all'altra, ma da un periodo
all'altro.

Prendiamo il caso più banale delle automobili. Finora, per un
giudizio di qualità, l'attenzione è stata concentrata sulle
prestazioni --- velocità, consumo di benzina o lubrificante o gomme,
stabilità --- durante l'uso, cioè durante la vita utile, ma ben poca
attenzione è rivolta ai materiali che consentono tali prestazioni.
Ciascun fabbricante cerca di migliorare le caratteristiche delle sue
automobili impiegando sempre nuovi metalli, circuiti elettrici,
tessuti, materie plastiche, vernici. Ebbene: non è possibile
organizzare delle operazioni di riciclo e recupero delle varie parti,
se non si conosce esattamente la composizione di ciascuna di esse e
solo il fabbricante sa (forse) quali tipi di metalli o di vernici o
di plastica ha usato.

Il successo della resurrezione dei materiali delle merci complesse
presupporrebbe perciò un continuo flusso di informazioni fra il
fabbricante di tali merci e colui che dovrà trattarle per ricavarne
materiali ancora utili, ma tale flusso di informazioni è limitato o
inesistente, un po' perché ciascun fabbricante tiene alla
riservatezza o al "segreto", un po' per pigrizia, un po' perché il
ciclo di produzione di una automobile comporta la fabbricazione di
alcuni pezzi da parte di secondi o terzi imprenditori, talvolta in
paesi lontani.
Ma le conoscenze sui materiali impiegati sono ancora più difficili
perché alcuni manufatti o macchinari sono stati prodotti molti anni
prima di essere eliminati. Una automobile fabbricata nel 1990 ---
meno di venti anni fa, non un secolo fa --- contiene circuiti
elettrici, materie plastiche ciascuna con i propri additivi, vernici,
gomma, miscele di metalli, vetri, ciascuno con i propri ingredienti,
ben diversi da quelli che si trovano in una automobile della stessa
società fabbricata nel 1995 o nel 2005.

I riciclatori di autoveicoli devono quindi spendere soldi, ore di
lavoro, e inquinano l'ambiente, nelle operazioni preliminari di
separazione delle varie componenti. La carrozzeria è in generale più
facile da trattare perché contiene principalmente acciaio che però,
prima di essere avviato alla fusione per trasformarlo in nuovo
acciaio, deve essere liberato dalla presenza di altri metalli, come
alluminio o rame, dalle vernici, eccetera, che potrebbero
compromettere la qualità e il valore commerciale dell'acciaio
riciclato. Il successo del recupero di materiali da una automobile
usata --- ma il discorso vale per moltissimi altri manufatti usati ---
richiede un flusso di informazioni non solo fra il fabbricante e il
rottamatore, ma fra quest'ultimo e chi acquista le partite di metalli
usati, di circuiti elettronici, di gomme, dei tanti tipi
di "plastica".

Questi problemi sono ben noti alle industrie automobilistiche le
quali si rendono conto che le difficoltà e i costi dello smaltimento
e del riciclo potranno tradursi in disaffezione per la loro marca da
parte degli acquirenti, e hanno cominciato a standardizzare alcune
parti dei vetri, delle portiere, dei paraurti in modo che quelle di
una automobile usata possano essere montate su altri autoveicoli.
Così si ricicla e si risparmia.

E qui entra in gioco il ruolo fondamentale dei progettisti delle
merci e delle macchine. Il successo delle operazioni di recupero di
molti dei materiali che sono presenti nei macchinari e nelle
merci "complesse", fatti di tante parti differenti --- automobili,
frigoriferi, televisori, computers, mobili, lavatrici, eccetera ---
dipende dalla conoscenza dei materiali stessi. I quali variano non
solo da marca a marca, ma da un modello all'altro, da un anno
all'altro. Tali materiali vengono scelti in modo da assicurare il
minore prezzo possibile, la  maggior durata possibile, le migliori
prestazioni possibili e il principe di questa operazione è il
progettista, una professione antica e nuova. Non si può più
continuare a progettare e fabbricare oggetti soltanto belli,
vendibili, all'insegna del "non necessario, ma indispensabile", ma
piuttosto bisogna pensare a progettare oggetti in vista di quello che
succederà quando saranno abbandonati e buttati via. E qui è
essenziale il ruolo della Merceologia in quanto scienza delle cose,
di come sono fatte, di quali materie ciascun oggetto contiene e di
come ciascuno possa, con adatte tecnologie, essere fatto
tornare "vivo" e utile dopo l'uso.

Prendete un frigorifero, una macchina che dura alcuni anni;
immaginiamo che oggi venga buttato via un frigorifero progettato e
costruito quindici anni fa: chi dovrà smontare la vera e propria
parte dove si forma il freddo, con motore e serpentine piene di gas,
avrà a che fare con gas diversi da quelli impiegati oggi: quindici
anni fa dominavano ancora i clorofluorocarburi, prima che ci si
accorgesse dei loro effetti nocivi sullo strato dell'ozono
stratosferico. Oggi il rottamatore dovrà (dovrebbe) separare tali gas
e smaltirli in modo che non finiscano nell'atmosfera, un'operazione
non facile. E in quindici anni probabilmente sono cambiati anche i
materiali usati nello sportello, nei pannelli isolanti, nei circuiti
elettrici ed elettronici e il riciclatore potrà ricuperarne qualcosa
di ancora utile soltanto se saprà come erano stati costruiti quindici
anni fa, magari da una ditta scomparsa, di cui non esistono più gli
archivi e i progetti.

Lo stesso discorso vale per tanti mutevolissimi oggetti progettati
rincorrendo una moda sempre più volubile, una domanda di prestazioni
sempre meno necessarie.

Si pensi all'enorme  varietà di apparecchiature elettroniche, dai
computers, ai telefoni tradizionali e a quelli cellulari, ai circuiti
di controllo di televisori, elettrodomestici, automobili, contenenti
una grande varietà di materiali, rappresentati in qualche caso da
metalli preziosi come l'oro, strettamente interconnessi e difficili
da separare. L'offerta sul mercato di sempre nuovi modelli genera
delle montagne di rottami, tutti differenti fra loro, in cui i
circuiti elettronici veri e propri devono essere separati con
delicate e lunghe procedure, anche se il ricupero dei metalli
preziosi spesso compensa la fatica fatta. Ma per far resuscitare un
grammo di oro dai circuiti elettronici usati quanti chili di
plastica, rame, altri metalli devono essere smaltiti e come ?

Difficoltà di ricupero esistono anche per i più modesti oggetti di
arredamento della casa, come mobili, poltrone, materassi: le resine
espanse di poltrone, sedili delle automobili, materassi,
sono "gonfiate" con gas per lo più a base, anch'essi, di
clorofluorocarburi, nemici dell'ozono, che devono essere separati se
si vuole recuperare un po' di plastica.

Molte scelte merceologiche e industriali sono destinate a fare
sentire i loro effetti negativi dopo anni, talvolta in modo
pericoloso, come nel caso delle cartucce "esplosive" presenti negli
airbags, talvolta liberando ingredienti nocivi nell'ambiente,
talvolta rendendo impossibile il recupero di qualsiasi altro
ingrediente.

Se esiste una genuina volontà di ridurre i costi e i danni ecologici
legati allo smaltimento dei macchinari e degli oggetti usati, la
salvezza va cercata soltanto nella cultura della standardizzazione e
unificazione delle forme e dei materiali, nella progettazione di
oggetti a vita lunga. Con essa una parte di una macchina o
apparecchiatura usata potrà essere inserita in una macchina nuova,
una parte di un oggetto sarà fatto con materiali e pezzi di
composizione nota, facilmente riutilizzabili; le operazioni di
manutenzione saranno facilitate e i magazzini dei pezzi di ricambio
saranno più snelli ed efficienti.

Ci si perderà, forse, in varietà, capriccio, moda, ma dopo tanta
frenesia per la produzione di merci e oggetti "personalizzati",
all'insegna della vanità e dell'effimero, la standardizzazione sembra
presentarsi come l'unica sana ricetta per la resurrezione delle cose
materiali e per un rallentamento della crescita della massa di
rifiuti inutilizzabili, davvero morti e perduti, che rischiano di
soffocarci.