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Padoa-Schioppa e Marini. Due nipotini di Laffer

di Carlo Gambescia - 19/03/2007

 

Sabato a Cernobbio il Ministro dell’Economia Padoa-Schioppa aveva sottolineato che gli sgravi fiscali spettano prima alle imprese e poi alle famiglie. Ieri Marini, Presidente del Senato ed ex sindacalista Cisl, ha invece sostenuto, sempre nella stessa sede, l’esatto contrario.
Che cosa significa? Che magari Padoa-Schioppa sia dalla parte dei “padroni” mentre Marini da quella degli operai? O che il primo difenda i ricchi, il secondo i poveri). Assolutamente no.
Il doppio registro sulle tasse indica in realtà due cose.
In primo luogo, che Padoa-Schioppa e Marini credono nell’economia dell’offerta e nell’equazioncina racchiusa nelle cosiddetta curva di Laffer, l'economista che influenzò Reagan: minori tasse = ripresa economica. L’unica differenza tra Padoa-Schioppa e Marini è perciò di target elettorale.
In secondo luogo, credere nella Curva di Laffer, significa avere fede nel liberismo più ortodosso: basta un “colpetto” (fiscale) e il mercato si rimette in moto da solo, producendo ricchezza per tutti. Pertanto Padoa-Schioppa e Marini si muovono entrambi nell’alveo di un liberismo di seconda mano e socialmente pericoloso. E spieghiamo perché.
Il punto di forza della Curva di Laffer è fondato sull’idea, tutta da verificare, che oltre una certa soglia la pressione fiscale disincentivi gli investimenti e favorisca l'evasione fiscale. Di qui due necessità.
Innanzitutto, come detto, quella di abbassare le tasse, tagliando le imposte sul reddito. Dopo di che, per evitare che il disavanzo pubblico cresca (perché non più finanziato da una pressione fiscale crescente), deve essere comunque ridotta la spesa sociale, anche in presenza di una lieve, ma non immediata, diminuzione dell'evasione fiscale (la distonia temporale tra le due variabili, sottovalutata da Laffer, è invece molto importante, perché riguarda la distribuzione temporale dei sacrifici tra i cittadini... ). Ma in che modo? Favorendo un vasto programma di privatizzazioni. Per far così rientrare nell’ambito delle crescita economica “annunciata”, anche le strutture pubbliche di previdenza e assistenza, dopo averle però trasformate in imprese basate sulla ricerca del profitto.
Naturalmente abbiamo semplificato al massimo. Ora però, prescindendo dalla riuscita o meno, delle politiche lafferiane (sui cui esiti, ripetiamo, i giudizi sono contrastanti), va chiarito un fatto di tipo sociologico: si tratta di politiche che si basano su una visione utilitaristica dell’uomo e della società. E che pretendono di gestire settori come previdenza, sanità, istruzione e lavoro, sulla base di un solo principio. Quale? Che l’unica aspirazione dell’uomo sia di accrescere in modo utilitaristico il reddito individuale (dalla famiglia all’impresa). E che per questo sia disposto ad accettare, più o meno consapevolmente, la crescente mercificazione della sua vita.
Dietro la Curva di Laffer e il liberismo di personaggi come Padoa-Schioppa e Marini c’è una visione della società come impresa totale. Il che deve far riflettere sui futuro programma economico del nascente Partito Democratico.