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La testimonianza di Olmert rivela il vero obiettivo della Guerra in Libano

di Jonathan Cook - 21/03/2007

 
 
   

Nazareth, 12 marzo 2007 - Il presunto assalto "difensivo" d'Israele contro Hizbullah, l'estate scorsa, in cui sono stati uccisi più di 1.000 civili libanesi in un massiccia campagna di bombardamenti aerei che si è conclusa con Israele che sparpagliava bombe a grappolo nel sud del paese, nell'ultima settimana è stato posto definitivamente sotto una luce diversa dal Primo Ministro israeliano Ehud Olmert. La sua testimonianza, trapelata al comitato di Winograd -- che indaga sugli errori del governo durante l'attacco durato ben un mese -- suggerisce che egli si stava preparando per una tale guerra da almeno quattro mesi prima del casus belli ufficiale: la cattura da parte di Hizbullah di due soldati israeliani ad un posto di confine il 12 luglio 2006. La devastazione del Libano fu apparentemente progettata per dare una lezione sia a Hizbullah che al pubblico più ampio del paese. Il nuovo resoconto di Olmert chiarisce la confusionaria serie di giustificazioni ufficiali per la guerra date a quel tempo.

In primo luogo, ci era stato detto che il rapimento dei soldati era "un atto di guerra" da parte del Libano e che una campagna "Shock and awe" era necessaria per assicurare il loro rilascio. O, come spiegò l'allora Capo dello Staff Dan Halutz -- prendendosi una pausa dalla gestione delle sue azioni prima che i prezzi del mercato crollassero -- i suoi piloti stavano per "portare l'orologio indietro di 20 anni" in Libano. Poi l'esercito ha sostenuto che stava cercando di fermare i lanci di razzi degli Hizbullah. Ma la campagna dei bombardamenti non prese di mira solo i lanciagranate ma buona parte del Libano, compresa Beirut (naturalmente, si è convenientemente tralasciato il fatto che i razzi di Hizbullah sono caduti come risposta al bombardamento israeliano e non il contrario). Ed infine ci sono state offerte variazioni sul tema che ha concluso il combattimento: la necessità di spingere Hizbullah (e, incidentalmente, centinaia di migliaia dei civili libanesi) via dal confine nord con Israele. E' stata la spinta della risoluzione 1701 dell'ONU che ha determinato la conclusione ufficiale delle ostilità a metà agosto. Inoltre assomigliava sospettosamente alla ragione per cui Israele ha scelto all'ultimo minuto di lasciar cadere fino ad un milione di mini-bombe -- vecchi stock statunitensi di munizioni a grappolo con un'altissima incidenza di errore -- che giacciono nei campi del Libano del sud, in campi da gioco e cortili in attesa di esplodere.

Ciò che era stato notevole prima dell'ultima rivelazione di Olmert era l'enfasi del comando militare nel distanziarsi dall'attacco fallimentare di Israele a Hizbullah. Dopo le sue dimissioni, Halutz ha incolpato il livello politico (intendendo soprattutto Olmert), mentre i suoi subalterni hanno incolpato sia Olmert che Halutz. L'ex Capo dello Staff è stato attaccato soprattutto perché, si affermava, pur provenendo dall'aeronautica, aveva sopravvalutato la presunta efficacia dei suoi piloti nel "neutralizzare" i razzi di Hizbullah.

Dato questo sfondo, Olmert è stato premuroso nella sua testimonianza a Winograd. Non solo ha scaricato la responsabilità della guerra sulle spalle del Comitato ma, se si deve credere ai resoconti dei media israeliani, ha anche pubblicizzato il fatto facendone trapelare i particolari. A Winograd Olmert ha detto che, lungi dal fare guerra d'istinto in risposta alla cattura dei due soldati (il principale fattore attenuante per la dimostrazione di aggressività di Israele), lui stava progettando l'attacco al Libano almeno dal marzo 2006. La sua testimonianza è più che plausibile. Le allusioni a preesistenti programmi per un'invasione terrestre del Libano si possono trovare nei reportage israeliani dell'epoca. Il primo giorno della guerra, per esempio, il Jerusalem Post riportava: "poche settimane fa, un'intera divisione di riservisti è stata inviata ad addestrarsi per un'operazione come quella che l'IDF (Israel Defence Forces) sta progettando in risposta agli attacchi di Hizbullah di mercoledì mattina alle forze dell'IDF lungo il confine nord".

Olmert al Comitato ha difeso i preparativi sulla base del fatto che Israele si aspettava che Hizbullah ad un certo punto catturasse dei soldati e voleva essere pronto per una risposta dura. La distruzione del Libano avrebbe dissuaso Hizbullah dal considerare un'altra operazione simile in futuro. C'era una strada alternativa che Olmert ed i suoi comandanti avrebbero potuto seguire: avrebbero potuto cercare di diminuire la minaccia degli attacchi al confine nord smorzando le principali cause che spingevano al conflitto di Israele con Hizbullah. Secondo la testimonianza di Olmert, egli stava cercando proprio una tale soluzione al principale problema: un piccolo corridoio di terra conosciuto come Shebaa Farms rivendicato dal Libano ma occupato da Israele dal 1967. Come conseguenza dell'occupazione della zona delle Farm, Hizbullah ha sostenuto che il ritiro di Israele dal Libano del sud nel 2000 era incompleto e che il territorio doveva essere ancora liberato. L'affermazione di Olmert, tuttavia, non regge ad un esame accurato. I media israeliani, a gennaio, hanno rivelato che per gran parte dei due suoi due anni, il leader siriano Bashir Assad si era quasi del tutto prostrato davanti ad Israele nei canali di trattativa per il ritorno del territorio siriano, il Golan, attualmente occupato da Israele. Anche se quei colloqui offrivano ad Israele condizioni più che favorevoli di quanto si sarebbe potuto sperare (compresa la definizione del Golan come parco di pace aperto agli Israeliani), Sharon e poi Olmert -- sostenuti dagli Stati Uniti -- rifiutarono di impegnarsi con Damasco.

Un accordo con la Siria sul Golan, quasi certamente, avrebbe assicurato che le Shebaa Farms sarebbero state restituite al Libano. Se Israele o gli Stati Uniti lo avessero voluto avrebbero potuto fare considerevoli progressi su questo fronte. L'altra principale tensione erano le ripetute violazioni del confine nord da parte di Israele, cui facevano da complemento le violazioni di Hizbullah, benchè meno frequenti. Dopo il ritiro dell'esercito nel 2000, gli osservatori delle Nazioni Unite hanno registrato che aerei militari israeliani violavano quasi quotidianamente lo spazio aereo libanese. Sorvoli regolari erano fatti verso Beirut, su cui i piloti usavano i boom sonici per terrorizzare la popolazione locale mentre i droni spiavano gran parte del paese. Di nuovo, se Israele avesse fermato queste violazioni della sovranità libanese, le violazioni da parte di Hizbullah della sovranità israeliana attaccando i posti di confine sarebbero state difficili da giustificare.

E per concludere, quando Hizbullah ha catturato i soldati, Israele aveva la possibilità di negoziare per il loro ritorno. Hizbullah ha reso chiaro sin dall'inizio che voleva scambiare i soldati per una manciata di prigionieri libanesi bloccati nelle carceri israeliane. Ma, naturalmente, come implica la testimonianza di Olmert, Israele non era interessato ai colloqui o a fermare la sua campagna di bombardamenti. Ciò non faceva parte del piano. Possiamo ora cominciare a ricostruire il perchè. Secondo la fuga di notizie, in primo luogo Olmert ha discusso i preparativi per una guerra contro il Libano in gennaio e poi ha chiesto programmi dettagliati in marzo. Naturalmente, date le implicazioni, il resoconto di Olmert è stato denigrato dai principali politici israeliani. Effi Eitam ha precisato che la versione di Olmert riecheggia quella del capo di Hizbullah, Hassan Nasrallah, che afferma che il suo gruppo sapeva che Israele voleva attaccare il Libano. E Yuval Steinitz sostiene che, se era prevista una guerra, Olmert non avrebbe dovuto approvare un grande taglio del budget della difesa poche settimane prima. La spiegazione per ciò, tuttavia, si può probabilmente trovare nelle previsioni sul risultato della guerra espresse all'esecutivo da Halutz e dai ministri del governo. Halutz, secondo quanto riferito, credeva che una campagna aerea avrebbe sconfitto Hizbullah in due-tre giorni, dopo cui l'infrastruttura del Libano sarebbe crollata senza ostacoli. Alcuni ministri, apparentemente, pensavano che la guerra sarebbe finita anche prima. In più, era stato offerto un depistaggio dallo Staff dei Generali, i cui comandanti sostenevano ai media israeliani che erano stati tenuti fuori dal giro dal primo ministro. Se Olmert stava progettando una guerra contro il Libano, affermano, lui non avrebbe dovuto lasciarli così impreparati. È un'affermazione curiosa e non convincente: con chi stava discutendo Olmert i preparativi per la guerra, se non con lo Staff dei Generali? E come progettava di effettuare quella guerra se lo Staff dei Generali non era intimamente coinvolto?

Più interessanti sono le date menzionate da Olmert. La sua prima discussione su una guerra contro il Libano è stata tenuta l'8 gennaio 2006, quattro giorni dopo che era diventato sostituto primo ministro dopo l'emorragia al cervello ed il coma di Ariel Sharon. Olmert ha tenuto la seguente riunione sull'argomento in marzo, presumibilmente subito dopo la sua vittoria alle elezioni. A quanto pare ci sono stati molti più colloqui in aprile, maggio e luglio. Comincia a definirsi un piano d'azione più probabile, piuttosto che l'impressione creata da Olmert di un primo ministro alle prime armi e novizio militare "che va da solo" a pianificare un'importante offensiva militare contro uno stato vicino. Fa pensare che, dal momento che Olmert ha preso le redini del potere, si è lentamente introdotto alla confidenza dell'esercito, prima a titolo di prova in gennaio e poi più completamente dopo la sua elezione. Gli è stato permesso di conoscere i programmi segreti in stato d'avanzato progresso del comando maggiore per la guerra - piani nel cui avanzamento, possiamo presupporre che il suo predecessore Ariel Sharon, un ex generale, era stato profondamente coinvolto.

Ma perchè ora Olmert non vuole addossarsi la responsabilità di una guerra infruttuosa se l'aveva soltanto approvata, piuttosto che progettata? Probabilmente perché Olmert, che sembrava militarmente debole ed inesperto al pubblico israeliano, non vuole dimostrare che le critiche erano corrette. Ed anche perché, con la maggior parte del suo capitale politico esaurito, sarebbe improbabile che sopravvivesse ad una battaglia per porre gli israeliani contro l'esercito (secondo tutti i sondaggi, l'istituzione più stimata nella società israeliana) nel caso cercasse d'incolparlo del fiasco dell'estate scorsa. Con Halutz andato, Olmert ha poche scelte a parte dire un "mea culpa". Qual è la prova che i Generali israeliani avevano già stabilito i protocolli per una guerra? In primo luogo, un articolo del San Franscisco Chronicle, pubblicato subito dopo lo scoppio di guerra, rivelò che l'esercito israeliano si stava preparando da anni per un vasto assalto al Libano ed aveva un programma specifico per una "guerra di tre settimane" che aveva condiviso con i think-thank di Washington ed i funzionari statunitensi. "Più di un anno fa, un ufficiale anziano dell'esercito israeliano aveva iniziato a dare presentazioni in PowerPoint, su base ufficiosa, a diplomatici, giornalisti e think-thank statunitensi ed esteri, precisando il programma per l'operazione effettiva in dettagli eloquenti", scriveva il reporter Matthew Kalman.

Quella'opinione è stata confermata questa settimana da un anonimo ufficiale di alto grado che ha detto al giornale di Haaretz che l'esercito aveva un programma stabilito per una vasta invasione terrestre del Libano, ma che Olmert si era tirato indietro dal metterla in atto. "Non so se [Olmert] avesse conoscenza dei particolari del programma, ma tutti sapevano che l'IDF [esercito] aveva un'operazione terrestre pronta per l'esecuzione".

Ed in secondo luogo abbiamo un'intervista sui media israeliani con Meyrav Wurmser, la moglie di uno di più alti funzionari nell'amministrazione Bush, David Wurmser, consigliere del Vice-Presidente Dick Cheney per il Medio Oriente. Meyrav Wurmser, cittadina israeliana, è lei stessa associata molto intimamente con il MEMRI, un gruppo che traduce (e "straduce") i discorsi dei leader e funzionari arabi che è conosciuto per i suoi legami con i servizi segreti israeliani. Ha detto sul sito web del principale giornale d'Israele, Yediot Aharonot, che gli Stati Uniti si bloccarono sull'imposizione del cessate il fuoco durante l'assalto d'Israele al Libano perché l'amministrazione Bush si aspettava che la guerra si espandesse alla Siria. "La rabbia [alla Casa Bianca] era per il fatto che Israele non combattè contro i Siriani. I neocon sono responsabili del fatto che Israele ha avuto molto tempo e spazio. Credevano che si dovesse permette ad Israele di vincere. Una parte considerevole di ciò era l'idea che Israele dovesse combattere contro il nemico reale, quello che sosteneva Hizbullah. Era evidente che è impossible combattere direttamente contro l'Iran, ma il pensiero era che il suo [dell'Iran] alleato strategico ed importante [la Siria] dovesse essere colpito". In altre parole, l'immagine che emerge è di un piano di vecchia data dell'esercito israeliano, approvato dai pricipali funzionari statunitensi, per una guerra lampo contro il Libano -- seguita da possibili colpi intimidatori contro la Siria -- usando il pretesto di un avvenimento di frontiera che coinvolgeva Hizbullah. Lo scopo reale, possiamo presumere, era di indebolire quelli che sono visti da Israele e Stati Uniti come alleati di Tehran prima di un attacco all'Iran stesso.

Quello era il motivo per cui nè gli Americani nè Israele volevano, o sembravano ancora voler, negoziare con Assad sul Golan e cercare un accordo di pace che potrebbe -- per una volta -- cambiare in meglio la mappa del Medio Oriente. Malgrado i segni di un leggero disgelo nei rapporti di Washington con Iran e Siria nei giorni scorsi, mosso dalla disperata necessità degli Stati Uniti di fermare l'affondamento sempre più profondo nel pantano dell'Iraq, Damasco è ovviamente prudente. Le posizioni continuamente aggressive di Israele e Stati Uniti hanno provocato una prevedibile reazione della Siria: ha cominciato a sviluppare le sue difese lungo il confine con Israele. Ma nel mondo da Alice nel Paese delle Meraviglie dei servizi segreti israeliani, quella risposta è stata interpretata -- o rigirata -- come segno di un attacco imminente da parte della Siria. Tale, per esempio, è l'opinione di Martin Van Creveld, un professore di storia militare israeliano, descritto di solito tanto eminente quanto senza dubbio con contatti impeccabili nell'establishment militare israeliano, che recentemente ha scritto un articolo sul settimanale ebraico americano, The Forward, suggerendo che la Siria, piuttosto che voler negoziare sul Golan -- come tutte le prove suggeriscono -- sta progettando di lanciare un attacco ad Israele, probabilmente usando armi chimiche, nel mese di ottobre 2008 con la protezione della nebbia e della pioggia. L'obiettivo dell'attacco? Apparentemente, dice il professore, la Siria desidera "infliggere perdite" ed assicurarsi che Gerusalemme "getti la spugna". Qual è la prova del professore per questi piani siriani? Che i suoi militari hanno fatto spese pazze di armamenti in Russia e stanno studiando le lezioni della guerra in Libano. Predice (della Siria, non di Israele) quanto segue: "un certo avvenimento sarà generato ed usato come giustificazione per aprire il fuoco di razzi sulle alture del Golan e sulla Galilea". E conclude: "in generale il programma siriano che emerge è buono e ha ragionevoli probabilità di successo". E che cosa può fermare i Siriani? Non i colloqui di pace, afferma Van Creveld. "Ovviamente, molto dipenderà da ciò che accade in Iraq e Iran. Una breve e riuscita offensiva americana in Iran può persaudere Assad che gli Israeliani, molto del cui materiale è americano o di derivazione americana, non possono essere affrontati alla pari, particolarmente in aria. Per contro, un ritiro americano dall'Iraq, unito con un'empasse iraniano-statunitense nel Golfo Persico, andrebbe nel verso di slegare le mani di Assad". Tutto questo suona familiare. L'Iran vuole la distruzione nucleare di Israele e la Siria vuole che Gerusalemme "getti la spugna" -- o così i neocons e gli utili idioti dello "scontro fra civiltà" vorrebbero farci credere. La paura deve essere che raggiungano il loro obiettivo e spingano Israele e Stati Uniti verso un'altra guerra preventiva -- o forse due.

Jonathan Cook è uno scrittore e giornalista che abita a Nazareth, Israele. Il suo libro "Blood and Religion: The unmasking of the Jewish and Democratic State" è stato pubblicato dalla Pluto Press. Il suo sito web è http://www.jkcook.net/

Jonathan Cook
Fonte: http://www.counterpunch.org/
Link: http://www.counterpunch.org/cook03132007.html