La scienza e l’inizio
di Francesco Agnoli - 22/03/2007
Un creatore è ipotesi irrazionale
E quella dei semi della vita caduti
sulla Terra dall’universo cos’è?
Nella Germania nazista la croce è stata
sostituita dovunque dalla croce uncinata,
o svastica, cioè da un simbolo solare induista,
che richiama l’eterno divenire delle
cose, la concezione di un tempo ciclico, che
si ripete di continuo. Nell’ideologia nazista
infatti confluiscono filosofie e religioni precristiane,
tutte, al fondo, panteiste, cioè fondate
sull’idea dell’eternità e della divinità
del mondo. La svastica è anche simbolo che
richiama la reincarnazione: anche l’uomo
non fa che ripetersi, in involucri diversi.
Coerentemente Adolf Hitler, credendo
nella svastica e nella reincarnazione, era un
rigido vegetariano. La croce cristiana non poteva
piacergli: essa non gira, “stat crux dum
volvitur orbis”, e simboleggia il tempo lineare,
l’incontro tra
una verticale,
Dio, e una
orizzontale,
la terra,
l’uomo. Al
centro vi è
Cristo, Dio e
uomo: come lui,
gli uomini sono
destinati non
alla reincarnazione,
impersonale
vagabondaggio senza significato, ma
alla resurrezione, glorioso trionfo della nostra
unicità spirituale e corporea.
Questa introduzione può aiutare a capire
la discordanza che ci può essere, anche tra
scienziati, su una particolare ipotesi cosmogonica,
a partire da filosofie differenti.
Agli inizi del Novecento un gesuita, Georges
Lemaitre, teorizza la nascita dell’universo
da un “atomo primordiale”. “Questa faccenda
– gli dirà Einstein – somiglia troppo
alla Genesi, si vede che siete un prete…”.
Anche Einstein infatti fu per un certo tempo
convinto che “l’universo non avesse storia,
fosse eterno e infinito” (Franco Prattico,
“Dal caos alla coscienza”, Laterza). Un
altro celebre scienziato, Fred Hoyle, ribattezzò
la teoria di Lemaitre in modo dispregiativo
col nome che conosciamo: “Big
bang”. “Sir Fred, ha scritto Giulio Giorello,
non amava troppo la Genesi, per lui forse
era meglio qualche principio (ciclico, ndr)
tratto dal buddismo e dall’induismo”. Per
questo, lasciando le vesti di scienziato
obiettivo e indossando quelle del filosofo
(quale uomo non lo è?), e volendo opporsi
all’idea di una “creazione cristiana dal nulla”,
inventò il cosiddetto “stato stazionario
dell’universo”. Questa ipotesi “fu il prodotto
dell’immaginazione degli astrofisici Thomas
Gold, Hermann Bondi e Fred Hoyle, i
quali cominciarono a pensarci sopra dopo
essere andati a vedere “The Dead of Night”,
un film che finisce ritornando al punto di
partenza. E se l’universo fosse così? Si chiesero
i tre studiosi. Essi sapevano che l’universo
si sta espandendo, ma non amavano
l’idea che il cosmo avesse avuto un principio,
come l’espansione implicava” (J. Barrow,
“Le origini dell’universo”, Sansoni). Così
inventarono un’ ipotesi, da un film, solo
per opporsi al concetto di creazione: ma nel
1965 la loro ipotesi si rivelò definitivamente
falsa e strumentale, e lo stesso Hoyle, con
una sua scoperta, contribuì ad affossarla.
La panspermia
Hoyle si occupava anche di biologia, sulla
scia di scienziati come Hermann von
Helmholtz e Francis Crick. Come loro propose
l’ipotesi della panspermia. “Una volta
che tutti i nostri tentativi di ottenere materia
vivente da materia inanimata risultino
vani – aveva scritto von Helmholtz –, a me
pare rientri in una procedura scientifica il
domandarsi se la vita abbia in realtà mai
avuto un’origine, se non sia vecchia quanto
la materia stessa”. Il ragionamento, come si
vede, è molto vero, nella sua parte prima,
molto poco scientifico, nella seconda: l’unica
conclusione scientifica del fatto che la
materia viva non nasce da quella inanimata,
è che non conosciamo, sperimentalmente,
la Causa (per un credente spirituale, intangibile),
di questo miracoloso apparire
della vita.
Hoyle partiva da questa riflessione: il
tempo dell’universo, sulla base della teoria
del Big Bang, è troppo breve per ipotizzare,
“sulla base del calcolo di probabilità”, che
la vita sia sorta “attraverso processi casuali”
(il caso è un dogma!). Per poterla giustificare,
nella sua complessità e splendore, occorre
nuovamente contraddire il Big Bang, e
ipotizzare un mondo eterno, mai nato, luogo
di una “infinita serie di accoppiamenti casuali
necessari a far sorgere la vita”. Non
però sul pianeta Terra: come per Crick, scopritore
del Dna, che ipotizzò la panspermia
guidata da parte di extraterrestri, anche
Hoyle ritenne che la Terra fosse troppo giovane.
Non gli rimase che ipotizzare, senza
fondamento, per pura ideologia, ancora una
volta solo per negare la possibilità di un
Creatore, che la vita fosse giunta sulla Terra
dallo spazio, tramite semi della vita sparsi
per l’universo, non si sa bene come né dove.
La realtà, invece, è che “nulla obbliga la chimica
a produrre la vita” (Prattico).