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La guerra liberale alla democrazia

di John Pilger - 23/03/2007

 

La propaganda che trasforma le democrazie aperte e vivaci in “dittature autoritarie” è la stessa che ha fatto arrugginire il ricordo di Salvator Allende, è quella diffusa dai liberali inaspriti e sterili che ora reclamano l’autorevolezza della “Sinistra” per modellarsi alle preferenze di Wolfowitz, al ridicolo “impero islamico mondiale” di Dick Cheney e, soprattutto, alla loro passione per le guerre combattute col sangue altrui

Nel nuovo libro dello scrittore e accademico statunitense Andrew Cockburn, intitolato Rumsfeld, la distanza tra il potere rampante e le sue vittime più lontane è breve. Donald Rumsfeld, segretario alla difesa Usa fino allo scorso novembre e ideatore del bagno di sangue iracheno, è colui che ha coordinato, direttamente dal suo ufficio al Pentagono, le torture di cui si sono resi celebri alcuni soldati americani, quelle realizzate ricorrendo a “fobie personali, come la paura dei cani, per indurre uno stato di stress” e a, ad esempio, "un asciugamano bagnato con acqua corrente per indurre la sensazione di essere soffocati”. Le prove documentate da Cockburn dimostrano che altri mafiosi appartenenti allo staff di Bush Jr., come Paul Wolfowitz, ora presidente della Banca Mondiale, “hanno concordato sul fatto che Rumsfeld avrebbe dovuto approvare qualsiasi metodo di tortura senza restrizioni, fatta eccezione per quello dell'asciugamano bagnato”.

A Washington, ho chiesto a Ray McGovern, ex ufficiale senior della CIA, cosa ne pensa del commento di Norman Mailer [noto scrittore americano, NdT] “l’America è entrata in una fase pre-fascista”. “Spero che abbia ragione”, ha risposto McGovern, “perché molti altri affermano che stiamo entrando [noi americani – NdT] in uno stato fascista. Quando pensi a chi controlla i mezzi di informazione da cui la maggior parte degli americani apprende le notizie, quando pensi a come la cosiddetta ‘guerra al terrore’ viene condotta, cominci a capire dove siamo diretti. È illuminante il fatto che oggi la minaccia nucleare sia vista, prima di tutto, come figlia degli Stati Uniti e della Gran Bretagna”.

McGovern scriveva i rapporti giornalieri dell’intelligence per il presidente. Lo intervistai più di tre anni fa; oggi le sue parole si rivelano impressionanti e illuminanti, così come le rivelazioni di Cockburn sulla vita di Rumsfeld. La sua interpretazione dei rigurgiti fascisti all’interno di una società teoricamente libera ricorda l’avvertimento orwelliano “il totalitarismo non richiede uno stato totalitario”.

Le menzogne alla base dell’attuale inquietante fase storica in cui viviamo sono chiare a tutti e rifiutate dalla maggioranza. Esempi illuminanti sono state le giornate del 15 e 16 febbraio 2003, quando circa trenta milioni di persone scesero nelle strade e nelle piazze di tutto il mondo per manifestare contro la guerra – e quando ci fu la più grande manifestazione della storia britannica. Più recentemente, la settimana scorsa in America Latina, dove George W. Bush s’è recato in visita con l’obiettivo di “marcare il territorio”, “l’illustre visitatore”, ha notato un osservatore a Caracas, “è stato ricevuto con paura e disprezzo”.

Ci sono diverse affinità tra la sofferenza dell’America Latina e quella del Medio Oriente. La disuguaglianza dovuta all’alternanza negli anni tra governi popolari e riformisti creati dagli Usa e la nascita di regimi basati sulla tortura, dal Guatemala al Cile, riflette l’attuale contesto dall’Iran all’Afghanistan. I recenti attacchi al governo venezuelano di Chávez sferrati dai media, che Ray McGovern descrive come “un prodotto del servilismo”, sono mirati nella sostanza a negare il diritto dei poveri di mutare la loro condizione.

Rieletto lo scorso dicembre a seguito di una vittoria trionfante (è stato scelto dai tre quarti della popolazione con diritto di voto) – l’undicesima – Hugo Chávez impersona quel tipo di democrazia, genuina e brillante, cui la Gran Bretagna ha rinunciato diversi anni fa. In Venezuela, la classe politica non è assoggettata alle piroette di Blair, un criminale, o di Gordon Brown, colui che ha finanziato le avventure imperiali combattute da giovani soldati che, tornati a casa, non trovano nessuno disposto a cambiar loro la sacca colostomia.

Chávez, sbarazzandosi delle funeste costrizioni del Fondo Monetario Internazionale, intende impiegare la ricchezza prodotta dal petrolio venezuelano per unire tra loro i popoli sudamericani e scongiurare definitivamente l’economia internazionale ufficiale che, nonostante si definisca liberale, è tra le principali cause della storica sofferenza che affligge l’America Latina. In questo è sostenuto da molti altri governi sudamericani e dai milioni di persone da cui proviene il suo mandato.

Questa realtà è nota al di là dell’Atlantico solo da chi ne segue gli sviluppi con particolare attenzione. La propaganda che trasforma una democrazia aperta e vivace in una “dittatura autoritaria” è la stessa che ha fatto arrugginire il ricordo di Salvator Allende, di cui si parlò negli stessi termini. È diffusa da quei liberali inaspriti e sterili che avevano osannato Blair – almeno prima che combinasse i suoi imbarazzanti pasticci – e che ora reclamano l’autorevolezza della “Sinistra” per modellare il loro mentore alle preferenze di Wolfowitz, il loro appoggio al ridicolo “impero islamico mondiale” di Dick Cheney e, soprattutto, la loro passione per le guerre combattute col sangue altrui.


John Pilger, nato in Australia nel 1939, ha seguito i conflitti in Vietnam, Cambogia, Egitto, India, Bangladesh e Biafra. Ha scritto
I nuovi padroni del mondo (Fandango Libri)

Fonte: The New Statesman
Traduzione a cura di Margherita Ferrari per Nuovi Mondi Media