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Da amnistia e indulto conseguenze devastanti per la nostra società

di Massimo Fini - 21/10/2013



In un suo discorso a Bari Matteo Renzi ha definito amnistia e indulto misure 'diseducative'. Suscitando un mucchio di polemiche. In realtà il sindaco di Firenze ha usato la mano leggera. Queste misure sarebbero devastanti. La pena infatti ha un effetto deterrente o, per dirla nei termini tecnici del grande penalista Francesco Antolisei, sui cui testi chiunque abbia fatto Giurisprudenza ha studiato, serve da 'controspinta alla spinta criminosa'. La pena cioè non ha solo la funzione di punire un colpevole ma di dissuadere chi abbia tendenze criminali (e in qualche misura le abbiamo tutti) dall'imitarlo, commettendo quello stesso o altri reati. Anche per questa ragione indulto e amnistia, come dimostrano i precedenti, non solo non risolvono il problema del sovraffollamento delle carceri ma lo aggravano. All'epoca dell'indulto del 2006 i detenuti erano poco più di 60 mila a fronte di una capienza carceraria di circa 42 mila. Nel giro di due anni tornarono ai livelli precedenti. Oggi sono oltre 70 mila. Molti dei detenuti rimandati in libertà tornano a delinquere, perchè ce l'hanno nel dna o per disperazione non avendo altre alternative, mentre dei nuovi se ne aggiungono anche perchè incoraggiati dal sapere che prima o poi verranno scarcerati con ampio anticipo. In Italia non si fa che parlare della necessità della 'certezza della pena' ma si fa di tutto per renderla un optional. Il sovraffollamento delle carceri esiste da almeno vent'anni. Non si riesce davvero a capire perchè in tutto questo tempo non se ne siano costruite di nuove e più civili. Oltretutto ci sarebbe un vantaggio collaterale: non si dice sempre che l'edilizia (e quindi, presumo, anche quella carceraria) è un volano per l'economia? Ma la nostra amata e preveggente classe dirigente non ha pensato a una misura tanto semplice. Cosi' il sovvraffollamento delle carceri è diventato effettivamente un'emergenza, da risolvere con urgenza. Si potrebbero depenalizzare i reati cosiddetti 'gabatellari', cioè di modesta entità e di modesta pericolosità sociale (e invece non si fa che aggiugerne dei nuovi, come quello di «associazione a delinquere finalizzata all'imbrattamento e al deturpamento» che il Tribunale di Milano si è inventato per condannare due giovani graffittari, di 24 e 22 anni, a sette mesi di reclusione). Si potrebbero mandare ai domiciliari i piccoli spacciatori che costituiscono una porzione cospicua della popolazione carceraria. Ma questi sono, appunto, provvedimenti di emergenza. Ben altri interventi strutturali andrebbero fatti. Il primo e il più importante è la drastica riduzione della durata dei processi. Il 40% dei carcerati è rappresentato da detenuti in attesa di giudizio. E' questa la vera infamia. Perchè costringe in carcere, in penitenziari considerati giustamente disumani, per mesi, per anni, persone che al giudizio risulteranno innocenti e che vedranno rovinata la loro vita per sempre. Ma in questi anni non si è fatto altro che inzeppare il Codice di procedura penale di norme inutili, formali, che hanno ulteriormente allungato i tempi dei processi.
E' curioso, per non dir altro, che il Presidente Napolitano, che è stato ministro degli Interni dal 1996 al 1998, si accorga solo ora, dopo la condanna di Silvio Berlusconi, del problema del sovraffollamento delle carceri e proponga come soluzione l'amnistia e l'indulto. Il sospetto è lecito. Sarebbe la prima volta al mondo che per salvarne uno se ne mandano fuori 24 mila. E quando poi molti di questi torneranno a commettere reati odiosi i primi a indignarsi saranno proprio coloro che quelle leggi hanno varato o voluto scaricandone, come sempre, la responsabilità sui magistrati che le hanno doverosamente applicate.