A Gaza come in Ruanda o Cambogia è genocidio
di Fulvio Scaglione - 05/06/2025
Fonte: Inside Over
Noi italiani abbiamo un metodo infallibile per mandare in vacca un argomento serio o, altrettanto spesso, per impedire un dibattito serio su un argomento spinoso. Ed è trasformare il tutto nell’ennesima discussione televisiva da bar, Milan-Inter, Coppia-Bartali, in cui tutti i pareri sono uguali e alla fin fine, proprio come al bar, vince la serata quello che grida più forte o sembra più convinto. Poi finisce la serata a tutti a casa, pronti per la sera dopo. Non è complicato: chiami i soliti “esperti” da strapazzo, quelli che pontificano su tutto e passano più tempo in Tv che in famiglia, e il gioco è fatto. Tanto, hanno tutti ragione. Per dire: Enrico Mentana che, nella foga di difendere Israele anche a costo del ridicolo, va in giro a dire che a Gaza non può essere genocidio perché “dal fiume al mare” ci sono più palestinesi che israeliani. E nessuno che gli faccia notare che anche i coloni europei erano meno numerosi dei nativi dell’America del Nord, ma riuscirono egregiamente a sterminarli. E che anche i conquistadores erano meno numerosi degli indigeni dell’America del Sud, ma riuscirono a ottenere lo stesso risultato.
E sia chiara una cosa. Questa e altre amenità del genere non servono a difendere gli ebrei ma “questo” Israele, “questo” Governo di Israele, “questo” primo ministro ovvero Benjamin Netanyahu. Così come nel discutere l’ipotesi che a Gaza venga commesso un genocidio non vi è nulla di antisemita. Per una ragione molto semplice: quello di genocidio è un concetto non discutibile, che non ha nulla a che fare con la politica, con i gusti o i pregiudizi personali. Genocidio è un concetto codificato dal diritto internazionale. Non ci sono grandi interpretazioni da tentare: bisogna solo verificare se un certo evento (nel caso specifico le stragi di Gaza) corrisponde o meno ai criteri stabiliti dai trattati internazionali. Stop. Il resto è fuffa o propaganda.
La lunga strada per definire il crimine
In queste pagine Raffaele Buccolo ha spiegato bene nel dettaglio sia il percorso compiuto nel secondo dopoguerra per arrivare a una definizione di genocidio sia ciò che il diritto internazionale prevede in merito. Noi qui vogliamo solo ricordare le tappe principali. 1946: le Nazioni Unite arrivano alla definizione di genocidio come “negazione del diritto all’esistenza di interi gruppi umani, poiché l’omicidio è la negazione del diritto alla vita dei singoli esseri umani”, precisando che “molti casi di tali crimini di genocidio si sono verificati quando gruppi razziali, religiosi, politici e di altro genere sono stati distrutti, in tutto o in parte”. E sottolineiamo “in tutto o in parte”. Sulla base di quei lavori, sempre in sede Onu, nel 1948, si arrivò alla Convenzione per la prevenzione e la punizione del crimine di genocidio (detta anche Un Convention on Genocide) a cui hanno finora aderito 153 Paesi (qui la lista completa), tra gli altri Israele nel 1950.
All’articolo 2, la Convenzione dice chiaramente e senza fronzoli che cosa si intende per genocidio:
“Nella presente Convenzione, per genocidio si intende uno qualsiasi dei seguenti atti commessi con l’intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso, in quanto tale:
(a) Uccidere membri del gruppo;
(b) Causare gravi danni fisici o mentali ai membri del gruppo;
(c) Sottoporre deliberatamente il gruppo a condizioni di vita volte a provocarne la distruzione fisica, in tutto o in parte;
(d) Imporre misure volte a impedire le nascite all’interno del gruppo;
(e) Trasferire forzatamente bambini del gruppo a un altro gruppo”.
Non vi sono dubbi sul fatto che:
Israele uccide membri del gruppo (nazionale, etnico, razziale e religioso allo stesso tempo) palestinese di Gaza (e non solo a Gaza, peraltro): la proporzione di queste uccisioni, d’altra parte, è molto superiore ai dati solitamente diffusi per comodità o malafede, come le ricerche indipendenti dei medici Usa e della rivista medica britannica Lancet, di cui in pochi abbiamo dato notizia, hanno ampiamente dimostrato.
Israele causa gravi danni fisici o mentali ai membri del gruppo.
Israele sottopone deliberatamente il gruppo a “condizioni di vita volte a provocarne la distruzione fisica, in tutto o in parte”.
Israele impone ai gazawi “misure volte a impedire le nascite all’interno del gruppo”, anche solo attraverso la sistemica distruzione delle strutture sanitarie e scolastiche o l’uso della carestia come un’arma di guerra.
Quattro su cinque
Quattro caratteristiche essenziali del genocidio su cinque sono dunque innegabili nelle azioni di Israele a Gaza. E dunque non vi è alcunché da discutere: è un genocidio. E come tale va punito secondo i meccanismi di garanzia previsti dalla suddetta Convenzione:
“L’istituzione di procedimenti giudiziari nei tribunali dello Stato sul cui territorio sono stati perpetrati atti di genocidio;
l’istituzione di un Tribunale penale internazionale, cui però possono fare ricorso solo gli Stati che ne abbiano accettato la competenza;
il ricorso agli organi competenti dell’Onu perché adottino misure contemplate dalla Carta delle Nazioni Unite;
il ricorso di uno Stato alla Corte internazionale di giustizia contro lo Stato autore di genocidio (ed è il caso della causa intentata dal Sudafrica contro Israele, ndr)”.
D’altra parte, i precedenti non mancano. La Shoah, ovviamente. Ma anche gli altri tre casi di genocidio internazionalmente riconosciuti: la guerra in Bosnia-Herzegovina, il genocidio del Ruanda, il genocidio in Cambogia. Più il genocidio degli armeni dei parte dei turchi nel 1915, di cui ancora si discute. E si badi bene: nessuno pensa o dice che nel giudicare i fatti di Bosnia vi sia un fenomeno di razzismo o di discriminazione etnico-religiosa nei confronti dei serbi. Nessuno parla di razzismo nei confronti degli Hutu per il massacro di Tutsi, men che meno nel caso della Cambogia. E nessuno rileva un sentimento anti-turco quando si discute delle stragi ai danni degli armeni. Quindi perché si dovrebbe parlare di antisemitismo nell’esaminare quanto la legislazione internazionale dice a proposito di azioni come quelle di Israele a Gaza?
Quindi, per favore: basta con queste stupidagini. La legge, anche quella internazionale, parla chiaro. E la legge, anche quella internazionale, è uguale per tutti. Altrimenti non è legge. È arbitrio. quello che piace a tanti, compresi tanti “esperti” e “analisti” e “intellettuali” che popolano le nostre televisioni.