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Bakhmut

di Daniele Dell'orco - 12/02/2023

Bakhmut

Fonte: Daniele Dell'orco

Tre considerazioni sole sul discorso di Zelensky letto da Amadeus a #sanremo e sull'esibizione della band ucraina Antytila, qui in foto sul fronte di Bakhmut.
1) Il fatto che Zelensky sia stato progressivamente declassato da video a testo fino a telegramma letto all'una e mezza di notte, suggerisce che gli autori del festival sanno bene che il pubblico a casa non capisce fino in fondo le ragioni di questa guerra né la necessità del supporto italiano e occidentale. Di contro, anche la manifestazione anti-Zelensky organizzata fuori dall'Ariston è stata un mezzo flop. Segno evidente che l'opinione pubblica italiana non è e non vuole essere affatto battagliera.
Nel messaggio di Zelensky si legge: "L'Ucraina sicuramente vincerà questa guerra. Vincerà insieme al mondo libero. Vincerà grazie alla voce della libertà, della democrazia e, certamente, della cultura. Ringrazio il popolo italiano e i suoi leader che insieme all'Ucraina avvicinate questa vittoria.
Auguro successo a tutti i finalisti e dal profondo del mio cuore voglio invitare i vincitori di quest'anno a Kyiv, in Ucraina, nel Giorno della Vittoria. Nel Giorno della nostra Vittoria!
Questa Vittoria oggi viene creata e ottenuta in condizioni estremamente difficili. Grazie ai nostri difensori! Grazie a loro coraggio, indomabilità, invincibilità".
Sorvolando sul bellicismo perché rientra tra le prerogative di un Paese in guerra, stona un po' parlare di vittoria ucraina grazie alla voce della democrazia, della libertà e della cultura.
La democrazia in Ucraina non è affatto compiuta, e la guerra in corso è esplosa giustappunto per la compressione delle libertà e per contese linguistiche, etniche, culturali.
Zelensky avrebbe fatto più bella figura a parlare di cultura, sì, ma solo ucraina, alla luce anche della poderosa operazione di "cancel culture" anti-russa, anti-magiara e anti-rumena in corso nel suo Paese.
2) L'esibizione della band Antytila e il suo inno alla resistenza che il testo stesso della canzone indica come "folle", rapportato a quanto accade a Bakhmut. La loro canzone si chiama proprio "Fortezza Bakhmut". Gli ucraini in Italia si sono lamentati che non sia stata proiettata in prime-time e non i sottotitoli.
Non sanno, o semplicemente non gli interessa, che per gli standard post-bellici italiani è stato già fuori dai canoni farla cantare.
Nel nostro Paese storicamente all'esercito italiano vengono impedite esternazioni troppo "combat" e per decenni e ancora oggi non è possibile parlare della Prima guerra mondiale (vinta) in senso patriottico. La Canzone del Piave non si canta più da una vita e a stento è stata sussurrata in occasione del centenario della vittoria.
Ma per qualche motivo gli opinion leader ucraini volevano che nella TV di Stato passassero i sottotitoli di una canzone suonata da amici personali di Zelensky, che hanno registrato il video ufficiale al fronte con attrezzatura occidentale da 300mila euro per poter avere un prodotto di qualità con cui fare #roc (non rock) in mezzo mondo, che cantano "Lascia che il topo con le spalle al muro salti e il demone insanguinato cadrà in agonia" mentre un obice occidentale M777 spara proiettili veri, con i passi della canzone scritti sopra, contro obiettivi reali. È la prassi bellica più comune per ogni artigliere: dedicare al nemico messaggi di guerra mentre su di lui piove morte.
Una cosa che a Sanremo e in generale nella TV italiana non si era davvero mai vista.
3) Gli analisti militari occidentali non capiscono la guerra. Questa guerra. Da mesi ripetono che Bakhmut è inutile, che i russi impiegano troppi mesi per conquistarla (questo è vero), e che non sarebbe un grande successo militare.
Ebbene, gli analisti occidentali per fortuna non devono combattere una guerra per difendere le nostre case visto che non hanno idea di cosa significhi non solo Bakhmut ma tutte le città del Donbass diventate, come dice la canzone, "fortezze": Mariupol, Severodonetsk, Popasna, Soledar, oggi Bakhmut e domani chissà forse Siversk, Chasov Yar, Kramatorsk e Slovyansk.
Proprio negli stessi minuti in cui gli Antytila cantavano la resistenza di Bakhmut, la città è stata posta in accerchiamento operativo.
Nulla lascia presagire che l'esercito ucraino si ritirerà e l'avanzata della Wagner continuerà lentamente, ritoccando verso l'alto ogni giorno che passa il contatore delle morti a fronte di un epilogo che, sia in una settimana o un mese, è scritto. Eppure, gli Antytila cantano l'eroismo e la resistenza senza senno di Bakhmut, Zelensky in persona ordina anziché un ritiro persona il trasferirmento di unità non solo a scapito delle riserve della regione di Kharkiv (create in caso di offensiva delle truppe russe), ma anche della regione di Zaporozhye (come uno dei battaglioni della 47a brigata meccanizzata "volontaria" d'élite delle forze armate ucraine).
Ciò rende ancora più complicata la situazione su altri fronti e ancor più necessaria la mobilitazione di altri uomini per le strade, sui posti di lavoro e persino sulle piste da sci.
Eppure secondo i professoroni occidentali Bakhmut non serve a niente.
Come fu per Mariupol e per le altre, anche per Bakhmut lo scopo c'è, ed è il martirio a scopo di marketing. Con l'ultimo acciaio dell'Azovstal sono state prodotte placchette da vendere per commemorare gli "eroi" di Mariupol e finanziare nuovi rifornimenti militari; con la storia della strenua resistenza dell'acciaieria è stata narrata un'epopea capace di dimostrare all'Occidente che le loro armi non sarebbero state abbandonate e che il sostegno militare sarebbe stato ripagato con la vita; con le canzoni dedicate alla "Fortezza Bakhmut" si sta ripetendo in serie la spettacolarizzazione della morte insensata in battaglia e della negazione della sconfitta.
Se l'Ucraina volesse provare davvero a vincere la guerra tutto dovrebbe fare tranne che sperperare personale in questo modo (al netto della Russia che a sua volta sperpera personale in altro modo).
L'Ucraina invece, non vuole vincere la guerra.
Vuole creare un prodotto.