Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Donald Trump dissocia gli Stati Uniti da Israele

Donald Trump dissocia gli Stati Uniti da Israele

di Thierry Meyssan - 13/05/2025

Donald Trump dissocia gli Stati Uniti da Israele

Fonte: Reseau Voltaire

Il principale ostacolo che deve affrontare Donald Trump nei negoziati di pace con l’Iran e con l’Ucraina è il ruolo dei sionisti revisionisti, oggi al potere in Israele [1]. Due settimane fa ho illustrato in dettaglio, prove alla mano, le pressioni che costoro stanno esercitando su Washington per far deragliare le discussioni con Teheran [2]. Nella mia rubrica settimanale, su Voltairenet.org, non ho avuto bisogno di dilungarmi sulle pressioni che esercitano a vantaggio dei nazionalisti integralisti ucraini [3] perché sono diventate evidenti pubblicamente il 3 maggio, con le dichiarazioni enfatiche di Natan Sharansky a sostegno di Zelensky [4].

Avevo già spiegato perché e in che modo questi due gruppi strinsero un’alleanza nel 1921 contro i bolscevichi e contro molti ebrei ucraini, che portò a un’indagine dell’Organizzazione sionista mondiale e alle dimissioni di Vladimir Jabotinsky dal suo consiglio di amministrazione. Oggi questa vicenda è sottovalutata dagli storici ebrei, cui ripugna studiare il massacro di ebrei per mano di altri ebrei. Tuttavia ci sono eccezioni, come il lavoro di Grzegorz Rossolinski-Liebe [5]. È lo stesso Sharansky a impedire agli storici di studiare l’argomento, in quanto presidente del Centro di commemorazione dell’Olocausto di Babij Jar, località vicino a Kiev in cui furono fucilati, il 29 e 30 settembre 1941, 33.771 ebrei dagli Einsatzgruppen e dai nazionalisti integralisti, due settimane dopo il trasferimento di Stepan Bandera da Kiev a Berlino.

E non dimentichiamo i contatti dei sionisti revisionisti con Adolf Eichmann, che si protrassero fino alla presa di Berlino da parte dell’Armata Rossa, il 2 maggio 1945 [6].

All’inizio dell’operazione speciale russa in Ucraina, il primo ministro israeliano dell’epoca, Naftali Bennett, invitò Zelensky a riconoscere le giuste pretese di Mosca di «denazificazione dell’Ucraina». L’allora ministro israeliano della Difesa, Benny Gantz, dichiarò che finché fosse stato in vita non avrebbe permesso a Israele di fornire armi ai «massacratori di ebrei ucraini». Netanyahu, attuale primo ministro, ha invece autorizzato l’industria bellica israeliana a esportare armi in Ucraina.

Nel 2022 il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, dichiarò: «E anche se Zelensky fosse ebreo? Questo non significa che in Ucraina non possano esserci elementi nazisti. Credo che anche Hitler avesse sangue ebraico. Non ha alcuna rilevanza. Il popolo ebraico, nella sua saggezza, ha detto che i più accaniti antisemiti sono generalmente ebrei. Ogni famiglia ha la sua pecora nera, come si dice». Yair Lapid gli ha risposto: «Queste affermazioni sono imperdonabili e scandalose, ma sono anche un terribile errore storico. Gli ebrei non si sono uccisi tra loro durante la Shoah. Il livello più abietto di razzismo contro gli ebrei è accusare gli ebrei stessi di antisemitismo». Non illudiamoci: la storia non è fatta di comunità buone o cattive, ma di uomini, ognuno dei quali può comportarsi in modo diverso. Apriamo gli occhi!

L’immobiliarista Steve Witkoff, inviato speciale di Trump per il Medio Oriente nonché
amico del presidente, è di cultura ebraica. Ha capito perfettamente ciò che Vladimir Putin
gli ha detto sui sionisti revisionisti in Israele e sui nazionalisti integralisti in Ucraina,
al punto che gli occidentali lo hanno accusato di avere abbracciato la narrazione russa.

Torniamo al nostro tema. Trump è presidente degli Stati Uniti, un Paese il cui mito fondatore afferma che fu fondato dai Padri Pellegrini che, in fuga dal “faraone” d’Inghilterra, attraversarono l’Atlantico – proprio come gli ebrei attraversarono il Mar Rosso – e fondarono una colonia a Plymouth – proprio come gli ebrei fondarono la Terra Promessa. Tutti gli statunitensi celebrano questo mito il Giorno del Ringraziamento (Thanksgiving Day). Tutti i presidenti degli Stati Uniti, senza eccezioni, da George Washington a Donald Trump, vi hanno fatto riferimento nei loro discorsi ufficiali. L’alleanza tra Washington e Tel Aviv è quindi indiscutibile. Si dà il caso che negli Stati Uniti – Paese in cui proliferano le sette, che celebra la libertà di religione ma non la libertà di coscienza e denuncia il laicismo francese peraltro senza comprenderlo – esiste un movimento cristiano-sionista. È formato da cristiani che equiparano l’Israele biblico all’attuale Stato di Israele. Questo movimento ha votato in massa per Trump e ora batte cassa. Diventato presidente, Trump ha nominato la pastora Paula Blanche (che ha legami anche con gli imperialisti giapponesi) direttrice dell’Iniziativa Fede e Opportunità della Casa Bianca.

In ogni caso, benché nessuno negli Stati Uniti possa mettere in discussione l’alleanza con Israele, ciò non implica in alcun modo un sostegno ai sionisti revisionisti, al potere a Tel Aviv.

Abdul-Malik al-Houthi e i suoi uomini hanno resistito. Ansar Allah ha
continuato ad attaccare le navi israeliane a sostegno dei civili gazawi.
Ha inoltre firmato un accordo di libera circolazione con gli Stati Uniti.

Il presidente Trump sta lentamente dissociando Israele da Benjamin Netanyahu. Ricevendo il primo ministro israeliano alla Casa Bianca, nonostante il mandato di arresto della Corte Penale Internazionale, Trump ha fatto proclamare al segretario di Stato, Marco Rubio, che la sua amministrazione è la più filoisraeliana della storia. Al tempo stesso però si è opposto fermamente al piano di Netanyahu d’interrompere l’accordo di pace firmato con Hamas e di occupare militarmente la Striscia di Gaza. Si è spinto fino a sostenere che le forze armate statunitensi (non quelle israeliane) avrebbero assunto il controllo di questo territorio. Prendendo atto che le sue affermazioni non producono effetti su Tel Aviv, il presidente Trump ha recentemente compiuto un passo decisivo: senza avvisare l’alleato israeliano, ha negoziato una pace separata con Ansar Allah proprio nel momento in cui il movimento yemenita bombardava l’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv.

Ripristinando la divisione tra Yemen del Nord e Yemen del Sud, il movimento Ansar Allah, guidato dalla famiglia Houthi (da qui il soprannome peggiorativo occidentale di “banda Houthi” o “Houthi”) è riuscito, con l’aiuto dell’Iran, a porre fine alla guerra interna, poi ad aiutare i civili palestinesi bombardando nel Mar Rosso navi israeliane o legate a Israele. Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite non ha mai condannato questi attacchi, ma solo i perturbamenti alla libertà di navigazione delle navi non coinvolte nel conflitto di Gaza. In spregio alle Nazioni Unite, Stati Uniti e Regno Unito hanno costituito una coalizione militare per rispondere ad Ansar Allah e così aiutare gli israeliani nel massacro dei civili di Gaza. Dapprima hanno mirato a obiettivi militari, senza peraltro ottenere risultati significativi (tutte le installazioni militari yemenite sono sottoterra), poi hanno colpito personalità politiche, facendo molte vittime civili collaterali.

Gli anglosassoni hanno continuato ad accusare l’Iran di sostenere militarmente Ansar Allah, additando Teheran come protagonista della guerra in corso. Ma il generale Qassem Soleimani (assassinato per ordine di Trump il 3 gennaio 2020) aveva aiutato Ansar Allah a riorganizzarsi per essere autonomo nella fabbricazione delle armi e continuare la guerra senza l’aiuto dell’Iran. Per quanto l’Iran abbia continuato a ripetere di non essere più coinvolto nello Yemen, gli anglosassoni continuano a considerare Ansar Allah un mercenario dell’Iran, cosa oggi assolutamente falsa.

Ora dobbiamo capire l’approccio di Trump ai conflitti del Medio Oriente Allargato. Vuole costringere i gruppi che conducono guerre, siano giuste o sbagliate, a cessarle. Ma non intende entrare in guerra con alcuno di loro. Spera poi di negoziare compromessi per stabilire una pace giusta e duratura. Per questo fece assassinare il generale Soleimani nel 2020, subito dopo aver fatto assassinare il califfo di Daesh, Abu Bakr al-Baghdadi. Ha autorizzato operazioni contro Ansar Allah, cui ha recentemente posto fine, dopo aver capito che non si tratta di un gruppo terroristico, ma di una potenza politica legittima che amministra uno Stato non ancora riconosciuto. Ha autorizzato la fornitura di armi a Israele durante la pulizia etnica di Gaza, ma ha iniziato a sostenere il movimento pacifista all’interno delle Forze di Difesa Israeliane (FDI), cosicché oggi i sionisti revisionisti non hanno più mezzi per massacrare i gazawi e stanno ripiegando nell’assedio vòlto a farli morire di fame.

L’accordo separato raggiunto con Ansar Allah va quindi visto come una rottura dell’allineamento di Washington a Tel Aviv, nonché come un passo verso l’accordo con Teheran. Quando, a metà marzo, Tel Aviv ha percepito un possibile ritiro degli Stati Uniti, senza arrivare a prevedere una pace separata, si è nuovamente scatenata e ha attaccato lo Yemen 131 volte.

Lo statunitense-israeliano Ron Dermer, molto vicino a Natan Sharansky (con cui ha scritto un libro) è stato ambasciatore di Israele a Washington; ora è ministro degli Affari strategici. In tale veste è il principale responsabile dei piani di annessione di Gaza e di massacro della popolazione civile. Reagendo alla pace separata Usa-Yemen, l’8 maggio, questo sionista revisionista si è recato alla Casa Bianca, dove è stato ricevuto “a titolo privato” da Trump [7]. L’incontro è andato molto male: Dermer ha cercato di dire al presidente cosa avrebbe dovuto fare, ma Trump lo ha immediatamente rimesso al suo posto.

Il giorno dopo, il 9 maggio, l’editorialista del New York Times, ha scritto: «Non ho dubbi che il popolo israeliano, in un modo o nell’altro, continui a ritenersi un solido alleato del popolo statunitense, e viceversa. Ma questo governo israeliano ultranazionalista e messianico non è un alleato degli Stati Uniti […] Possiamo continuare a ignorare il numero di palestinesi uccisi nella Striscia di Gaza – oltre 52 mila, di cui circa 18 mila bambini – a mettere in dubbio l’affidabilità di queste cifre, a usare tutti i meccanismi della repressione, della negazione, dell’apatia, della presa di distanza, della normalizzazione e della giustificazione. Niente di tutto questo cambierà l’amara realtà: li hanno uccisi. Lo hanno fatto le nostre mani. Non dobbiamo chiudere gli occhi. Dobbiamo svegliarci e gridare forte e chiaro: fermate la guerra» [8].

Steve Witkoff non si è fatto abbindolare da Benjamin Netanyahu.
Tornato a Washington ha messo in guardia il presidente, nonché
amico, Trump, sul fascismo storico dei sionisti revisionisti.

Inoltre, questa settimana il presidente Trump ha in programma incontri con i leader di Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Qatar, ma non incontrerà Netanyahu. Anche il segretario alla Difesa, Pete Hegseth, ha cancellato un viaggio previsto in Israele nello stesso periodo, rafforzando così il messaggio del presidente.

L’8 maggio Reuters ha rivelato che Washington, nei negoziati con Mohamed bin Salman (MBS), il principe ereditario dell’Arabia Saudita, non pone più il riconoscimento di Israele come condizione preliminare per qualsiasi accordo [9]. Se la notizia fosse confermata, ciò significherebbe che ritenere l’attuale Stato ebraico uno Stato ebraico razzista non sarebbe più reato in Occidente.

A inizio marzo si è appreso che il presidente Trump aveva autorizzato Adam Boehler, suo negoziatore per la liberazione degli ostaggi statunitensi, a stabilire contatti diretti con Hamas, pur ancora ufficialmente considerata «organizzazione terroristica». Questo diverso atteggiamento è stato premiato il 12 maggio dall’annuncio della liberazione dell’israeliano-statunitense Edan Alexander, rapito il 7 ottobre 2023 mentre trasportava armi. Del resto a inizio maggio già si erano diffuse a macchia d’olio voci di un possibile riconoscimento dello Stato di Palestina da parte degli Stati Uniti durante la visita di Trump a Riyad.

Thierry Meyssan

Traduzione
Rachele Marmetti

[1] “Il velo si squarcia: le verità nascoste di Jabotinsky e Netanyahu”, di Thierry Meyssan, Traduzione Rachele Marmetti, Rete Voltaire, 23 gennaio 2024.

[2] “Le sfide dei negoziati di Donald Trump con la Repubblica islamica dell’Iran”, di Thierry Meyssan, Traduzione Rachele Marmetti, Rete Voltaire, 29 aprile 2025.

[3] “Chi sono i nazionalisti integralisti ucraini?”, di Thierry Meyssan, Traduzione Rachele Marmetti, Rete Voltaire, 15 novembre 2022.

[4] Dépêche 3441 : « Natan Sharansky dresse l’éloge de Volodymyr Zelensky», Voltaire, actualité internationale – N°132 – 9 mai 2025.

[5Stepan Bandera, The Life and Afterlife of a Ukrainian Nationalist. Fascism, Genocide, and Cult, Grzegorz Rossoliński-Liebe, Ibidem (2014). Fascism without borders: transnational connections and cooperation between movements and regimes in Europe from 1918 to 1945, Berghahn Books (2017). «Debating, obfuscating and disciplining the Holocaust: post-Soviet historical discourses on the OUN–UPA», East European Jewish Affairs, Vol. 42, No. 3, December 2012.

[6« מדוע חוסל קסטנר » (Pourquoi a-t-il été assassiné ?), Nadav Kaplan, Éditions Steimatzky (2024).

[7] «Scoop: Trump had “private meeting” with Netanyahu adviser ahead of Mid-East trip», Barak David, Axios, May 8, 2025/

[8] «This Israeli Government Is Not Our Ally», Thomas L. Frideman, The New York Times, May 9, 2025.

[9] «Exclusive: Under Trump, Saudi civil nuclear talks delinked from Israel recognition, sources say», Pesha Magid, Reuters, May 8, 2025.

di Thierry Meyssan per Réseau Voltaire