Far scomparire la Palestina
di Philip Giraldi - 25/05/2025
Fonte: Giubbe rosse
È stata un’altra settimana emozionante in un mondo in guerra, dove la parola “diplomazia” non ha alcun significato e verrebbe probabilmente definita dal capo della Sicurezza Interna americana Kristi Noem come una dottrina in cui si spara a qualcuno prima che lui o lei possa sparare a te. Nel mio articolo della scorsa settimana ho discusso le notizie secondo cui ci sarebbe stata una grave frattura tra il presidente Donald Trump e il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, esemplificata dalla riluttanza di Trump a parlare con il leader israeliano, seguita dalla sua mancata visita in Israele durante il suo recente viaggio in Medio Oriente. Alcune fonti hanno attribuito la rottura alla percezione di Trump di essere “manipolato” dagli israeliani, il che era del tutto plausibile, sebbene qualcosa che avrebbe dovuto essere riconosciuto e messo in guardia dai consiglieri di politica estera di Trump quando è salito alla presidenza nel 2017. Israele manipola sempre l’opinione pubblica degli Stati Uniti attraverso il controllo dei media da parte della sua lobby e la corruzione dei politici.
Ho sostenuto che i resoconti sulla disillusione nei confronti del “miglior amico dell’America” fossero credibili, probabilmente legati a un’attività di spionaggio che coinvolgeva il Consigliere per la Sicurezza Nazionale Mike Waltz, sebbene abbia anche osservato che molti dei miei contatti erano scettici, avvertendo che l’intera faccenda poteva essere una montatura orchestrata da Steve Witkoff, il negoziatore sionista itinerante di Trump, specificamente progettata per favorire Israele. Ciò significa che gli Stati Uniti stavano fingendo una “rottura” con Netanyahu per raggiungere un accordo con tutti i principali paesi arabi del Medio Oriente al fine di confermare la sicurezza di Israele, mentre Netanyahu stava completamente cancellando i palestinesi dalla faccia della terra. Trump ha infatti affermato che le sue politiche e il viaggio in Medio Oriente erano “molto positivi per Israele”.
In un seguito al mio articolo, durante un’intervista con il giudice Andrew Napolitano, ho sostenuto che conviene essere scettici, poiché Trump non ha fatto assolutamente nulla per cambiare il comportamento di Israele, anzi, nonostante abbia avuto l’opportunità di sostenere la sovranità palestinese nel contesto dell’adesione alle Nazioni Unite e di chiedere la fine del genocidio in corso a Gaza. La verità dietro l’effettiva rottura dei rapporti personali tra i due leader dovrebbe essere valutata alla luce della presenza o meno di conseguenze quando Israele persegue politiche dannose per gli interessi statunitensi.
In effetti, Netanyahu ha confermato personalmente che tutto va bene negli Stati Uniti. Mercoledì scorso, in una conferenza stampa, ha dichiarato che il presidente Trump gli aveva assicurato che gli Stati Uniti e la sua amministrazione erano completamente impegnati nei confronti di Israele, nonostante la serie di resoconti dei media che hanno segnalato un problema tra i due leader. “Lasciatemi fornirvi alcuni dettagli che forse non sono stati resi pubblici. Qualche giorno fa – credo circa 10 giorni fa, forse un po’ di più – ho parlato al telefono con il presidente Trump. E mi ha detto, letteralmente: ‘Bibi, voglio che tu sappia: ho un impegno assoluto nei tuoi confronti. Ho un impegno assoluto nei confronti dello Stato di Israele'”.
Netanyahu ha parlato anche con il vicepresidente JD Vance, che, insieme al segretario alla Difesa Pete Hegseth, aveva evitato una visita in Israele. “[Vance] mi ha detto… ‘Ascolta, non dare retta a tutte queste fake news su questa rottura tra noi…’. Ha detto: ‘Sono tutte frottole. Questa non è la verità, sai che non è vera, e ti dico, da parte nostra, che non è vera”. Netanyahu ha anche affermato che Israele vuole attuare il “piano Trump” per Gaza, che include l’espulsione permanente della popolazione palestinese per creare un resort sul lungomare gestito dagli Stati Uniti sulle rovine della Striscia. Secondo Netanyahu, gli israeliani hanno ora incluso la creazione di una “Trump Gaza” come una delle condizioni necessarie per porre fine alla guerra contro Hamas.
I media israeliani e mediorientali hanno ampiamente e criticamente trattato il genocidio e i vari attori coinvolti nell’agenda di Netanyahu. Un recente articolo ha parlato dei 29 paesi, per lo più dell’Unione Europea (UE), guidati da Regno Unito, Francia e Canada, che hanno ora chiesto a Israele di moderare il suo comportamento, pena sanzioni e la sospensione degli accordi commerciali UE-Israele, che avvantaggiano notevolmente lo Stato ebraico. L’UE ha dichiarato che l’annuncio di Israele di consentire l’ingresso di alcuni aiuti era “totalmente inadeguato. Se Israele non cessa la rinnovata offensiva militare e non revoca le restrizioni sugli aiuti umanitari, adotteremo ulteriori misure concrete in risposta”, si legge nella dichiarazione dei leader. Netanyahu ha risposto alla minaccia dichiarando assurdamente: “Siete dalla parte sbagliata dell’umanità e della storia”. Ma, come si dice, purtroppo le chiacchiere sono a buon mercato, sia da parte di Netanyahu che dei nuovi critici di Israele. Annunci diplomatici e minacce di sanzioni significano sempre aggirare la terribile verità. Israele sta commettendo alcuni dei peggiori crimini di guerra a cui l’umanità abbia mai assistito e gli europei e gli americani danno l’impressione che certamente faranno marcia indietro, sottomettendosi a Israele e continuando a non fare assolutamente nulla che possa porre fine alle sofferenze.
Il gesto europeo, in particolare, è un tentativo di compensare in qualche modo il suo sostegno a 19 mesi di genocidio. Il Primo Ministro del Regno Unito, Keir Starmer, assolutamente spregevole, di fronte a un pubblico britannico fortemente anti-israeliano, ha fatto una grande scenata di azioni contro Israele e gli israeliani hanno collaborato con lui facendo la loro parte, esprimendo indignazione per la temerarietà di chiunque suggerisse loro come trattare con i vicini. In effetti, fonti israeliane informate hanno confermato che le minacce e le risposte delle due parti erano poco più di un piccolo spettacolo da teatrino di periferia. Un alto funzionario israeliano ha persino spiegato ai media perché i leader europei si siano presi la briga di cambiare posizione dopo 19 mesi di silenzio sul genocidio omicida di Gaza, per fingere invece una subitanea indignazione. Tutto coordinato in anticipo con Israele. Ha affermato che “le ultime 24 ore facevano tutte parte di un’imboscata pianificata di cui eravamo a conoscenza. Si trattava di una sequenza coordinata di azioni in vista della riunione dell’UE a Bruxelles e, grazie agli sforzi congiunti dei nostri ambasciatori e del Ministro degli Esteri, siamo riusciti a moderare l’esito”.
L’attuale indignazione è orchestrata tanto quanto il silenzio precedente. Il ministro delle Finanze israeliano estremista Bezalel Smotrich ha spiegato perché Israele dovrebbe mantenere un equilibrio tra l’uccisione di tutti i palestinesi e il mantenimento del sostegno occidentale, consentendo l’ingresso di cibo a Gaza al minimo indispensabile: “Abbiamo bisogno che i nostri amici nel mondo continuino a fornirci un ombrello protettivo internazionale contro il Consiglio di Sicurezza e il Tribunale dell’Aja, e che continuiamo a combattere, se Dio vuole, fino alla vittoria”. Ha anche affermato che il suo piano per la Cisgiordania e Gaza include la scelta tra sottomissione, emigrazione e morte. Smotrich ha ripetutamente sostenuto l’uso della forza letale contro i bambini palestinesi, per evitare che crescano e diventino terroristi. Mercoledì l’esercito israeliano ha ribadito questo messaggio, dimostrando quanto poco gli importi di coccolare gli intrusi stranieri, aprendo il fuoco su 31 diplomatici europei in rappresentanza di 29 paesi, in visita all’insediamento palestinese di Jenin in Cisgiordania, in quello che si presumeva essere territorio amministrato al 100% dalla Palestina.
Il fatto è che a nessuno nei governi europeo e americano importa davvero dei palestinesi o del loro sterminio. L’unica preoccupazione dei governanti è l’apparenza del loro atteggiamento agli occhi del resto del mondo e degli elettori dei loro paesi. Israele mente con tale entusiasmo nel sostenere le sue tesi e nel fornire false prove a sostegno del suo comportamento che c’è la tendenza a sospettare di qualsiasi cosa faccia. L’assassinio di due membri dello staff dell’ambasciata israeliana a Washington DC, avvenuto la scorsa settimana da un uomo che aveva appena urlato “Liberate la Palestina!”, è stata una buona notizia per lo Stato ebraico, in quanto ha creato simpatia per un paese che è stato considerato offrire solo cattive notizie per oltre un anno. Negli ambienti dell’intelligence si sussurra già che si sia trattato di un attacco “false flag” architettato dal Mossad per creare un ciclo di notizie favorevole, mentre Israele si prepara segretamente a un imminente attacco contro l’Iran. L’Iranfobia compare regolarmente nei media israeliani, inclusa una recente affermazione israeliana secondo cui l’Iran starebbe nascondendo i suoi impianti di arricchimento nucleare, il che è vero ma progettato per impedire agli israeliani di farli saltare in aria. Il “ciclo di notizie favorevoli” ha incluso il deputato ebreo Randy Fine della Florida che ha chiesto l’uso di armi nucleari per distruggere Gaza e uccidere i suoi abitanti rimasti, proprio come “il Giappone alla fine della Seconda guerra mondiale”.
E per assicurarsi che l’Iran possa sentire la punta affilata della spada, l’emissario presidenziale Witkoff ha ora dichiarato che l’accordo di monitoraggio nucleare in fase di negoziazione con l’Iran deve includere un zero arricchimento dell’uranio, qualcosa che non era sul tavolo all’inizio dei colloqui, quindi non c’è certezza di arrivare a conclusione. Per Witkoff “Non possiamo permettere nemmeno l’uno percento di una capacità di arricchimento. È l’arricchimento che consente la militarizzazione”. Da dove viene questa richiesta? Da un Israele segretamente armato di armi nucleari, tramite i traditori senatori Lindsey Graham e Tom Cotton, sostenitori di Israel First, senza dubbio. E se si segue questa linea di pensiero, si può presumere che anche Donald Trump sia a bordo, in fila per portare la sedia a Netanyahu e inchinarsi a lui per poi alzare il suo possente pugno chiuso prima di inviare gli yankee a completare la distruzione della Persia. E se l’Iran risponde efficacemente con la forza, Israele ha anche circa 200 armi nucleari che senza dubbio non esiterà a usare come parte del suo piano di guerra “Opzione Sansone”. E Trump dirà senza dubbio qualcosa del tipo: “Ehi, che bella esplosione! Non c’è niente di male! Abbiamo usato armi simili per porre fine alla Prima Guerra Mondiale!”
di Philip Giraldi per The Unz Review — Traduzione a cura di Old Hunter