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Gli immaturi rammolliti

di Alain De Benoist - 23/05/2025

Gli immaturi rammolliti

Fonte: Ereticamente

Una volta o eri un bambino o eri un adulto. Tra le due condizioni esistevano dei riti di passaggio, oggi scomparsi. Poi abbiamo inventato l’adolescenza, che non finisce mai. Si chiama “adultescenza”. Ha dato origine al tipo dominante dei nostri tempi: il narcisista immaturo. Gli uomini di destra sono adolescenti perpetui  che sognano l’eroismo e la cavalleria. Gli uomini di sinistra sono eterni bambini che sognano la fusione egalitaria e rassicurante nel grembo materno. Keith Howard, che ha appena pubblicato Infantilized – Infantilizzati – sottolinea che uno dei fenomeni attuali più sorprendenti è l’allungamento dell’immaturità. “La natura vuole che i bambini siano bambini prima di diventare uomini”, scrisse Rousseau. «Se volessimo pervertire quest’ordine, produrremmo frutti prematuri che non avranno né maturità né sapore e ben presto si corromperanno» (Emilio, II). Ecco dove siamo adesso.
Il mito del bel ragazzo, sciocco e presuntuoso è emerso dopo la seconda guerra mondiale. Fu accompagnato dal discredito dell’autorità e dall’abolizione della nozione di capofamiglia. Il culmine è stato raggiunto il 23 settembre 2019 a New York, con lo spettacolo surreale di Greta Thunberg che rimproverava i capi di governo alle Nazioni Unite. Allo stesso tempo, la legge della Madre ha sostituito la legge del Padre in una società che si vanta di disprezzare tutto ciò che eravamo soliti ammirare (grandezza, eroismo, autorità, virilità, verticalità) e che venera l’”apertura”, le società “inclusive”, la debolezza, le vittime, le emozioni e l’orizzontalità. Kant sosteneva  “l’uscita dell’uomo dall’ infanzia”  “in una prospettiva emancipatoria, definendo “minorità” “l’incapacità di usare il proprio intelletto senza la guida degli altri”. Oggi le autorità pubbliche mantengono lo status di “minorità” per perpetuarlo per la vita intera.
I problemi degli adulti vengono imposti ai bambini, mentre gli adulti vengono infantilizzati. Un tempo lo Stato diceva ai cittadini cosa non dovevano fare. Ora dice loro cosa devono fare in tutti gli ambiti, compresi i più intimi. Lo Stato balia ha preso il posto dello Stato sociale in un contesto di aumento dei valori femminili e del matriarcato. È un mondo di “cura”, di spensieratezza noncurante, di “marce bianche” e luci di candela, di immersione generale nell’emotività, di permanente sovraccarico lacrimogeno. E’ lo Stato terapeutico di cui parla Christopher Lasch: la “cultura della terapia” come rimedio per la vita.
Il confinamento per “combattere il Covid” ci ha offerto l’opportunità di regolamentare le “piccole cose che facciamo ogni giorno” per massimizzare il nostro “capitale di salute”. In tempo di canicola lo stato terapeutico ci dice, come ai bambini ritardati, che “è importante bere regolarmente”. Tra poco ci dirà che d’inverno è meglio uscire coperti e che giocare con i fiammiferi finirà per bruciarci. L’ideologia dominante non educa più, rieduca. L’obiettivo finale è trasformare la società in un centro di rieducazione permanente… Il nostro tempo è adesso come l’infanzia. In un mondo che ha perso la bussola, il narcisista immaturo pensa solo al proprio ego. Con il liberalismo di libero mercato, il consumo diventa l’unico orizzonte dell’individuo. Il soggetto postmoderno è ludico e libidinale. E’ l’Homo Festivus a cui si riferiva il defunto Philippe Muray. La libertà individuale, che prima si limitava a resistere al controllo eccessivo delle autorità pubbliche, è ora diventata il mezzo per affermare qualsiasi tipo di scelta di vita, anche la più delirante. L’ideologia dei diritti umani moltiplica le esigenze degli individui (“ne ho diritto”) che, come i bambini, sbattono i piedi quando i loro desideri non vengono immediatamente soddisfatti.
La Generazione Z (i nati tra il 1997 e il 2010) è composta da rammolliti piagnucolosi che non sopportano le contraddizioni e hanno deciso una volta per tutte che tutto è loro. Totalmente ignoranti ma assolutamente intolleranti, prodotti in serie da una scuola dove regnano “l’insegnamento dell’ignoranza” (Jean-Claude Michéa) e la “fabbricazione di imbecilli” (Jean-Paul Brighelli), ossessionati da se stessi, dipendenti dagli schermi, iniettati di Netflix e realtà virtuale, alla continua ricerca di “luoghi sicuri” che li proteggano dalle “molestie”, e dai “mi piace” che aumentano i livelli di dopamina nel cervello. Per loro, come ha scritto Jeremy Stubbs, “qualsiasi problema nella vita normale viene rappresentato come minaccia al benessere emotivo dell’individuo, un trauma per la sua autostima e una potenziale fonte di traumi duraturi che richiedono un intervento terapeutico”.
La maggior parte dei messaggi pubblicitari sembra essere rivolta a persone con un coefficiente intellettuale a due cifre (con una virgola in mezzo). Nei media non ci sono più né madri né padri, solo “papà” e “mamme”, “zietti” e “bacini”. Per le strade, i progressisti alla moda circolano in monopattino. La correttezza politica, spinta dal desiderio di “non offendere la sensibilità di nessuno”, sta alimentando la letteratura e il cinema più sciocchi, incoraggiata dalla polizia del pensiero del cinema e della narrativa. Questa è l’era della casa trasformata in bozzolo ( il cosiddetto cocooning) , del sofà davanti alla TV e della distrazione in senso pascaliano: lo svuotamento di ogni vita interiore.
Costanzo Preve una volta disse: “Non puoi affrontare il mondo così com’è con un cuore come un carciofo”. L’immaturo narcisista odierno ha perso ogni senso della realtà, della storia e della tragedia, diventando così una preda condannata in anticipo. L’”ultimo uomo” di Nietzsche è l’uomo del crepuscolo: per vivere felici, restiamo a letto. In un momento in cui il mondo è sull’orlo di un immenso sconvolgimento, i nostri concittadini discutono di “scrittura inclusiva” e di “mascolinità tossica”. Sarà un brusco risveglio.

 (dalla rivista francese Eléments, pubblicata su www.elmanifiesto.com  —     Traduzione di Roberto Pecchioli)