I concetti di nazione e democrazia
di Francesco Petrone - 28/05/2025
Fonte: Francesco Petrone
I concetti di nazione e democrazia moderna, sono indissolubili, senza l’una non può esistere l’altra. Qual’è la stretta relazione tra rivoluzione francese ed il concetto di nazione? Il concetto moderno di nazione viene ereditato direttamente dalla Rivoluzione perché prima il possedimento politico era associato ad un territorio come estensione geografica che a un qualsiasi monarca, che fosse un re, un Principe o un Granduca era dato governare. Il popolo che eventualmente poteva abitare quelle contrade non possedeva alcuna dignità identitaria. Il territorio era maggiormente importante per il numero di vigneti o per gli olivi o per una determinata miniera o un porto commerciale ivi ubicato, piuttosto che per gli abitanti. Con la Rivoluzione viene posto l’accento sulla comunità delle persone e non più unicamente sull’estensione territoriale. Durante la Rivoluzione a dare vita al concetto di nazione fu uno strano personaggio, Emmanuel Joseph Sieryes, un abate che con un saggio “Che cos'è il Terzo Stato?” descrisse, tenendo presente la definizione di Rousseau, la nazione come comunità di individui con volontà ed interessi comuni, un’entità collettiva con interessi, volontà e bisogni comuni, opposta al concetto feudale legato si privilegi. In seguito il concetto di nazione venne ampliato da queste basi da altri pensatori come Renan, Herder, Mazzini. Modernamente, di conseguenza, la nazione è definita come comunità di popolo basata sulla identità culturale, linguistica e politica. Infatti non deve essere unicamente un'organizzazione politica ma deve indicare anche un gruppo di persone affini, con radici storiche e culturali, tradizioni e valori condivisi, religione intesa come patrimonio spirituale comune. Questo perché la nazione per affrancarsi dal fatto di essere un semplice territorio o possedimento di un monarca, deve dimostrare di aver acquisito una coscienza comune di appartenenza ad un determinato gruppo che ha le medesime radici storiche e peculiarità che la caratterizzano e la distinguono e di avere una propria identità. Solo allora nasce il popolo e non è più una semplice popolazione ma in soggetto e può, di conseguenza, ereditare la sovranità che prima apparteneva solo al re. Sarà, però, il Romanticismo che ha saputo dare una dignità filosofica più profonda alla nazione, essendosi smarrito l’illuminismo nelle secche delle utopie universaliste in cui si era impantanato. Proprio dai romantici verrà la rivalutazione della cultura popolare e questa sarà prodroma dell’antropologia culturale. Questa scienza ha posto al centro degli studi la cultura come sistema di conoscenze, credenze, valori, comportamenti che un gruppo umano condivide e lo fa studiando anche le fiabe, i balli popolari e tutto ciò che caratterizza un gruppo sociale. Un approfondimento scientifico di ciò che è alla radice della nazione. Chiaro che i nemici, sempre presenti, del democratico concetto di nazione, le oligarchie di qualsiasi tipo, che cercano di minare alla base i concetti di popolo, di volontà e di comunità organica, facendolo regredire al livello indefinito di popolazione priva di coscienza comunitaria, il che significa, ridotta semplicemente al numero di abitanti di un determinato territorio, come si trattasse semplicemente di una marca territoriale che era possibile donare o ereditare o al limite comprare e non di una nazione sovrana. Una popolazione indefinita e confusa non potrebbe più avere l’esclusiva appartenenza della sovranità e il potere passerebbe ad altre entità, magari di tipo esclusivamente economico, di élite ristrette non rappresentanti di interessi pubblici, come ad esempio banche o altro che ne gestirebbe gli interessi a insaputa degli abitanti. Questa è la ragione per la quale forze anonime ma molto concrete e non certamente astratte, premono vistosamente per fare passare il concetto di permeabilità dei confini, per poter permettere una costante immigrazione di masse estranee che risulterebbero strumentali
per annullare la peculiarità del gruppo perché i nuovi inquilini hanno altre religioni, altri caratteri, altri valori, altra cultura millenaria alle spalle, altra mentalità e gli allogeni non risulterebbero avere più niente in comune con la comunità ospitante, tranne la volontà di trarre un momentaneo profitto economico dalla permanenza. Queste persone vengono utilizzate a loro insaputa per disgregare gli autoctoni, le genti che avrebbero dovuto costituire il popolo sovrano. Anche la cosiddetta globalizzazione è un altro metodo per alienare la sovranità al popolo, sovranità che si era guadagnata con la rivoluzione democratica e la cultura formativa. La globalizzazione sarebbe l'altra ganascia della tenaglia manovrata dalla oligarchia. Occorre essere coscienti che il potete esclusivamente economico non ha nulla a che vedere col concetto di democrazia ma assomiglia maggiormente a quello dell’antica oligarchia o anche a quel potere anonimo che i socialisti di ogni Paese, in passato, hanno sempre denominato plutocrazia a ragion veduta. Ma perché, oltre ad una determinata casta, anche i cascami di ciò che è rimasto della Sinistra post ideologica si sono uniti in questa crociata anti popolare? Sappiamo che in America una componente si era già convertita al neocapitalismo ed erano i trotzkisti che con la loro ideologia di tipo anarcoide anarchica, hanno compreso che il vero nemico degli Stati e delle Nazioni è il capitalismo, in modo più radicale del vero socialismo e l’anarco capitalismo è la loro realizzazione. Per certi versi vengono fatti resuscitare i fantasmi delle chimere universaliste del primo illuminismo utopico. Le altre Sinistre, si sono adattate come hanno fatto anche molti eredi dei vari nazionalismi che denominiamo ironicamente i convertiti i “redenti”. Il mito della società aperta che la propaganda oligarchica ha veicolato strumentalmente, è del tutto incongruo col concetto di nazione, col concetto di popolo, e col concetto di sovranità popolare e di conseguenza non ha niente a che vedere con il concetto di democrazia rappresentativa, di volontà popolare o di volontà generale di Rousseauiana memoria. Questo perché, una volta atomizzata la società, non esisterebbe più quello che Carl Gustav Jung aveva denominato l’inconscio collettivo, un’anima della nazione, quella che per i Romani era incarnata e personificata dal Genius populi. La democrazia avrebbe, disgregato, fatto venir meno la base stessa su cui è edificato il concetto di nazione. In tal modo la democrazia inizierebbe ad essere ridotta ad una pura formalità, un rituale privo di senso, essendo state rese inoffensive le ideologie nate storicamente in Francia come presupposti alla democrazia. Come si esprimerebbe le diverse fazioni prive di idee forza? Forse il concetto tutto democratico della volontà generale, si trasformerebbe in lobbismo, pratica già ufficializzata al Parlamento europeo, per poi arrivare al controllo diretto delle lobby economiche dimenticando il concetto originario di volontà popolare. Il popolo verrebbe distratto unicamente con i diritti individuali, coi desideri più reconditi fatti passare per diritti. Si ricorreerebbe eternamente al “panem et circenses”, con le feste di tipo carnascialesco dei gay pride o coi concertoni ed i campionati di calcio, con la droga psicologica e anche magari con quella chimica. Tutti metodi utili per ridurre il popolo a massa informe e acefala con la totale smobilitazione. Forse pochi si sono accorti che il dibattito culturale, che ancora sopravviveva in una ristretta élite, negli anni Ottanta, non solo in Italia ma anche in Europa e in America, si è completamente azzerato non a caso.