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I tre pregiudizi della ideologia del progresso

di Riccardo Paccosi - 05/12/2023

I tre pregiudizi della ideologia del progresso

Fonte: Riccardo Paccosi

I TRE DISPOSITIVI IDEOLOGICI CHE FANNO ACCETTARE, FAVOREVOLMENTE E PREGIUDIZIALMENTE, QUALSIASI TRASFORMAZIONE TECNOLOGICA CHE VENGA PROMOSSA DALL'ALTO.
La tendenza ad accogliere con favore incondizionato tutte le trasformazioni sociali e soprattutto antropologico-culturali determinate dalla tecnologia, non è questione riguardante soltanto le èlite sovranazionali e le caste politica e giornalistica ai loro servizi: l'approccio pregiudizialmente favorevole alle tecno-strategie è, per il momento, anche maggioritario presso l'opinione pubblica.
Come già nel recente passato, in circostanze di dibattito pubblico molto recenti ho potuto trarre conferma di come quest'egemonia non sia tanto collegata a una dottrina politica, quanto e soprattutto alla filosofia.
Più precisamente, i dispositivi che rendono egemone e per ora maggioritaria l'ideologia dell'accettazione pregiudiziale di ogni cambiamento tecnologico promosso dai vertici della struttura socio-economica, sono tre e tutti filosofici.
1) Il determinismo di matrice positivista-idealista, erige un Credo secondo il quale la storia volgerebbe inevitabilmente verso il progresso e, quindi, ogni trasformazione sarebbe in quanto tale un'evoluzione.
Quest'assioma viene assunto senza considerazione alcuna per le conseguenze sociali ed economiche di suddette trasformazioni e, meno che meno, per quelle antropologiche relative alla messa in liquidazione di ogni paradigma che sia stato fino a oggi definibile come "umano".
2) Da questa assiomatica determinista, discende altresì un'etica politica secondo la quale la dialettica fra visioni del mondo è oggi composta da un punto di vista progressista che accoglie le trasformazioni e che coincide con il Bene, a cui si contrappone un punto di vista conservatore che le trasformazioni invece le teme o le avversa e che, naturalmente, coincide con il Male.
A nulla vale ricordare che tanto il fascismo quanto il nazismo, un secolo fa, incentrarono la loro ricerca del consenso di massa sul fatto di essere fenomeno nuovo che andava a sostituire un mondo vecchio e superato: per i sostenitori del determinismo storico, il nuovo coincide sempre e comunque - in quanto tale, a prescindere da qualsivoglia qualificazione - con un valore morale assoluto.
3) Al di là dei principi di evoluzione e di Bene in senso morale, la visione determinista chiama in causa - come prima e al contempo ultimativa argomentazione in favore delle trasformazioni tecnologiche - un senso d'ineluttabilità che ingloba il divenire storico e la sua percezione: globalizzazione, digitalizzazione, robotica e cibernetica sono, secondo tale argomentazione, fenomeni da accogliere in primo luogo perché ineluttabili.
A nulla vale ricordare che l'avversione riguarda non già l'innovazione tecnologica in quanto tale bensì la sua proprietà, gli interessi specifici di cui essa si fa veicolo, nonché la modalità di attuazione.
E a nulla vale, altresì, il fare presente che la concezione di ineluttabilità del divenire storico pertiene a una dimensione premoderna, specificamente del medioevo e dell'evo antico, secondo la quale l'ordinamento sociale sarebbe automatico rispecchiamento d'un ordine metafisico.  
Determinismo, attribuzione di valore morale alla novita, principio d'ineluttabilità: com'è dunque possibile che tre approcci filosofici così palesemente intrisi di irrazionalità e di superstizione, risultino tanto diffusi quanto inscalfibili?
I motivi sono numerosi ma, decisamente, una strategia di contrattacco filosofico deve disporre di due prerequisiti: a) una visione del futuro alternativa, che sia nitida e strutturata; b) un'argomentazione in favore dell'autonomia che l'uomo - come singolo e come popolo - deve perseguire; un'autonomia rispetto alle vicende della storia facente sì che la reazione umana alle strategie di trasformazione tecnologica, possa essere tanto di pedissequo accoglimento quanto di antagonistico rifiuto.