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L’opinionismo da bar ha paura della complessità

di Elena Basile - 21/10/2023

L’opinionismo da bar ha paura della complessità

Fonte: Elena Basile

I media occidentali sembrano creare il mondo a loro uso e consumo. L’Ucraina è sparita dai riflettori. È stata spodestata dal conflitto israelo-palestinese, così come il Covid è scomparso da un giorno all’altro dall’attenzione dei quotidiani per lasciare posto alla guerra delle democrazie contro il Paese terrorista : la Russia.
La propaganda è così elementare che si ha l’impressione di essere trattati come zombi incapaci di accorgersi di ciò che è palese. Come ho già sottolineato, viviamo in uno script demenziale di un film hollywoodiano. I migliori editorialisti sono all’opera per collaborare alla creazione di un mondo lontano dalla realtà. È successo anche con la sottoscritta, che non è più una delle poche donne giunte alle posizioni apicali della diplomazia italiana, come è noto, ma una millantatrice, una funzionaria di basso grado, che vabbè, due presidenti della Repubblica e due presidenti del Consiglio hanno inviato come Ambasciatore per 8 anni consecutivi in Europa, unico Ministro Plenipotenziario donna ad avere questo onore.
L’Ucraina è un Paese fallito, la controffensiva magnificata sui giornali è stata sconfitta prima ancora di nascere. La Russia continua ad avanzare lentamente, limitando al massimo le proprie perdite. Ha finora resistito militarmente ed economicamente alla guerra per procura che combatte con la Nato. Ha resistito politicamente quando persino analisti di livello, come Sergio Romano e Lucio Caracciolo, all’inizio della guerra ritenevano plausibile una caduta del regime. La celebrata resistenza partigiana degli ucraini si è trasformata in coscrizione, legge marziale, rastrellamenti di diciottenni, corruzione che permette alle famiglie più abbienti di salvare col denaro la vita ai loro figli. Zelensky è ormai messo da parte dalla Nato, che troverà ben presto una via di uscita dalla catastrofe, lasciando pagare all’Europa i danni dell’ennesimo fallimento dei neo-conservatori Usa. Come il ritiro vergognoso dall’Afghanistan è stato ingoiato in pochi giorni di caos mediatico, così accadrà all’Ucraina. Un’altra guerra è ormai al centro dell’attenzione, pregiate firme sono all’opera, il nuovo script deve essere pronto.
Il conflitto mediorientale, che attraversa un secolo di storia ed è stato uno dei maggiori nodi della diplomazia internazionale, viene ridotto – come la guerra in Ucraina – a uno scontro del Bene, Israele e l’Occidente collettivo, contro il Male, il terrorismo di Hamas paragonato all’Isis. La strage di innocenti a Gaza, per la quale si ha il consenso di spendere qualche lacrima, è in fondo necessaria per permettere a Israele di difendersi. Macron e qualche dirigente Usa più illuminato, come l’ex direttore della Cia Petraeus, riescono a mettere in guardia Israele da reazioni troppo emotive che, calpestando il diritto umanitario e i principi sanciti nelle convenzioni di Ginevra, potrebbero nuocere. Nessun analista (persino Domenico Quirico sulla Stampa ci delude) ricorda che Hamas è stato appoggiato inizialmente anche dagli americani per indebolire l’Autorità palestinese e ha partecipato alle elezioni del 2006 rinnegando il terrorismo e riconoscendo la soluzione dei due Stati. Dal 2007 una politica lungimirante occidentale e israeliana avrebbe potuto deradicalizzare l’organizzazione creata dai Fratelli Musulmani con un negoziato serio, mirante a dipanare i nodi del conflitto: confini sicuri per Israele, rinuncia al terrorismo da parte di Hamas in cambio dell’impegno ad applicare le risoluzioni 242 e 338 del Consiglio di Sicurezza dell’Onu che chiedono il ritiro di Israele dai Territori occupati, la soluzione dei due Stati, la fine dell’”apartheid” in Cisgiordania (cosí l’ha definito Amnesty), lo stop agli insediamenti illegali, la soluzione al problema dei profughi palestinesi.
Ospite di Lilli Gruber, ho chiesto a Paolo Mieli, dati i suoi doveri di storico che apprezzo, una parola sulla mancanza di un reale volontà politica e di un impegno occidentale nella risoluzione dei nodi del conflitto. Ai soprusi dell’Occidente, incapace di interagire con Israele utilizzando leve economiche, militari e morali, ha fatto da sponda la lotta armata di un’organizzazione terrorista e delirante. Hamas ha imposto al popolo palestinese un prezzo atroce in termini di sevizie e vite umane, tradendo la causa palestinese che afferma di voler rappresentare. La corruzione e la debolezza dell’Anp, collusa con i servizi israeliani, integrano il quadro.
L’attuale narrativa di uno scontro tra Occidente e terrorismo mistifica una realtà storica complessa. Giustificherà l’utilizzo della violenza di Stato contro ogni regola (Abu Grahib e Guantanamo, Afghanistan e Irak seguirono all’11 settembre) e preparerà l’Europa ad affrontare nuovi attacchi terroristici e nuova crisi economica.