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La guerra contro l’Iran è parte del più ampio tentativo dell’impero statunitense di reimporre il proprio dominio unipolare

di Michael Hudson e Ben Norton - 29/06/2025

La guerra contro l’Iran è parte del più ampio tentativo dell’impero statunitense di reimporre il proprio dominio unipolare

Fonte: Giubbe rosse

Secondo l’economista Michael Hudson, la guerra contro l’Iran rientra nel più ampio tentativo dell’impero statunitense di ripristinare il proprio dominio unipolare sul sistema politico e finanziario globale. Washington vuole preservare l’egemonia del dollaro e del petrodollaro, ostacolando al contempo l’integrazione dei BRICS e dell’Eurasia con Cina e Russia. Hudson lo ha spiegato nella seguente intervista con Ben Norton, direttore del Geopolitical Economy Report.

BEN NORTON: Perché gli Stati Uniti sono così preoccupati per l’Iran? Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha ammesso che ciò che Washington vuole è un cambio di regime a Teheran, per rovesciare il governo iraniano.

A giugno Trump ha appoggiato una guerra contro l’Iran, durante la quale sia gli Stati Uniti che Israele hanno bombardato direttamente il territorio iraniano.

Trump ha affermato di aver mediato un cessate il fuoco dopo quella che lui chiama la guerra dei 12 giorni condotta da Stati Uniti e Israele contro l’Iran. Ma è molto difficile credere che questo cessate il fuoco reggerà.

Soprattutto considerando che Trump aveva affermato lo stesso a gennaio, affermando di aver mediato un cessate il fuoco a Gaza, ma poi a marzo, due mesi dopo, Israele ha ripreso la guerra, dopo che Trump aveva dato a Israele il via libera per violare il cessate il fuoco che lui stesso aveva contribuito a mediare.

Quindi è molto difficile per i dirigenti iraniani credere che il cessate il fuoco reggerà davvero. E anche se dovesse reggere nel breve termine, la realtà è che il governo degli Stati Uniti sta conducendo una sorta di guerra politica ed economica contro l’Iran da molti decenni, a partire dal 1953, quando gli Stati Uniti condussero un colpo di Stato che rovesciò il Primo Ministro iraniano democraticamente eletto Mohammad Mosaddegh e insediò un dittatore filo-americano, lo Scià Mohammad Reza Pahlavi.

Il dittatore iraniano, lo Shah Mohammad Reza Pahlavi, con il presidente
degli Stati Uniti Richard Nixon alla Casa Bianca nel 1973

Allora perché? Cosa vuole ottenere Washington dalla sua infinita guerra politica ed economica contro l’Iran?

Per cercare di rispondere a questa domanda, ho intervistato il famoso economista Michael Hudson, autore di numerosi libri ed esperto di economia politica globale.

Michael Hudson ha pubblicato un articolo in cui delinea le ragioni economiche e politiche di questa guerra contro l’Iran e sostiene che ciò fa parte del tentativo dell’impero statunitense di imporre un ordine unipolare al mondo, come abbiamo visto negli anni ’90, quando gli Stati Uniti erano l’unica superpotenza e potevano imporre la propria volontà politica ed economica a quasi tutti i paesi della Terra.

L’Iran era uno dei pochissimi paesi che si opponeva effettivamente all’egemonia unipolare degli Stati Uniti. E oggi, con il mondo sempre più multipolare, vediamo che l’Iran svolge un ruolo importante come membro dei BRICS e come sostenitore dei gruppi di resistenza.

Come spiega l’economista Michael Hudson in questo saggio, l’Iran sta spingendo verso un mondo più multipolare, in opposizione all’unipolarismo dell’impero statunitense.

Hudson ha scritto:

Ciò che è in gioco è il tentativo degli Stati Uniti di controllare il Medio Oriente e il suo petrolio come baluardo del potere economico statunitense e di impedire ad altri paesi di muoversi per creare una propria autonomia dall’ordine neoliberista incentrato sugli Stati Uniti e amministrato dal FMI, dalla Banca Mondiale e da altre istituzioni per rafforzare il potere unipolare degli Stati Uniti.

Nella nostra odierna conversazione, Michael collega tutti i diversi fattori coinvolti in questo conflitto, tra cui il petrolio, il gas e le altre risorse nell’Asia occidentale – nel cosiddetto Medio Oriente – incluso il ruolo del dollaro statunitense e del sistema del petrodollaro; e come l’Iran, in quanto membro dei BRICS, e molti altri paesi del Sud del mondo, stiano de-dollarizzando e cercando alternative al dollaro.

Parleremo anche della geopolitica della regione, delle rotte commerciali e dell’interconnettività tra Cina, Iran e Russia, come parte di un progetto di integrazione eurasiatica; parleremo degli obiettivi geopolitici degli Stati Uniti e di Israele; e molto, molto altro.

Ecco un estratto della nostra conversazione, poi passeremo direttamente all’intervista:

MICHAEL HUDSON: Ciò a cui abbiamo assistito nell’ultimo mese, o dovrei dire negli ultimi due anni, è il culmine della lunga strategia adottata dall’America fin dalla seconda guerra mondiale, volta ad assumere il controllo completo delle terre petrolifere del Vicino Oriente e a renderle dei proxi [delegati] degli Stati Uniti, sotto governanti clientelari come l’Arabia Saudita e il re di Giordania.

L’Iran rappresenta una minaccia militare per il confine meridionale della Russia, perché se gli Stati Uniti potessero istituire un regime clientelare in Iran, o dividere l’Iran in gruppi etnici capaci di interferire con il corridoio commerciale russo verso sud, fino all’Oceano Indiano, ebbene, avrebbero messo alle strette la Russia, avrebbero messo alle strette la Cina e sarebbero riusciti a isolarli.

Questa è l’attuale politica estera americana. Se si riescono a isolare i Paesi che non vogliono far parte del sistema finanziario e commerciale internazionale americano, si finisce per credere che non possano sopravvivere da soli: sono troppo piccoli.

L’America vive ancora nell’epoca della Conferenza di Bandung dei Paesi Non Allineati del 1955 in Indonesia. Quando gli altri Paesi decisero di procedere da soli, si resero conto che erano economicamente troppo piccoli.

La conferenza di Bandung del 1955
 

Ma oggi, per la prima volta nella storia moderna, abbiamo la possibilità di scegliere tra l’Eurasia, la Russia, la Cina, l’Iran e tutti i paesi confinanti. Per la prima volta, sono abbastanza grandi da non aver bisogno di scambi commerciali e investimenti con gli Stati Uniti.

Infatti, mentre gli Stati Uniti e i loro alleati della NATO in Europa si stanno riducendo (sono economie deindustrializzate, neoliberiste e postindustriali), la maggior parte della crescita della produzione, della manifattura e del commercio mondiale si verifica in Cina, insieme al controllo della raffinazione delle materie prime, come le terre rare, ma anche del cobalto, perfino dell’alluminio e di molte altre materie.

Quindi il tentativo strategico dell’America di isolare Russia, Cina e i loro alleati nei BRICS o nell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai finisce per isolare se stessa. Sta costringendo gli altri paesi a fare una scelta.

Questa è l’unica cosa che l’America ha da offrire agli altri paesi nel mondo di oggi. Non può offrire loro esportazioni. Non può offrire loro stabilità monetaria.

L’unica cosa che l’America può offrire al mondo è di astenersi dal distruggere la propria economia e dal causare caos economico, come Trump ha minacciato di fare con i suoi dazi e come ha minacciato di fare a qualsiasi paese che provi a creare un’alternativa al dollaro.

Da qui questo pranzo gratis, in cui altri paesi possono guadagnare dollari, ma devono poi prestarli agli Stati Uniti. E gli Stati Uniti, in quanto loro banchiere, devono detenere tutto, e il banchiere può decidere chi pagare e chi no.

Gli Stati Uniti sono dei gangster. Sono stati definiti uno stato gangster, proprio per queste ragioni. E altri paesi temono ciò che gli Stati Uniti possono fare, non solo sotto Donald Trump, ma anche ciò che stanno facendo da 50 anni. Semplicemente confiscare, destabilizzare e rovesciare.

L’America ha sostanzialmente dichiarato guerra a qualsiasi tentativo di creare un sistema di commercio e investimenti internazionali che non sia sotto il suo controllo, nel proprio interesse personale, volendone tutti i guadagni, tutte le entrate, non solo una parte. È un impero avido.

geopoliticaleconomy.com —   Traduzione a cura di Old Hunter