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La questione della sovranità

di Fabio Falchi - 03/11/2019

La questione della sovranità

Fonte: Fabio Falchi

La questione della sovranità nazionale ossia dello Stato non la si comprende se non si mette in relazione alla questione della sovranità popolare. Cancellare la prima infatti significa cancellare la seconda.
Di fatto la sovranità popolare non la si esercita neppure più nei imiti e nelle forme della Costituzione, ma nei limiti e nelle forme delle direttive europee (che possono derogare alle norme costituzionali) e nei limiti e nelle forme stabiliti dai gruppi dominanti neoliberali ( in specie dagli strateghi del grande capitale e quindi anche dai cosiddetti "mercati") ossia dall'1% circa della popolazione.
In questo contesto non è quindi più valido quel che è valido in un contesto "normale" ma quel che conta in uno stato di eccezione.
In altri termini, ritenere possibile contrastare i gruppi dominanti neoliberali con le elezioni e la "normale" dialettica parlamentare è come volere combattere contro i carri armati con gli archi e le frecce.
Da un lato quindi si deve tenere conto del declino della potenza egemonica, che causa continue scosse di terremoto sul piano geopolitico che possono portare perfino alla disgregazione del sistema geopolitico occidentale, dall'altro occorrerebbe sapere sfruttare l'attuale crisi di legittimazione del sistema neoliberale in funzione del controllo del territorio e della conquista degli apparati dello Stato, per trasformarli in una efficiente macchina da guerra contro i gruppi (sub)dominanti neoliberali.
Tuttavia, mentre sul piano geopolitico la crisi del sistema neoliberale già produce notevoli effetti, sotto il profilo politico-sociale si è ben lungi dalla formazione di una forze politica in grado di sapere condurre una guerra ibrida, tale da provocare il collasso del sistema neoliberale.
Gli ostacoli maggiori sono proprio di natura politico-culturale, prevalendo il disordine mentale, patetiche e grottesche "forme di nostalgia" (sia a sinistra che a destra) e l' incapacità di saper analizzare la realtà sociale con categorie politiche adeguate. Del resto, lo spirito di fazione e forme di individualismo sfrenato sembrano rendere impossibile quella disciplina e quello spirito di sacrificio che sono indispensabili per formare un gruppo politico che sia davvero capace di agire secondo una dottrina di lotta e vittoria.
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Quelli che pensano di criticare i neoliberali ma continuano a criticare la democrazia non si rendono conto di essere essi stessi , sia pure inconsapevolmente, dei neoliberali, perché si è non ciò che si pensa di essere ma ciò che si fa e oggi la critica della democrazia è il tratto distintivo del neoliberalismo. Democrazia non è né liberalismo, né neoliberalismo, né democrazia liberale, né livellamento verso il basso e omologazione (tratti distintivi del neoliberalismo). Democrazia è potere del demos che si esercita mediante gli apparati dello Stato ossia tramite una élite legittimata dalla sovranità popolare, il cui scopo principale è mettere al servizio della collettività le forze produttive ovvero tutelare la "salute" (il benessere morale e materiale) dell'intera comunità(del demos), rafforzando il "senso di appartenenza" secondo un complesso e articolato sistema di diritti e doveri. L'alternativa quindi oggi è tra oligarchia o tirannia oligarchica neoliberale e democrazia comunitaria (intesa come nuova forma di socialismo "sovranista"). Il resto sono ciance di chi pensa che si viva ancora al tempo degli opifici, delle carrozze e delle "parrucche".
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Si legge spesso che il conflitto è il motore della storia. In realtà è vero solo in parte. Difatti, il conflitto è condizione necessaria ma non sufficiente perché vi sia mutamento sociale e politico. Perché questo si verifichi occorre che si sappia mettere in forma il conflitto ovvero che lo si sappia strutturare secondo una prospettiva politico-strategica realistica. Occorre cioè una dottrina di lotta e di vittoria basata su una visione "disincantata" della realtà e su una "prassi politica" capace di mutare i rapporti di forza che "regolano" un determinato ordinamento politico e sociale.
Se si tiene conto di questa differenza è facile capire quali siano i gravi limiti politico-culturali e politico-strategici dei partiti populisti o sovranisti italiani (ma il discorso vale in generale per i populisti o sovranisti europei).
Tuttavia, porta anche a riconoscere che la loro stessa esistenza ha costretto i gruppi (sub)dominanti neoliberali a "gettare la maschera" e a mostrare il loro vero e proprio odio (nonostante tutte le ciance che si fanno al riguardo) per il popolo o i ceti sociali subalterni, definiti dispregiativamente "la plebe".
Si tratta però di un odio che a sua volta alimenta inevitabilmente l'odio e il disprezzo nei loro confronti, tanto più se si considera che il sistema neoliberale ormai non riesce più a risolvere i problemi che esso stesso genera.
Sotto questo aspetto, certo rilevano anche i gravi limiti dei populisti o sovranisti, ma è pur sempre la condizione necessaria perché sia possibile quella "distruzione creatrice" senza la quale nulla può davvero cambiare.