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La retromarcia sul sesso a scuola

di Marcello Veneziani - 13/11/2025

La retromarcia sul sesso a scuola

Fonte: Marcello Veneziani

Non si fa in tempo ad elogiare la maggioranza, e in particolare la Lega, e il governo, e in particolare il Ministro della pubblica istruzione Giuseppe Valditara, per aver sventato l’entrata nella scuola del cavallo di Troia dell’educazione sessuale (nella cui pancia c’è la teoria transgender e la decostruzione della famiglia) che nasce una nuova versione del disegno di legge a firma del ministro con un contrordine: l’educazione sessuo-affettiva può essere insegnata anche ai ragazzini di undici e dodici anni, nelle medie inferiori. A patto che ci sia, come è già previsto per le superiori, il consenso informato e preventivo dei genitori.
È durato il ciclo di una mestruazione la linea ferma del governo e della maggioranza in materia sessuo-affettiva. Poi sono stati loro stessi ad emendare il provvedimento in commissione cultura alla Camera. Si cerca pietosamente di circoscrivere il tema all’esplorazione anatomica e pato-fisiologica del corpo umano, prescindendo di approfondire gli atti e le relazioni sessuali. Cosa in sé già impossibile anche perché di fatto non sarà mai così. L’obiezione di fondo alla proposta di educazione sessuo-affettiva a scuola che avevamo mosso da queste colonne, era che non si poteva scomporre la vita, il corpo, l’humanitas e ridurla alla sola questione sessuale ma andava inserita nell’educazione al senso umano della realtà e al senso reale dell’umanità, così come le relazioni sessuali e affettive dovevano essere inserite nel più ampio quadro delle relazioni comunitarie e nei rapporti con gli altri, con la storia, la memoria, la cultura popolare, le tradizioni civili e religiose. Invece, l’emendamento rende grottesco il significato dell’educazione sessuale, la riduce a una informativa paramedica, infermieristica, vorrei dire quasi da pronto soccorso: si parla del corpo umano e di come si riproducono gli esseri umani – ma non bastava già l’ora di scienze naturali o simili?- e si prescinde dal loro uso e dal loro valore di relazione e di procreazione, sul ruolo della famiglia e su tutto il resto. Su questo punto specifico, va detto, hanno ragione le opposizioni. Come dire: noi non parliamo di educazione alla famiglia, voi non parlate di educazione al sesso free.
Ma non si può scaricare la patata bollente sui genitori, fingendo di prenderli in considerazione e di lasciare a loro la decisione di schierarsi. Ma vi immaginate questo referendum permanente nelle scuole in cui si dovranno dividere i genitori in conservatori e progressisti, sessuofobi e sessuomani, dividendo continuamente le classi? Non bastava la pletora di insegnanti di sostegno che affollano le classi, le scissioni continue nella scolaresca per riconoscere le diversità di ogni tipo; ora dividiamo pure i ragazzini tra figli di bigotti e figli di permissivi? Non finirà che i genitori si vergogneranno di dire di no e si adegueranno allo “spirito del tempo” per non apparire antiquati o chiusi? O non accadrà più semplicemente che i genitori se ne laveranno le mani, si sfileranno, si diranno indaffarati e lasceranno scivolare la cosa, come spesso succede in Italia, confidando sul suo limitato effetto se non sul suo fallimento pratico? Già un’avvisaglia delle discriminazioni future è stata anticipata in Parlamento quando dalla sinistra già si denunciano le famiglie “condizionate da limiti culturali e pregiudizi religiosi” che negano così “un diritto ai loro figli”; ma non potrebbero essere limiti anticulturali e pregiudizi antireligiosi quelli di chi vorrebbe catechizzare i ragazzi all’ideologia gender-free e antifamilista? Ma già si annuncia cosa accadrà nelle scuole quando il risorto collettivo genitori democratici denuncerà il genitore reazionario e autoritario, nemico della Costituzione e lo additerà al pubblico disprezzo.
Ma il tema di fondo che vorrei proporre è più vasto. Il centro-destra non ha una visione generale della società, non ha una visione culturale e civile, nell’educazione come in molti altri ambiti. Non l’ha mai coltivato e non la fa valere. Si limita, e spesso è la sua ricchezza pratica, a difendere l’esistente, il reale, la consuetudine, quel che già c’è o “così si è sempre fatto”. Quando si oppone a una proposta venuta da sinistra lo fa con spicciolo realismo, più o meno moderato, e con un occhio fisso ai consensi e ai sondaggi. Non ha un’altra idea da opporre, non elabora una sua proposta e un suo progetto che risponda a un’altra visione della vita e delle cose. Di conseguenza si limita a frenare, a tardare, ad annacquare le proposte che possono alterare lo status quo. Posizione conservatrice ma nel senso di inerte, frenante, tardante, se non placebo. Il precedente rassicurante è la Dc, modello di lunga durata al governo; se l’importante è tirare a campare può andar bene… Nei casi più paradossali, come questo, l’eroica resistenza è durata neanche un mese…
Questo vale in tutte le battaglie definite “culturali” o civili in cui si deve cimentare. E in molti ambiti non ha una sua risposta, non ha una passione ideale e civile; dunque si limita a tagliare i fondi, le gambe, il terreno a quelli altrui. O a mandare in differita quel che la sinistra vorrebbe in diretta.
Se invece passiamo dal piano delle idee al piano politico il rapporto s’inverte perfettamente: qui è la sinistra in affanno, non trova la quadra, non riesce ad assumere una posizione efficace, si limita a dire di no, a demonizzare tutto ciò che dice e che fa l’avversario al governo, anche cose che fino al giorno prima condivideva e magari sosteneva. Di conseguenza non riesce a trovare una leadership alternativa alla Meloni, essendo la Schlein l’antagonista ideale per la prima. E oscilla paurosamente, un giorno sogna di tornare a un leader più moderato, più “margherito”, una riproduzione dell’Ulivo, o meglio una riProdizione, tipo Gentiloni e simili. E un altro giorno sogna un giovanotto di colore, migrante o islamico, radicale, socialista, tipo il neo-sindaco di New York Mamdani, comunista di ritorno o da sbarco. Ma non trova la quadra.
Il risultato complessivo è che il Paese non fa passi avanti ma passetti al lato, e talvolta di fianco, ma indietro, sul piano dei valori; non trova energie, idee, leader in grado di guidarlo a governare la “complessità” e l’avanzata tecnologica. L’idea del Paese, resta ancora appannaggio ideologico della sinistra; la realtà del Paese resta invece nelle mani della Meloni. Il compromesso ideale per campare, ma non lo possono sottoscrivere e nemmeno annunciare, è che la Meloni continui a governare la quotidianità e quando c’è da assumere una posizione più di fondo, allora deve indorare e addolcire quel che passa il mainstream.
Il sogno proibito di un paese impossibile è che la “destra” diventi realmente competitiva sul piano delle idee e la sinistra diventi realmente competitiva sul piano del governo. Ma stiamo sognando la primavera in autunno inoltrato.