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La rivincita della professoressa sessantottina

di Francesco Lamendola - 04/05/2017

La rivincita della professoressa sessantottina

Fonte: Il Corriere delle regioni

 

Quelli che non son più giovanissimi ricorderanno un film italo-francese del 1971, decisamente brutto e banale, ma che, nel clima di conformismo progressista e pseudo libertario allora dominante – si era nel pieno del tormentone post-sessantottesco – ha fatto comunque, si fa per dire, la sua figura, nel senso che è stato preso sul serio dai critici e dal pubblico, ed è persino stato fatto passare per un film che aveva qualcosa da dire: Morire d’amore, di André Cayatte, un cineasta così, così, che non ha mai realizzato una pellicola davvero interessante. È la storia, estremamente melodrammatica, di una professoressa di liceo, Danièle, che s’innamora di un suo studente diciassettenne, Gérard, e che, tra alti a bassi, e per colpa di una famiglia rancorosa e vendicativa (quella dello studente) e di una società gretta e bigotta, che non capisce il loro amore, e la schiaffa in prigione per due volte con l’accusa di corruzione di minorenne, finisce per togliersi la vita, nonostante l’affetto dimostratole dai suoi amici e l’amore inossidabile del suo giovanissimo amante. Una storia abbastanza povera di idee, come si vede, ma, in compenso, ad altissimo quoziente ideologico: la società è cattiva, l’uomo è buono; e poi quante storie, una quarantenne che si porta a letto un suo studente minorenne, che sarà mai di tanto grave, all’amore non si comanda, quindi evviva l’amore e abbasso coloro che sanno solo reprimere, condannare, mettere le manette ai polsi della gente. È sempre il solito Rousseau, c’è poco da fare: da lì non si scappa. La Francia, l’Europa e il mondo sono rimasti invischiati nelle strambe teorie filosofiche del ginevrino, che sempre più si conferma come il cattivo genio e il pessimo maestro di questa nostra infelice civiltà moderna. Fra parentesi, anch’egli sapeva qualcosa dell’amore proibito fra un adolescente e una signora matura, visto che  lui stesso, nelle sue Confessioni, non si perita di farci sapere quanto grande fosse il piacere che provava nell’andare a letto con la sua protettrice e ninfa Egeria, la signora de Warens, da lui chiamata, un po’ incestuosamente, maman, che aveva (solo) tredici anni più di lui.

Il volto della infelice professoressa Danièle, nel film di Cayatte, è stato quello dell’attrice Annie Girardot, classe 1931, che di anni, all’epoca, ne aveva quaranta, ma poteva ancora permettersi d’indossare (nel film, che qui c’interessa) l’uniforme d’obbligo delle insegnanti di estrema sinistra, minigonna, cinturone e stivali, tanto per far sapere agli studenti, appena entravano in classe, come la pensavano, e cioè un felice connubio di marxismo, anarchismo e femminismo: un terzo di Che Guevara, un terzo di Cohn-Bendit (o di Marcuse, s’il vous plaît) e un terzo di Simone de Beauvoir  (i fasti porno-femministi di Erica Jong erano imminenti, ma ancora dietro l’orizzonte: Paura di volare sarebbe uscito nelle edicole due anni dopo, nel 1973). Ora la professoressa Danièle si è presa la sua brava rivincita contro tutti i filistei che non capivano, che criticavano, che la condannavano: sta per diventare première dame di Francia. Sì, nella realtà: non sullo schermo di un film, e neppure sulle pagine di un romanzo. Danièle/Girardot rediviva si chiama madame Macron, classe 1953, ed è la moglie del candidato alle presidenziali francesi, e probabile vincitore, Emmanuel Macron, classe 1977. Il che vuol dire che fra i due coniugi esiste una differenza di età di quasi un quarto di secolo: ventiquattro anni, per l’esattezza. A favore di lui. E abbiamo pochi dubbi sul fatto che proprio questa sarà l’arma segreta che sposterà a favore di Macron i voti di tanti elettori indecisi, specie nell’area femminile: la simpatia nei confronti d’un uomo ancora giovane, appena trentanovenne, che non ha esitato a legare la sua vita e il suo destino a una donna così tanto più vecchia di lui, sfidando pregiudizi e stereotipi ben consolidati. Insomma, Macron come l’eroe della par condicio nella relazione fra uomo e donna: il cavaliere senza macchia e senza paura, che, quando potrebbe andare a caccia di ragazze giovani, s’innamora e rimane fedele, per tutta la vita (almeno fino ad ora) a una donna che, in quanto agli anni, potrebbe essere tranquillamente sua madre, e, volendo, anche qualcosina di più. Del resto, c’è una logica in tutto questo: se la politica evapora, quello che resta è il gossip, e sia pure di terz’ordine.

Sì, perché Macron, politicamente parlando, è press’a poco uno zero assoluto: il nulla elevato all’ennesima potenza, e dunque sempre e soltanto nulla. Non conta per quello che è, ma per il semplice fatto di essere l’anti-Le Pen; se non ci fosse, bisognerebbe inventarne un’altro. Ed è così poco originale che se ne potrebbero mettere dieci o dodici al suo posto, e non si noterebbe quasi nessuna differenza. A meno che… A meno che proprio il fattore romantico non giochi a suo favore, e faccia la differenza. Sono già in molti a dire che Macron, senza la sua dolce, ancorché attempata signora, sarebbe ancora meno di quel nulla che è: in poche parole, che le deve tutto, anche in ambito politico. Macron: e chi lo conosce? Ah, sì: quello che ha sposato una donna di ventiquattro anni più vecchia di lui. Ventiquattro anni: quasi cinque lustri; un record. Specie se ad essere più vecchia è lei, e non lui. Questo piace alle femministe e piace anche alle signore romantiche: in questa Europa senile e senescente, è la nuova versione della favola di Cenerentola. Cenerentola era povera, ma aveva il piede piccolissimo (infatti, pare che l’origine della fiaba sia cinese); la signora Macron non è povera e non sappiamo che numero di scarpe porti, ma ha una cosa ancor più preziosa della giovinezza, in questo continente popolato di vecchi bizzosi ed egocentrici: la sua stessa vecchiaia. Le sue gambe rinsecchite, che espone in generose minigonne, per la gioia dei fotografi, posando sorridente, anzi, felice, accanto al giovanissimo marito. E le sue braccia rugose, che esibisce altrettanto volentieri, indossando magliette del tutto senza maniche. Vuol fare concorrenza alle ragazzine, e, quanto alla linea, potrebbe anche permetterselo: è magra e snella come una liceale. Ma la pelle, naturalmente, è un’altra cosa: non occorre starle tanto vicino, lo si vede benissimo anche da lontano, e lo si vede tanto meglio, quanta più superficie di pelle la signora decide di scoprire, in alto come in basso, nei suoi slanci di sbarazzina joie de vivre.

Che tristezza parlare di queste cose, vero?, invece che parlare di politica. E poi, che cattivo gusto, diamine, infierire così contro una signora non più giovane. Niente affatto! Quanto a noi, non ci turba, né ci disturba minimamente, né l’età della signora, né la sua smania di voler apparire giovane e fresca, della serie: Guardatemi come sono ancora sexy, so come tener legato a me il mio uomo, non temo le diciottenni o le ventenni. E allora, se è lei a gettare il guanto della sfida, non si vede perché dovremmo usarle tanti riguardi. Vuol mettersi nell’anfiteatro, dunque siamo liberi di fare le nostre osservazioni, non solamente lei di mostrarci le sue gambe rinsecchite. Secondo la cultura politically correct, una donna è libera, liberissima di mostrarsi, di provocare, ma l’uomo deve limitarsi a guardare, senza averne troppo l’aria, e tacere. Così vuole la cavalleria. Ma le femministe sono incoerenti: ci hanno rintronato gli orecchi, per decenni, asserendo che la cavalleria è il cavallo di Troia, il più astuto e insidioso di tutti, della perfida strategia di dominio del maschio cattivo. E allora, niente cavalleria: se le gambe della signora Macron sono rinsecchite e se mostrano tutti i loro sessantaquattro anni, tanto peggio per loro, cioè, volevamo dire, tanto peggio per lei. E forse, però, tanto meglio per lui. Specie se abbinate con quegli occhi azzurri da ragazzina innamorata, e, per giunta, con un sorriso che ricorda, sia pur vagamente, quello della mitica Brigitte Bardot, un’altra icona degli anni Sessanta, un altro simbolo di perenne giovinezza. In fondo, anche la cinica Francia della Quinta repubblica sa di avere un cuore tenero come il burro, e ama sognare il tempo delle mele, con o senza Sophie Marceau. È la stessa Francia delle signore-bene, ex sessantottine di grido, che vanno al cinema a vedere film come Verso il Sud, di Laurent Cantet, e s’immedesimano in Charlotte Rampling, che, a sessant’anni, si porta a letto un bel gigolo negro sulle spiagge felici delle Antille, da ricca turista in cerca di distrazioni; e che, all’epoca della storiaccia fra la professoressa americana con marito e quattro figli, e un suo scolaro di dodici anni, facevano il tifo per lei, ingiustamente perseguitata dalla legge, in nome della libertà e dell’amore (cfr. i nostri articoli Il turismo sessuale fa schifo, a meno che sia quello femminile, pubblicato sul sito di Arianna Editrice il 27/01/2014, ripubblicato su Il Corriere delle Regioni in data 08/08/2014; e Può una madre trentaseienne perdere la testa per un dodicenne? Il caso di Mary Kay Letourneau, pubblicato sul sito di Arianna Editrice il 09/09/2008, e ripubblicato su Il Corriere delle Regioni il 16/03/2017).

Ma perché abbiamo detto che l’ormai stagionata signora Macron è la vindice reincarnazione di Annie Girardot e di tutte le professoresse quarantenni che perdono la testa per i loro studenti minorenni? Semplicissimo: perché è andata precisamente così, fin nei più piccoli particolari. La sola differenza di qualche rilievo fra le due storie, quella raccontata da Cayatte e quella che vide protagonisti Macron & Signora, è che la prima si svolge, naturalmente, in un liceo di Parigi (e come avrebbe potuto essere diversamente, cioè lontano dal Quartiere Latino e dalla rive gauche?), l’altra si è svolta nel liceo di una città di periferia, Amiens, peraltro non lontano dalla capitale; e non già in una scuola statale, come nel film, ma in una scuola privata di religiosi, precisamente di gesuiti (ancora loro! ma sta diventando una persecuzione vera e propria…), il che, per la verità, aggiunge una nota particolarmente pruriginosa alla vicenda. Due a uno per la realtà nei confronti della fantasia: come sempre, del resto; sono gl’ingenui a credere il contrario, e le persone con poca esperienza della vita.

Dunque, c’era una volta, ad Amiens, un liceo dei gesuiti; c’era un giovane studente di sedici anni (ancor meno che nel film!), che amava il teatro e la chitarra, e si chiamava Emmanuel Macron; e c’era una professoressa di letteratura, che non si chiamava, ovviamente, Brigitte Macron, bensì Brigitte Trogneux, e di anni ne aveva quarantuno. Non solo: la spigliata insegnante era spostata con un medico, tale André-Louis Auzière, e aveva ben tre figli. Ma né il pensiero del marito, né quello, così piatto e banale, così tipico di una casalinga frustrata e bigotta, dei figli, che erano già grandicelli, la fece arretrare davanti alla passione che provava per quel suo allievo diciassettenne, che avrebbe potuto essere, anche lui, uno di loro. Galeotte furono le lezioni su Racine, su Bousset e su Victor Hugo; leggendo i versi di Verlaine o di Rimbaud, non c’è dubbio che i loro occhi si siano incrociati e abbassati, per più fiate, come direbbe il padre Dante, e che il loro viso si sia scolorato. Poscia, più che l’età, poté l’amore. Detto, fatto: dopo una serie d’incontri clandestini, e una storia tanto bollente quanto proibita, la signora Trogneux decide di lasciare il marito in camice bianco, e di divorziare alla faccia del mondo intero, per convolare a nuove nozze, e nuova vita, con il ragazzino che le sorrideva al di là della cattedra, spiandole le gambe (giovanili, allora). Ed ecco nato il famoso sodalizio, non solo sentimentale: una vera macchina da guerra, che ora si accinge a coronare il sogno di entrare da padrone al’Eliseo, lui come nuovo Presidente, lei come première dame. Ne hai fatta di strada, professoressa Danièle: ora non finisci più in prigione, non devi più nasconderti, né, tanto meno, sei spinta a  tentare il suicidio; ora puoi amare i tuoi ragazzi alla luce del sole, puoi perfino sposarteli, e infine, ciliegina sulla torta, puoi anche aspirare al ruolo di moglie del Presidente. Niente male; complimenti. L’amore che non conosce barriere ha vinto e stravinto, e i biechi pregiudizi maschilisti e perbenisti sono stati sconfitti. Dico, non è meraviglioso? Eh, sì: viviamo davvero tempi grandi e luminosi. Che importa se una madre ha tre o quattro figli, davanti all’amore per un ragazzino dallo sguardo dolce e malinconico, un toby boy dagli occhi di cerbiatto? Per carità: nessun moralismo. Quanto al fatto che esista, almeno in teoria, un codice etico e professionale per gli insegnanti, secondo il quale non sta bene che un professore si porti a letto un’alunna, che i genitori hanno affidato alla scuola con fiducia, e tanto meno che poi se la sposi e pianti la sua famiglia, sì, effettivamente la cosa è un tantino imbarazzante; ma solo se viene declinata al maschile. Se a fare il colpo gobbo di mollare una famiglia noiosa e pigliarsi un amante minorenne è lei, la balda professoressa emancipata e femminista, allora la cosa cambia completamente aspetto: non è più una vicenda scabrosa e poco edificante, non è più la vergogna della scuola e la prova provata dell’infedeltà coniugale del perfido maschio: oh, no, se a fare il colpaccio è la signora professoressa, allora va tutto bene, anzi, benone: è una storia d’amore e di libertà, come quella di Mary Kay Letourneau. E allora, chi siamo noi per giudicare? Diciamola tutta: la povera Marine Le Pen è praticamente spacciata. Non per le sue idee in odore di razzismo, né per la minacciata Frexit, che mette in fibrillazione i signori del potere finanziario di tutto il mondo: no, non per questo. Ma perché contro il tandem Macron & Signora, la poveretta non ha la benché minima chance, tanto vale che si metta fin d’ora il cuore in pace. Per quanto il signor Macron sia una perfetta  nullità, e possa andar bene, al massimo, come attaccapanni nella sala d’attesa di un dentista, l’accoppiata vincente con la Signora Macron è di tale potenza, da rovesciare a suo favore il piatto della bilancia: ora è lui a pesare come il piombo, e Marine Le Pen ad esser leggera come una piuma. La Francia è romantica, si sa; e l’elettorato femminile è molto sensibile al tema delle ultrasessantenni che sono mogli di un candidato all’Eliseo di neppure quarant’anni…